Via Noschese, 26. Località Santa Lucia
Tel. 0828.631065
Chiuso martedì
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Battipaglia è famosa in Italia per la mozzarella di bufala. Nella provincia di Salerno è sicuramente la città più dinamica e in crescita anche se, come capita in questi casi, spesso poco ragionata: siamo ormai sui 60.000 residenti, una performance niente male per un comune nato negli anni Venti, le cui prime costruzioni, con alcune eccezioni, risalgono alla seconda metà dell’800 quando vi si trasferirono i sopravvissuti al terremoto in Lucania. Industria e agricoltura moderna con istituti sperimentali di ricerca, il territorio è all’avanguardia in alcuni settori pur avendo trascurato del tutto i suoi otto chilometri di litorale dove dagli anni ’60 agli anni ’80 è avvenuto praticamente di tutto. E mentre nella confinante Eboli sono state abbattute centinaia di costruzioni abusive ripulendo tutta la fascia costiera da orrori spaventosi e infernali, qui il risanamento è affidato a pochi imprenditori privati.
Per fortuna nella Piana del Sele cominciano a nascere imprese agrituristiche di qualità, come La Morella, spesso portate avanti dagli eredi di proprietari fondiari impegnati in passato nell’allevamento delle bufale o nella coltivazione dell’ortofrutta. La ricchezza gastronomica, formaggi e carne di bufala, ortaggi, pasta, non avevano trovato finora ancora posti capaci di valorizzarli ad eccezione di Capaccio dove il turismo ha favorito la nascita di ristoranti e trattorie di buon livello. Finalmente il Papavero a Eboli e la Tavernola a Battipaglia invertono la rotta dopo anni di barbarie gastronomiche. La Tavernola è una locanda con delle belle stanze a pochi chilometri dal mare, siamo a venti minuti dai Templi di Paestum o, sull’alro versante, dalla Costiera Amalfitana, e a 45 chilometri da Pompei.
Al piano terra ci sono due sale arredate in stile rustico-elegante e circa 70 posti: molto ricca la carta dei vini con le etichette regionale e nazionali, il servizio professionale e cordiale grazie alla esperienza di Raffaele in sala mentre Rosa è ai fornelli. Gli antipasti sono affidati alla cucina vegetariana con cicorie saltate, parmigiana di melanzane, tortini di patate, ai salumi della Lucania, alla mozzarella e alla ricotta della Piana. I primi piatti sono paste fatte in casa con il ragù, per esempio i fusilli, oppure i cavatielli (gnocchi senza patate tipici del Cilento), i ravioli con funghi. Polli di buona qualità, agnello e bufala le carni in genere proposte alla brace, dolci della casa dove si gioca molto con la frutta e piccola pasticceria finale con dolcini secchi dei Picentini o del Cilento. La cucina riflette gli spazi della Piana, una versione in miniatura degli Stati Uniti e dell’Argentina: carne e verdure consumate tra le antiche bufalare e nei cortili delle masserie. Una agricoltura strappata alla palude che aveva invaso la Piana dopo il declino di Paestum dovuto alla costruzione dell’Appia che tagliava fuori la Lucania tirrenica dai grandi flussi commerciali con l’Oriente. Da qui l’abbandono e la fuga verso le colline, lontani dalla malaria e dalle incursioni saracene. Ecco perché la tradizione di pesce qui non esiste proprio, nemmeno quello povero presente nella cucina di Napoli e della Costiera: entra nei menu dei ristoranti solo con il benessere degli anni Sessanta.
La Tavernola oggi è una buona porta di ingresso a chi vuole conoscere questa cultura terragna e carnivora insuale nel Sud, ma è soprattutto un posto dove si mangia bene, di gusto, ben equilibrato con il territorio. Sono questi locali il vero scheletro della rivoluzione gastronomica italiana dove il cliente acculturato trova aggiornamento e al tempo stesso tradizione verace senza virtuosismi barocchi. E dove non si viene salassati alla fine del pranzo: siamo sui 25 euro.
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