di Raffaele Mosca
Non solo rossi muscolosi: la penisola Iberica è terra di grandi vini bianchi spumanti, fermi e perfino passati. Ecco quattro etichette molto interessanti dal catalogo di Proposta Vini
Recaredo – Serral del Vell 2018 Brut Nature
Quella del Corpinnat è una storia interessante che avevamo già avuto modo di approfondire in occasione di Barcellona Wine Week 2023. Si tratta di un gruppo di produttori catalani che nel 2019 sono usciti dal consorzio della Cava e hanno creato un’associazione indipendente votata all’adozione di un disciplinare più stringente per la produzione di spumante Metodo Champenoise. Il nome, Corpinnat, significa proprio “cuore del Penedes”, che è il luogo più importante per la spumantistica a livello nazionale, e l’obiettivo è quello di distinguersi nella massa di prodotto industriale che deturpa l’immagine del Cava. Il problema, infatti, è che, pur trattandosi di Metodo Classico, la maggior parte delle grandi aziende che producono Cava cerca di rincorrere il nostro Prosecco anziché lo Champagne, con affinamenti brevissimi – spesso di soli 8 mesi – che danno vita a vini semplici e con effervescenze grossolane.
Recaredo è forse il produttore più importante del gruppo, che oggi annovera al suo interno circa una decina di aziende. Lavora in biodinamica, puntando tutto sui vitigni autoctoni, che a queste latitudini molto meridionali per la spumantistica funzionano decisamente meglio di Pinot Nero e Chardonnay. Ne caso di Serral del Vell 2018, rifermentato con tappo a sughero alla vecchia maniera dello Champagne per “la ricerca della complessità ossidativa”, Xarello e Macabeo da vigne vecchie concorrono nel blend. Il vino sosta circa 5 anni sui lievi e soggia dorato che fa quasi pensare una breve macerazione. Il profumo è molto accattivante: accenni vegetali e di erbe aromatiche contrastano toni garbatamente ossidativi di mela cotogna, marzapane, cioccolato bianco e burro di arachidi, rinforzati da un soffio affumicato che rasenta l’idrocarburo. Sapido e asciutto all’attacco, si sviluppa più cremoso, con rintocchi di spezie dolci e frutta secca a creare un binomio di ampiezza e slancio di disarmante piacevolezza. Perfetto per gli amanti degli spumanti pieni e profondi in stile Selosse e compagnia bella.
Prezzo: 45-50 euro
Miguel Louro – Estremoz Apelido Vinho Alentejano IG 2021
Dalla Catalogna al Portogallo per un bianco “sui generis”, prodotto in una zona a due ore ad est da Lisbona da un vignaiolo con un background assai eterogeneo. Figlio di viticoltori molto rinomati in zona, Miguel Louro si è formato in Mosella e in Toscana prima di tornare a casa. Tutt’oggi è consulente di un’azienda che produce nella Saar ed è inevitabile che la sua conoscenza dei bianchi germanici lo spinga a produrre qualcosa di diverso dalla stra-grande maggioranza dei vini dell’ Alentejo, zona d’entroterra e quindi piuttosto calda.
Le vigne di Alvarinho, Arinto, Roupeiro e Gouveio che producono Apelido sono piantate nelle parti più alte del comune di Estremoz, dove le uve riescono a mantenere PH molto bassi e acidità sostenute. Lavorato in riduzione, il vino dispensa profumi delicati di limone candito, acacia, pesca noce, con un soffio di erbe aromatiche e qualcosa più di scuro sul fondo: quasi una parvenza di idrocarburo. Fa appena 12 gradi e scorre leggero ma non diluito, con polpa fruttata discreta a contrasto dell’acidità sbarazzina, accenni intriganti di nocciola e un soffio affumicato ad arricchire il finale di bella profondità. Facile ma tutto meno che banale.
Prezzo: circa 20 euro
Tantaka – Arabako Txakolina Valle de Anastasia Selecion de l’Arca 2021
Più a nord, ma sempre sul versante atlantico, i Paesi Baschi sono una delle mete più gettonate per i gastrofighetti, forti della più grande concentrazione di ristoranti pluristellati al mondo. Fatta eccezione per la Rioja Alavesa, ovvero la zona della grande enclave rossista spagnola che ricade in questa comunità autonoma, la produzione viticola non è altrettanto attenzionata dalla “gente che conta”. Colpa innanzitutto dei numeri esigui: la fillossera ha portato alla quasi totale distruzione del vigneto nella regione nei primi decenni del secolo scorso; colture più redditizie hanno preso il suo posto e ci sono voluti circa ottant’anni per ripartire da zero.
L’azienda in questione è gestita da un parroco che dice messa nella chiesa di paese ogni domenica e, durante i giorni finali, si cimenta nel recupero di vigneti dimenticati piantati con vitigni semi-sconosciuti come Hondarrabi Zuri e Petit Courbu, che probabilmente sono nati dalla domesticazione della vitis rupestris, visto che non hanno nessuna parentela con altre varietà.
Il vino è di quelli che identificano il territorio a mo’ di GPS: una zaffata marina rimarca subito che l’oceano è a pochi chilometri di distanza; ma lo stile è molto diverso da quelli dei nostri bianchi costieri. Severo, sussurato, guscio d’ostrica ed alga s’intrecciano con pepe bianco, accenni erbacei sposano nocciola e qualche refolo floreale, per poi riecheggiare sul fondo di una gustativa sul calco di un buon Chablis, quasi estremo per sapidità e tensione, ma con qualche spunto più burroso ed ossidativo che, a detta di chi presenta i vini, è il timbro di fabbrica dal Petit Courbu. Tutto meno che esplosivo, ma equilibrato, caratterizzante e potenzialmente molto longevo.
Prezzo: 30-35 euro
Vinedos Verticales – Noctiluca Vendimia Asoleada 2021
L’ incontro tra la montagna e lo Zibibbo – o meglio il Muscat Alexandria – sulle montagne dell’Andalusia dà vita a uno dei passiti più bizzarri ed affascinanti assaggiati negli ultimi anni. Il nome suggerisce già che si tratta di viticoltura eroica: le vigne superano i 1000 metri di altitudine e il 45% di pendenza.
Le vigne sono tutte piantate ad alberello e le più vecchie hanno più di 130 anni. Le uve vengono trattate esattamente come a Pantelleria: vendemmiate leggermente in anticipo e lasciate essiccare al sole, forgiano un vino ambrato con un naso ipnotico. Lavanda, nocciole, uva sultanina e canditi, refoli balsamici che rinfrescano, un soffio di curcuma e un’idea iodato. Dolcissimo – quasi paragonabile ad un Eszencia ungherese per densità mielata e viscosa – ma con contrafforte salino che stempera e dona equilibrio fenomenale, un accenno vegetale e addirittura un guizzo di agrume nella chiusura lunga e profumatissima. La demonizzazione insensata degli zuccheri ha messo in ginocchio il comparto dei vini dolci, ma etichette come queste ti fanno venir voglia di berne ogni giorno.
Prezzo: circa 25 euro
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