di Alfonso Del Forno
Birrificio Irpino. L’Irpinia è una delle zone della Campania più votate alla viticoltura, ma negli ultimi anni è anche terra di birra, con diversi produttori molto interessanti. Partendo per un ipotetico viaggio attraverso l’Irpinia brassicola, non possiamo che iniziare dal capoluogo di provincia, Avellino.
Qui nasce l’idea del Birrificio Irpino, grazie all’intuizione dei fratelli Antonio, Daniele e Stefano Doria, avellinesi doc. Nato nel 2010 nell’ambito di un progetto di Brew Pub a Manocalzati, che coinvolgeva un birraio di grande esperienza come Luigi Serpe, negli anni ha avuto un’evoluzione che gli ha permesso di arrivare, negli ultimi mesi, a un’identità ben precisa. Passando per la sede di Avellino città, il nuovo birrificio è finalmente approdato nella struttura di Mercogliano, dove sembra aver trovato la sistemazione ideale. I 1300 metri quadri di opificio sono il primo passo per creare qualcosa d’importante. Le elevate dimensioni dell’immobile sono il luogo ideale per chi ha deciso di puntare in alto, sia in termini di dimensioni che di qualità. Con i suoi 350 mq, l’area di produzione del Birrificio Irpino è decisamente ampia e dà la possibilità a Salvatore Arnese, birraio di Irpino dal 2016, di poter gestire in maniera agile sia le produzioni storiche che le nuove birre, introdotte in gamma da pochi mesi.
La restante parte della struttura prevede la realizzazione, nel tempo, di un’ampia tap room, una bottaia, un laboratorio di analisi, la camera calda per la rifermentazione e quella a temperatura controllata per le basse fermentazioni. Ma vediamo quali sono le birre prodotte. Le etichette storiche sono la Toppole (belgian golden strong ale), la Ramera (english pale ale), la 2010 (belgian pale ale) e la 83100 (double ipa).
A queste si sono affiancate nel tempo l’Infinita (italian grape ale con mosto di fiano dell’azienda agricola Di Meo), la Gose Bone (gose), la Mezzanotte (porter), la Fenestrelle (golden ale) e la 2018 (session ipa). Molto interessanti le versioni sour della Infinita, 83100 e 2018, caratterizzate dall’utilizzo del lievito kveik, importato dalle Farm House norvegesi. Il kveik si distingue per le fermentazioni molto rapide e per la capacità di lavorare a temperature prossime ai 40° C. Questo lievito, oltre che lavorare sulla secchezza della birra, produce esteri molto interessanti, che vanno dal fruttato al citrico, passando per le note balsamiche ed erbacee.
Queste nuove birre sono molto interessanti e consiglio di provarle assolutamente. Cheers!
Birrificio Irpino