di Cristina Mosca
Sono andata alla Bit per la prima volta nel 2009. Ospite nello stand della mia regione, l’Abruzzo, ho visto passare davanti a me tutte le operazioni “caciarone” di accoglienza e genuinità che caratterizza il nostro buon sangue. Sono stata persino sul punto di commuovermi nel vedere le danze popolari impazzare e spargere nel gelido Nord allegria e sorrisi come se fossero caramelle. E pensavo orgogliosa: questa è la mia terra.
Quest’anno invece Abruzzo e Sicilia sono state le grandi assenti nel padiglione Italia. Dell’Abruzzo, pare, si sono visti soltanto l’assessore regionale al turismo Mauro Di Dalmazio il giorno d’apertura (giorno in cui solo l’anno scorso l’Abruzzo faceva da protagonista) e il corteo della Perdonanza, che ha sfilato nei giorni di sabato e domenica (leggo da abruzzoweb.it: 51 figuranti appartenenti all’associazione Uomini d’Arme della Città di L’Aquila, l’Asci con il Gruppo storico sbandieratori musici e figuranti “Città dell’Aquila”, i falconieri dell’Aquila e il Gruppo sbandieratori “Città di L’Aquila”).
Di persona, venerdì 18 febbraio 2011, ho constatato che l’unica presenza stanziale dell’Abruzzo era quella del Comune di Città Sant’Angelo nello stand riservato al Club dei Borghi più belli d’Italia: parte dell’amministrazione comunale, rappresentata in primis dal sindaco Gabriele Florindi, è stata tutto il giorno dietro il banco degustazione messo a disposizione ad Ekk-Abruzzo in sintesi, il colossale progetto di promozione territoriale che aprirà i battenti il 10 marzo ai piedi di Città Sant’Angelo (appunto) e di cui torneremo presto a parlare. In un altro stand era riunito altro materiale, riservato stavolta ai membri del club Borghi autentici d’Italia, di cui fanno parte 17 centri abruzzesi.
Nello spazio dedicato ad “Ekk – Abruzzo in sintesi” Gabriele Marrangoni, chef del futuro ristorante interno alla struttura, che verrà chiamato “Cantina Santangelo” in omaggio alla Cantina sociale preesistente, ha proposto ricette e prodotti tipici abruzzesi: torte rustiche con ricotta e verdure selvatiche, timballini, insalata di baccalà con peperoni arrostiti, oli, vini, salumi, formaggi, sott’oli, fiadoni, confetture, marmellate, mieli, dolci secchi.
Già chef della country house Borgo Spoltino di Mosciano Sant’Angelo (Te) e futuro chef del ristorante di Ekk, ci racconta così la ricetta del tacchino alla canzanese con verdure agrodolci:
«Chiedo la complicità di una tacchinella di 6/7 kg, allevata all’aperto con granaglie e con tutto quello che madre natura gli mette a disposizione nell’aia. Chiaramente va spiumata, eviscerata e fiammeggiata. Stacco le ali, il collo, le zampe, la disosso (ma voi fatelo fare dal vostro macellaio di fiducia se non ve la sentite) e frantumo le ossa con un batticarne. Cospargo la carne con sale grosso e la ricompongo legandola con uno spago. Dispongo in una pentola smaltata ossa frantumate, ali, collo, zampe, fegato e ventriglio (aperto e ripulito per bene) e ci adagio sopra il tacchino disossato. Aggiungo qualche grano di pepe nero, 4 spicchi di aglio rosso, 2 foglie di alloro e verso dell’acqua bollente fino quasi a coprire la carne. Metto la pentola nel forno a circa 180° per circa 4/5 ore. Giro spesso la carne in modo che si colori uniformemente e la bagno con il brodo di cottura. Il risultato finale dovrebbe essere: la carne ben rosolata e il suo fondo ben ristretto. Rimuovo le ossa e le zampe, conservo ali, collo, fegato e ventriglio e le rimetto nella pentola smaltata insieme al tacchino. Verso sopra il fondo di cottura filtrato con un telo e lo lascio riposare al fresco, ma non in frigorifero, almeno una notte. Il mattino seguente, che normalmente è il giorno di Natale, tolgo il grasso che si è formato in superficie ed è pronta per essere servita a pezzi con la sua gelatina di risulta. La accompagno con verdure agrodolci o sottaceti non particolarmente aggressivi».
A chiosa, Gabriele Marrangoni specifica che il forno a legna sarebbe il massimo, e che il piatto può essere preparato anche senza dissossare la tacchinella (sarebbe la versione più tipica) ma bisogna comunque aprirla bene e frantumare le ossa per aiutare la formazione della gelatina.
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