di Cosimo Torlo
Quando penso al concetto di vino corretto, enologicamente irreprensibile, con le giuste caratteristiche di piacevolezza aromatica e gustativa ma anche ricco di complessità allora penso al Barbaresco. Una denominazione dove il nebbiolo ha trovato tra le colline di Neive, Treiso, Barbaresco il suo perfetto habitat per esprimersi al meglio. E lo fa in particolare attraverso le bottiglie base, o annata delle diverse aziende, personalmente le prediligo perché il sorso mi regala freschezza, equilibrio, gioia al naso e al palato.
Durante questa mia piccola degustazione di sette aziende produttrici la piacevolezza complessiva è stata ancor più marcata dal “sentire” in ogni campione l’appartenenza alla sua collina o vigna di provenienza, una personalizzazione naturale sulla quale la mano dei produttori si limita con maestria ed esperienza ad accompagnare il percorso delle uva, dalla vite alla cantina fino alla bottiglia e poi a noi. Da quel che ho scritto fin qui avrete compreso bene che parlo di vini non troppo concentrati, con troppo legno, ma di vini di goduriosa appartenenza alla categoria dei vini da bere, il che non vuol dire che non siano in grado di invecchiare qualche anno bene ed evolversi, ma non è il loro mantra, è solo e semplicemente la loro natura.
La storia di questo vino è più recente del cugino Barolo, che come è noto trae le sue origini grazie alla marchesa Giulia Colbert Falletti che insieme al marito Carlo Tancredi Falletti di Barolo sperimentarono per la prima volta l’affinazione di questo vino che col tempo e grazie al re Carlo Alberto di Savoia divenne il “Vinum regum, rex vinorum”, ovvero il “vino dei re, re di tutti i vini”. Il Barbaresco non nasce aristocratico, ma popolare e figlio della antica sapienza contadina che risale in tempi lontanissimi, già i romani su quel territorio impiantarono vitigni di Barbaresco al posto delle querce di cui quel territorio era pieno.
Bisogna aspettare il 1984, quando grazie a Domino Gavazza, allora direttore della Regia Scuola Enologica di Alba il lancio e la conoscenza universale del Barbaresco, anche se in verità la prima bottiglia storicamente etichettata come “Barbaresco” risalga al 1870. Nasce alla fine di quel secolo anche la Cantina Sociale, un esperienza fondamentale per molti aspetti, economici per i contadini di allora che videro le proprie uva remunerate meglio di quanto fosse prima, ma anche culturalmente, come scambio e solidarietà sociale. Questa prima esperienza si concluderà nel 1922, ma già nel ’34 prende vita l’embrione di quello che poi sarà il Consorzio di Tutela del Barolo e Barbaresco.
Ma è dopo la seconda guerra mondiale che il Barbaresco assume una sua personale definizione, grazie alla fondazione dei Produttori del Barbaresco, che ebbe un ruolo di traino anche per molti produttori, senza ovviamente dimenticare Gaja, che nel dopoguerra era l’azienda privata più importante, che con le nuove generazioni puntarono sul vino come elemento rinascita, di sussistenza economica, una valida alternativa la posto di lavoro alla Fiat, e alla Ferrero. Oggi sono le nuove generazione alla guida delle cantine, circa 130 produttori per una produzione di 3.5 milioni di bottiglie, un numero di bottiglie congruo per la dimensione della zona di produzione. Un territorio di strabiliante bellezza, con delle terrazze che guardano le alpi e la sottostante valle del Tanaro, dove è possibile praticare camminate facili e suggestive quale è ad esempio il Sentiero del Barbaresco. Collega due dei comuni della denominazione, parte da Barbaresco, proprio davanti all’enoteca di Barberesco (anche ufficio informazioni) si attraversa il vigneto di Ovello per poi salire alla borgata Gallina, da lì poi tra i noccioleti si prosegue fino ad uno dei centri più belli dell’intera Langa, Neive.
Molti poi sono i posti dove fare tappa per fare degli spuntini o cenare e pranzare, cucina classica del territorio, franca e schietta come lo sono i vignaioli, tutti oramai avvezzi all’accoglienza in cantina, ma è sempre meglio prenotare per essere accolti al meglio.
Passiono alle mie degustazioni, i campioni mi sono stati inviati dalle stesse aziende, che ringrazio, otto cantine suddivise tra i tre diversi comuni, sette cantine rappresentative di una produzione d’eccellenza, con in alcuni casi un rapporto qualità prezzo estremamente interessante. I vini li ho classificati con un giudizio che vanno da uno a tre ghiottoni; buono, molto buono e super.
Mocccagatta; dopo Sergio e Francesco Minuto, i fratelli che hanno portato in alto l’azienda è ora la volta dei propri figli, Martina e Stefano gestire e ulteriormente far crescere una cantina dall’eccellente livello qualitativo.
- Barbaresco 2018 un ghiottone; si esprime con sentori floreali, in bocca è deciso ma il tutto offerto in perfetto equilibrio.
- Barbaresco Cole 2018 due ghiottoni; qui i tannini sono più fitti e dunque inevitabilmente siamo davanti ad un nebbiolo più ostico, ma che struttura, e che meravigliosa musicalità.
- Barbaresco Bric Balin 2018 tre ghiottoni; profumi intensi di frutti rossi, vaniglia e sul fonde il cacao, grande struttura e tannini perfetti che regalano una beva elegante, intensa e dalla lunghissima persistenza.
Pelissero; in località Augenta frazione di Treiso, Giorgio Pelissero è il deus ex machina della cantina, dalla vigna alla cantina, passando per la commercializzazione è un langarolo tutto di un pezzo, i suoi vini esprimono modernità e traditone in parti uguali.
- Barbaresco Nubiola 2018 due ghiottoni; all’olfatto note floreali e piacevole frutta rossa matura ed erbe primaverili, in bocca bella la sua morbidezza e sapidità, la beva è leggermente asciutta, ma ottima la persistenza.
- Barbaresco Tulin 2018 due ghiottoni; spiccato bouquet di frutti dal lampone al ribes e spezie dolci, bella sapidità e discreta avvolgenza per una beva che all’impatto può apparire nervosa, ma che tende a svanire dopo poco.
- Barbaresco Vanotu 2018 tre ghiottoni; ricche note fruttate, erbe di bosco, squisita la sua trama tannica importante ma che non perde in armonia, beva di grande impatto e persistenza.
Rizzi; I fratelli Dellapiana, Jole e Enrico proprietari della cantina nel corso dell’ultimo decennio hanno radicalmente cambiato il volto dell’azienda, oggi sono tra quelle che più di altre hanno saputo salire in alto senza cambiare la loro filosofia, ma solo aggiornandola sul presente guardando al futuro.
- Barbaresco Rizzi 2018 un ghiottone ghiottone; profumi freschi e leggiadri, viola e ribes, in bocca è in linea con una piacevole bevibilità.
- Nervo 2018 due ghiottoni; intenso e fine, piacevoli sentori di spezie dolci e piccoli frutti di bosco, beva calda e con tannini puliti e discreta persistenza.
- Pajoré 2018 tre ghiottoni; gran bel speziato, note floreali e frutti di bosco, avvolgente e incredibilmente succoso per una beva sorprendente e molto persistente.
Poderi Colla
- Barbaresco Roncaglie 2017 due ghiottoni; grandi botti, gran bel fruttato con accenni floreali, viola e ribes, la beva è un po’ contratta, probabilmente ha bisogno di tempo.
Paitin; Una delle cantine storiche di Neive, la loro prima bottiglia imbottigliata risale al 1893, la traditone continua ancora oggi come allora sotto la guida della famiglia Pasquero-Elia, conduzione biodinamica e ricerca del frutto come stella polare dei loro vini.
- Barbaresco Serraboella 2017 due ghiottoni; ottimo l’impatto olfattivo con lamponi, spezie, erbe di primavera, in bocca grande materia e piacevolezza su un corpo equilibrato e tannini giovani.
- Barbaresco Sorì Paitin 2017 due ghiottoni; al naso tabacco e piccoli frutti rossi, bella trama tannica, in bocca è possente, equilibrato e con una spiccata eleganza per una beva lunghissima.
Oddero; una casa storica della zona del Barolo che ha arricchito il suo carnet con un Barbaresco proveniente da uno dei vitigni più noti della zona di Neive, realizzato con la stessa filosofia con i quali producono i loro iconici Barolo
- Barbaresco Gallina 2017 tre ghiottoni; bel granato, ottima speziatura e tabacco, in bocca eleganza e morbidezza, tannino seducente, finezza e splendida persistenza.
Orlando Abrigo; Giovanni è un ex giovane che anno dopo anno ha saputo conquistarsi una sua spiccata personalità producendo ottimi vini con i suoi vigneti in zona Tresio, un produttore quasi timido che non smette mai di studiare e sperimentare per meglio interpretare il territorio.
- Barbaresco Meruzzano 2017 due ghiottoni; al naso il bouquet regala sentori di frutti rossi, erbe aromatiche e cenni di balsamico. In bocca è equilibrato, i tannini son morbidi e la persistenza adeguata all’annata.
- Barbaresco Meruzzano 2016 due ghiottoni; floreale con lievi sentori balsamici e spezie dolci, ottimi i tannini, corpo di buona fattura, la beva scorrevole e di buona lunghezza.
Marrone; Gian Piero con le figlie Denise, Serena e Valentina conducono a La Morra una cantina frizzante e smart, anche loro hanno voluto fortemente il Barbaresco tra i vini da loro prodotti, hanno scelto un appezzamento a Treiso e il risultato è decisamente confortante.
- Barbaresco 2016 due ghiottoni; bel colore rosso brillante, il bouquet regala profumi fruttati quali la confettura di frutti rossi, floreali, ma anche spezie bianche, vaniglia e tabacco. In bocca ha densità ed eleganza, tannini dolci e bella persistenza.
Gli indirizzi e le info delle aziende e del territorio li trovare sul nel sito; www.enotecadelbarbaresco.com/portfolio/produttori-del-barbaresco-barbaresco/
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