– del Guardiano del Faro –
Per fortuna non succede spesso, vorrebbe dire che questa vita starebbe diventando ancor più banale e noiosa di quanto lo è già. Ma sfortunatamente la taratura è ormai spostata parecchio su e quindi le emozioni forti sono sempre più rare. Contraddizioni infinite, perché poi mi capita di buttar giù con più piacere un Lambrusco preso giù alla Coop, berlo volentieri bello freddo e gasato piuttosto di un mediocre Barolo o di un dubbio Sangiovese, tanto per dire due nomi, senza voler ferire denominazioni o vitigni, solo per rendere l’idea della metà del guado, il punto in cui non sta bene nessuno volendolo solo ammettere, perché l’accontentarsi è una mezza sconfitta.
Datemi un biro e una etichetta rossa della Bruna Giacosa, allora si che mi divertirò a schiavizzarla per ore , prendendo nota implacabilmente di tutti i suoi gemiti e dei suoi minimi movimenti. Come quando mi accanisco con piacere fantozziano su un Muller Thurgau Santa Margherita da trangugiare con la porta del frigo aperta e con due fette di cacciatorino in mano, piuttosto che maledire tristi accanimenti di viticultori sub-alpini che insistono con i loro maltrattamenti intensivi su incolpevole succo di chardonnay che grida pietà alla sola vista di una barrique eutanasica che porrà fine alla propria triste esistenza nella terra dei cachi.
Voglio che l’ipofisi, l’amigdala e tutto il cervelletto si scuotano sotto i colpi di naso di un Montrachet di Ramonet, le cui rotondità burrose e le scolpiture del profilo rimangano incastonate nel cerebro fino a quando la decomposizione del cervello non sarà completata. Datemi un Bardolino rosè fresco e ruffiano da 3 euro da buttare giù direttamente dal collo della bottiglia piuttosto di modificarmi la fisiognomica del volto storpiato dall’alcool smaltato di un Amarone convinto solo che più e spesso e più è alcolico e più è buono.
Se deve essere un vino strano a farmi venire il mal di testa, almeno che costi poco, voglio giocare con le forme di una boccia di Mateus piuttosto che contribuire al miglioramento del conto corrente degli eredi dei Conti di Saluzzo.
Il desiderio di un brodino, anzi, diamogli un po’ di sostanza a questo brodino con una manciata di plin . Voilà plin in brodo con Bonnen Mares D’Auvenay . Il brodo serve ad aprire la strada, il singolo cappelletto verrà alternato ad un sorso di pinot, come si farebbe su un Boulevard parigino alternando ogni singola ostrica Belon con une coupe de Champagne . Belon e Blanc de Blancs. Cappelletti e Bonnes Mares. Non è per fare dello snobismo a tutti i costi, anche se secondo me queste sono le derive nascoste del piacere che ti puoi permettere di raccontare solo se sei abbastanza sicuro che non ci sia nessuno a così breve raggio di chilometri da prendere la decisione di partire apposta per venire a tirarti un pugno in faccia sotto casa.
Si può fare meglio, si può cercare la bottiglia che non c’è, perchè sono proprio brasato stasera, sinapsi che si parlano dai due bordi del medesimo burrone senza intendersi. Si può immaginare un Musigny Leroy 2005. Ceralacca morbida, sensuale, che si lascia giustiziare senza opporre la minima resistenza. Tappo umido, anzi, bagnato, rilascia una goccia di umori che raggiunge l’etichetta, come al solito, quello che lascia perplessi chi non ha dimestichezza con la signora, trovarla già bagnata ancor prima di avvicinarti è situazione che imbarazza i più. Tappo morbido e saporito, tappo gourmand che sa di gianduia , di geranio, di liquirizia, di cioccolato kinder. L’intensità del colore è sopra media, l’annata è grande, va sopra le altre solo di colore e di potenza, oltre alla estrema raffinatezza del bouquet di un mazzo di fiori colorati dal rosa al viola ci si confonde con la eterea speziatura e la piena maturazione del frutto, arrivato al punto del non ritorno. Un giorno in più sulla pianta e non sarebbe stato uguale.. Anomala anche la densità ; qui la Signora l’aveva promesso, prima di lasciare questa terra avrebbe fatto un vino pari o migliore di un La Tache e della Romanée Conti. Ora, i paragoni diretti sarà meglio farli quando si avrà la possibilità di mettere a fianco queste situazioni, intanto godiamoci l’ampiezza di questo Musigny che invade ogni angolo del cavo orale accarezzandolo e foderandolo di ogni buona cosa che può offrire un grandissimo vino.
Calore, forza, intensità, freschezza, gourmandise, mineralità , persistenza, retrogusto di fiori, liquirizia, tartufo, amarena, cannella. Stordente sarebbe riduttivo. Finalmente ci si può assopire di fronte al mostro abbattuto, ai draghi sterminati e andare a letto sereni con le vene irrorate da un nuovo 100/100mi , una cosa da sogno, ma proprio ora che filtra la luce dalla finestra lasciata socchiusa. Ma dove sono?
L’ennesima camera d’albergo irriconoscibile, l’ennesimo bagno cieco con la specchio difettoso, quello che mi fa difetto sul riflesso dell’addome, non può essere la mia pancia quella; per non parlare del viso, irriconoscibile. La devono smettere di applicare specchi deformanti nel bagni degli alberghi, non posso continuare a rischiare di radermi a occhi chiusi.
gdf
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