di Enrico Malgi
Grande happening con la seconda edizione di Benvenuto Cilento, tenutasi all’hotel Savoy Beach di Paestum il 23 novembre u.s., in cui si è vissuto uno dei momenti clou durante la verticale di Aglianico Cenito di Luigi Maffini, con i millesimi 2009, 2007, 2006, 2005, 2004 e 2003. Momento clou, si diceva, per diversi motivi che provo a sintetizzare. In primis il fatto che la giovane viticoltura cilentana possa esibire una sua memoria storica di un solo vino, seppur limitata nel tempo e per adesso soltanto per merito di pochi vignerons come Maffini appunto. In seconda battuta è da rilevare che il Cenito è un Aglianico proveniente da un solo vigneto vecchio di vent’anni e questo nel Cilento è già abbastanza raro. E in ultimo, ma sicuramente altrettanto importante, è che Luigi, al di là di certi suoi istrioneschi atteggiamenti, è sicuramente un viticoltore di razza e che anno dopo anno sa tirare fuori una produzione enologica di assoluta eccellenza sia sul versante bianchista, con il Kratos e l’inarrivabile Pietraincatenata, e sia su quello rossista, come nel caso specifico col Cenito e poi col Kleos, cosa non da poco per queste terre. Oltretutto gli innumerevoli attestati e riconoscimenti a livello nazionale che gli piovono addosso ogni anno stanno lì a testimoniare la sua capacità e la sua innegabile bravura.
E adesso passiamo alla degustazione dei vini che sono passati prima sotto la lente d’ingrandimento di un parterre de roi, composto da quattro personaggi esperti del settore: Luciano Pignataro, Maria Sarnataro, Nevio Toti e lo stesso Luigi Maffini, che hanno condotto sapientemente la serata. Presenti al tavolo degli assaggiatori anche il Presidente del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano Amilcare Troiano e il Presidente dell’Enoteca Provinciale di Salerno Ferdinando Cappuccio. Inoltre ha presenziato in sala una numerosa e competente compagine di appassionati.
Annata 2009 – Etichetta giovane e solo prossimamente in commercio. Il vino ha fatto soltanto pochi giorni di macerazione sulle bucce e poi è stato affinato per diciotto mesi in barrique, di cui un terzo nuove. Il colore è di un denso rubino scuro con riflessi violacei. Al naso risalta subito un bouquet infinito di frutta rossa matura come le prugne e le amarene, piccoli frutti di bosco, confettura di more, caffè e gelso nero. In bocca si percepiscono in parte i 14 gradi di alcolicità, ma l’ottima acidità provvede subito a smorzare la sensazione calda. La giusta dose di glicerina che si nota agitando il bicchiere è sinonimo di buona morbidezza. Il vino, poi, risulta elegante, sapido, equilibrato, materico e con tannini già maturi. Il sorso è pervasivo e lungo nel retrogusto. Direi che è un buon vino con forte tendenza a migliorarsi nel tempo. Aspettiamolo tra qualche anno!
Annata 2007 – Qui bisogna dare atto a Maffini della sua scrupolosità e coerenza, perché quando ritiene che il millesimo non sia adeguato allo standard qualitativo di questo vino non lo produce affatto. E così è saltata l’annata 2008 e, di conseguenza, mi tocca giudicare quella precedente la 2007. Onestamente, nella fattispecie non si tratta della migliore annata, anche perché il caldo eccessivo ha alzato l’asticella alcolica fino a fare raggiungere al vino i 14,5° C. e questo ha comportato un appiattimento gustativo e poca freschezza. Ciò non toglie, comunque, che questo millesimo, pur risultando monocorde e meno intrigante delle altre annate, è dotato di buoni atout. E’ speziato, polposo, fruttato di amarene e floreale di violetta, con un finale abbastanza godibile.
Annata 2006 – Qui siamo all’opposto per quanto riguarda le condizioni climatiche, perché è stata un’annata piovosa, tanto che è stato necessario anticipare la vendemmia. Ma comunque questo non ha influito più di tanto sulla bontà del prodotto finale, anzi direi che nella fase degustativa si è trattato di uno dei migliori millesimi presi in esame. Colore granato, con riflessi purpurei. Sussurri aromatici di viola appassita, umori del sottobosco e confettura di prugne. In bocca il profilo gustativo ammalia con la sua timbrica intrigante. Il vino è potente, mentolato, morbido, strutturato e con una giusta carica alcolica.
Annata 2005 – Anche questo millesimo ha sperimentato in parte la piovosità primaverile, che per fortuna non ha disturbato eccessivamente. Tanto è vero che mantiene un profilo aromatico avvincente di frutta matura e fiori scuri, così come sono invitanti le note speziate di pepe nero e noce moscata. In bocca è austero, fruttato, polposo, sa di caffè e di cioccolato, con una silhouette snella e complessa. Una buona annata senz’altro.
Annata 2004 – Altra stagione piovosa, ma di scarsa intensità. Il grado alcolico elevato dona al vino una sensazione calda, contrastata dall’ottima acidità. I profumi sono carezzevoli e gradevoli e ricordano la frutta rossa matura, come le ciliegie e le prugne, che incrociano un pregevole coté balsamico. In bocca i tannini, a distanza di otto anni, sono belli morbidi e suadenti. Piacevoli sensazioni di confettura di frutta rossa donano al palato una timbrica godibile. Succosità impagabile di un rosso viscerale, profondo, screziato e sanguigno. In definitiva, una buona annata.
Annata 2003 – Probabilmente il miglior millesimo, tanto da essere premiato con i Tre Bicchieri dal Gambero Rosso, nonostante un’annata contrassegnata da un caldo eccessivo. Il colore ha già virato verso un cromatismo aranciato. Ma questo Aglianico, così com’è scritto nel suo dna, può durare anche vent’anni, senza scomporsi più di tanto. La percezione olfattiva è gradevolmente segnata da risvolti floreali e fruttati e con sentori sfaccettati di liquirizia e spezie orientali. In bocca è elegante, strutturato, morbido, balsamico, potente, mentolato e con spessore di rara grazia. Vi pulsano dentro originalità e personalità. Elegante e persistente modulazione finale.
In conclusione, si può affermare che l’Aglianico Cenito di Maffini rappresenta il vero paradigma del Cilento e la massima espressione tout court, insieme con pochi altri epigoni, di tutto il territorio cilentano, in cui traduce tutta la linfa vitale di questo terroir in un caleidoscopio di appaganti sensazioni organolettiche. Chapeau.
Foto di Enrico Malgi
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