Bianca Trattoria a Roma: Davide del Duca anticipa il futuro

Bianca Trattoria a Roma
Circonvallazione Trionfale, 96
Telefono: 06 6922 9068
Aperto a pranzo e a cena
Martedi chiuso

di Virginia Di Falco

Ritorniamo in primavera da Bianca Trattoria, posticino che ci era piaciuto molto sin dai primi mesi di apertura. Un rodaggio facilitato dalla guida attenta di Davide Del Duca e di Andrea Marini, chef e sommelier di Osteria Fernanda che sovrintendono il lavoro di una squadra compatta e motivata.
La sala, dall’arredo pulito e armonioso, gira con ritmi giusti. La lista dei vini è centrata e molto vivace; il pane (da un forno vicino) buonissimo.

Ci togliamo lo sfizio della vignarola sui tortelloni di baccalà, pasta fresca dal ripieno morbido e goloso, con pesce mantecato perfettamente.

I bucatini all’amatriciana con pomodoro San Marzano e una goccia di aceto balsamico sono una nostra vecchia conoscenza (provati per la prima volta proprio da Osteria Fernanda, sono un asso nella manica di Del Duca): una versione del classico romano più che convincente, con il sugo che affronta guanciale e pecorino senza subirne la sapidità.

Tra i secondi provati, buono il polpo rosticciato ma il piatto è un po’ troppo miserello, in verità.
Mentre l’agnello è più che indovinato, con la panatura dell’abbacchio che regala un pezzetto di felicità, come ogni volta che una frittura è ben riuscita.

Nel complesso, un posto che va dritto dritto nell’elenco delle trattorie romane di moderna impostazione dove si sta più che bene. La cucina è solida, i prodotti di territorio selezionati con rigore ma senza talebanismi. Chi vuole, trova i classici romani, dagli antipasti al dolce (dalla coratella al tiramisù, per capirci), mentre coloro che apprezzano qualche deviazione di percorso non restano delusi.

Antipasti dai 12 ai 18
Primi piatti dai 13 ai 16
Secondi dai 16 ai 22
Dolci dai 7 ai 9

 

La nostra prima recensione del 23 ottobre 2023:
Avete voglia di trattoria. Ecco un posto che fa assolutamente per voi. E’ pensata da un bravissimo chef, Davide del Duca, di cui abbiamo potuto apprezzare l’estro nella sua Osteria Fernanda. Ma non abbiate paura: è uno chef intelligente, un imprenditore che deve fare quadrare i conti e che dunque parte dai clienti e non dal proprio ego.
Qui mi sono ciaciato con un bucatino all’amatriciana, le coratelle di cui sono ghiotto e una cicoriella saltata in padella, con un po’ di peperoncino forte giusto per dare soddisfazione alle emorroidi. Un bicchiere di Lambrusco, et voilà, 50 euro a capa, nel centro di Roma.

Ormai in  Italia crescono le trattorie non più basate su una gestione familiare, bensì fondate dai cuochi e i vantaggi si vedono, anche se magari c’è meno poesia da scrivere sulla signora Maria che ha allattato generazioni e generazioni di clienti come la Dea Madre. I vantaggi sono la pulizia nei piatti, una estetica del locale coerente con la proposta, un ragionamento sui vini (qua tutti naturali, per la gioia degli appassionati del genere), ma soprattutto una spettacolare ricerca dei produttori che rendono l’esperienza di prim’ordine e assolutamente valida.
Roma in questo momento, a mio modesto avviso, è la grande città più sensibile su questi temi grazie ad alcuni protagonisti che hanno imposto la direzione, cito Bonci per tutti: la campagna romana si sta rivelando una miniera d’oro di ortaggi e verdure di grande qualità da agricoltura pulita, le carni hanno ancora sapore, bella la spesa al mercato. Risultato finale: è gourmet una esperienza filologicamente corretta, non quella con proposte esotiche e famolo strano.
Altro vantaggio di questo genere di trattorie – che per attrarre gli ultimi gastrofighetti rimasti in circolazione dopo il  crollo del fine dining, chiameremo bistrò – è un servizio competente, spesso appassionato e colto.
Da Bianca (leggiamo che questo bel nome è della figlia di Davide) si sta benissimo. Io purtroppo andavo di fretta, non ho potuto vuotare la bottiglia. Mi riprometto di tornare per provare l’agnello.
All’uscita un dubbio mi assale: dopo tanti congressi e dibattiti, forse è proprio questo il futuro della cucina italiana: trovare fuori quello che nelle case non si fa più. Ne sono certo, così sarà, almeno per un altro paio di generazioni.

Andate a provarlo e godetevelo.

Ps: Bonus? La ministra di arzilla!


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