di Marco Galetti
Vestivamo alla marinara, come il mio risotto… chi ha letto il libro di Susanna Agnelli mi capirà, percepirà la mia sottile malinconia… certo erano altri tempi, altri modi, un’altra classe, il mondo andava più lentamente, la parola data aveva ancora un senso e l’onestà intellettuale era prerogativa di molti e non, come oggi, rarità fuori moda di cui vergognarsi… mah…
La premessa è che il risotto alla marinara era davvero molto buono quindi posso parlare a cuor leggero e a pancia piena, ma devo raccontare di come certi atteggiamenti scorretti di taluni ristoratori potrebbero avere un effetto boomerang altamente nocivo.
Prenoto io per voi, mi dice Claudio, conosco benissimo il proprietario…
Mi raccomando, gli dico, un angolo come si deve…
Vi ho fatto riservare un tavolo grande in veranda, in modo possiate godervi la serata, poi vi raggiungo con un’amica per il caffè e un distillato.
Il mio amico, durante il periodo estivo, prende quasi tutti i giorni cibo d’asporto in questo locale e, talvolta, quando non cena altrove o nel giardino della sua villa, si accomoda da solo o in compagnia in questo ristorante godendosi una buona bottiglia e dell’ottimo (devo convenire) pesce.
La logica dice, visto che chi mi manda spende migliaia di euro a stagione in questo locale in riviera, che l’accoglienza sarà non solo come si deve e come si dovrebbe, di più.
Invece mi hanno riservato un piccolo tavolo del c@zzo, in una posizione del c@zzo, dimostrando di non capire un c@zzo.
Il mio amico ha preso metaforicamente per un orecchio il ristoratore sussurrandogli parole chiarificatrici.
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