di Marco Galetti
Partendo dal presupposto che la critica gastronomica in calze a rete sappia scrivere e descrivere, è diventato privilegio di pochi, ormai, poter pubblicare un pezzo con i canonici quattromila caratteri (anche se la forbice è variabile) senza un adeguato supporto fotografico, inoltre per quanto siano belle da ascoltare e da vedere parole ed immagini, se davvero si volesse rendere al lettore un servizio ottimale tutto questo potrebbe non essere sufficiente.
A quasi tutti piace avere l’ultima parola, meglio sarebbe se aspirassimo all’ultima domanda consapevoli che non si finisce mai d’imparare.
Che giudizio potrebbe dare quanto ad accoglienza, un abituale frequentatore di tristellati che non sa dire grazie ad un cameriere di una trattoria…
La critica gastronomica, per quanto supponente, dovrebbe, riconosciuti i propri limiti, viaggiare in gruppo con altri tre porcellini, non solo per potersi garantire un dopo cena ad altro tasso erotico, ma soprattutto per ovviare alle proprie lacune che in un campo o nell’altro abbiamo tutti, da appassionati semplici a prime penne con le stellette.
Nulla toglie che:
un esperto di pizze e lievitati possa scrivere un pezzo senza sapere nulla di birre e bollicine
un docente ONAS possa scrivere su una degustazione di salumi e formaggi pur essendo intollerante al lattosio
un produttore di salame faccia la figura del salame al cospetto di un docente ONAS e della presidente di associazione
una prima penna nera, possa mettere nero su bianco le sue impressioni di settembre su una cena a base di fichi settembrini pur avendo problemi di glicemia
un assaggiatore d’olio possa raccontarci di una pasta e fagioli sapientemente condita pur avendo una ritrosia congenita nei confronti dei tubetti
una critica gastronomica in calze a rete sappia prendere pesci ma mangi solo carne
uno possa definirsi specialista in cornicioni e canotti vivendo a piano terra, non essendosi mai allontanato dalla terra ferma e non essendo mai andato alla deriva nemmeno su un materassino gonfiabile e vacillante quanto il suo ego la sua sicurezza in materia
un vegetariano ci racconti in dettaglio l’osso, il buco ma non il midollo
un meridionale azzardi il giudizio su un risotto pur bandendo il burro ed essendo intollerante allo zafferano
un esperto di vini rossi ci parli di crostacei
un appassionato di bianchi e di toscane che fanno sangue descriva fiorentine al sangue
un iperteso ci racconti di una degustazione a base di caffè e liquirizia dall’antipasto al dolce
uno spaghettomane&pastaiolo possa fare un bel resoconto e racconto di una cena senza carboidrati
un esperto conoscitore e divulgatore di pomodorini del piennolo critichi una polenta troppo lenta (leggasi morbida)
un mezzo toscano creda di saperne di riso pur senza aver mai assaggiato un sartù
certo, nulla toglie che si possa… basta essere onesti verso chi legge, consapevoli che nessuno può davvero conoscere bene tutto quel che concerne il cibo, il vino, l’accoglienza e tutto ciò che a queste cose è collegato.
L’ultimo arrivato, ben educato e a proprio agio in ogni contesto, ma che non viene degnato di uno sguardo e al quale non diamo due lire (né a lui, né a quello che scrive, né a quello che non scrive conscio del peso delle proprie parole) potrebbe essere cintura nera di insalata a mazzi… e allora son c@zzi…
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