Fare grandi bianchi invecchiati; è la nuova frontiera del vino italiano che con i rossi ormai non teme confronti con nessuno. Le potenzialità di alcuni vitigni sono straordinarie, Verdicchio e Fiano di Avellino sopra tutti, ma anche Grecanico, Catarratte, Mantonico, Trebbiano, Minutolo sono confermate ormai da decine di assaggio. Cosa manca? La cultura di consumatori italiani, la determinazione dei produttori e la voglia di scoprire cose nuove di chi scrive di vino.
Al momento un vantaggio c’è per gli appassionati del genere: con pochi, a volte con pochissimi, soldi e tanta pazienza si fanno esperienze gustative di valore assoluto.
Una vigna di Lapio su un ripido versante argilloso collinare. E il Fiano pensato dal compianto Lucio Mastroberardino di una stagione sostanzialmente perfetta, calda ma con le giuste piogge, che oggi sta dando il meglio di se.
Per mio gusto oggi Leonardo Pizzollo è il miglior bianchista in Abruzzo. I suoi bianchi conservati e invecchiati mi fanno andare di matto. Il Vigneto di Popoli è un bel contraltare a Vigna di Capestrano
Vigne Guadagno è una giovane azienda nell’areale di Montefredane, un collina vicino ad Avellino e probabilmente è oggi una azienda che sta lavorando con la miglire affidabilità. Il Fiano in questione non è molto vecchio, ha ampie possibilità di ulteriore ascesa verso l’Olimpo della catarsi emozionale che solo i Fiano riescono a regalare
L’altro grande vitigno italiano che invecchia alla grande è il verdicchio. In questo caso, dopo dieci anni, parliamo do un giovincello fresco e pimpante, ricco e complesso al naso, dalla beva sapida e dinamica. Una meraviglia.
Non ho mai avuto dubbi sulla longevità di questo Fiano perchè l’acidità scissa non si schioda neanche dopo tre o quattro anni. Alla fine ho preso questa magnum e dopo nove anni ha regalato una bevuta epica e indimenticabile. Con un rimpianto: fra dieci anni sarebbe stata ancora più buona!
Una dei migliori bianchisti italiani non si smentisce, i suoi vini, se avete la pazienza di attenderli, vi regalano sensazioni complesse e felici. Il segreto di Pietraincatenata è il perfetto equilibrio centrato fra legno e frutto.
Anche la Falanghina, come il Fiano e sicuramente meglio del Greco, riesce ad avere una evoluzione interessante nel tempo quando è coltivata su suolo vulcanico. Libero Rillo ci ha abituato ormai a queste performance. Rispetto al Fiano ha meno complessità olfattiva ma al palato eguale energia e spinta.
Una bella scoperta nel mio recente viaggio in Sicilia, per due volte dalle belle cantine di Ciccio Sultano e Accursio Capraro. C’è un ripiegamento solare, meridionale, di questo vino dopo tanti anni, i toni non sono gli idrocarburi ma quelli di una frutta matura, piena di luce, zafferano, note balsamiche. Al palato una buona acidità regala al vino la spinta necessaria per arricchire l’emozione olfattiva.
Prima annata della docg nelle mani di un viticultore storico e molto interessante. Questa bottiglia non era certo pensata per andare incontro ad un ventennio di vita, ed è per questo, nella sua ingenuità protocollare, che ci mette in condizione di strabiliarci per la vita ancora presente in modo forte e urlato nel bicchiere, niente ossidazione, solo note fume e idrocarburi in eccesso che poi lasciano spazio alla frutta.
Il Verdicchio di Stefani Antonucci invecchiato, pensato per essere bevuto sui tempi lunghi, è sicuramente una garanzia di affidabilità ed è uno dei miei preferiti in Italia proprio per questa sua caratteristica, Questo millesimo appare ancora molto fresco e tonico, ma anche molto interessante al naso. Una certezza insomma.
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