Venerdì 17 può essere una combinazione stimolante per sfidare la cabala. Lo ha fatto Rosario Scarpato organizzando la giornata internazionale della cucina italiana dedicata allo spaghetto al pomodoro
Ci si è visti al President di Pompei con tanti amici e appasisonati oltre che operatori del settore per una pomeridiana iniziata alle 17 e terminata a tarda sera. Inutile negarlo: oltre allo spaghetto, il grande protagonista è stata questa bottiglia tirata fuori dal cilindro da Sergio Sbarra. Un Barbaresco del 1971 di Bruno Giacosa, neanche il riserva. Conservato chissà dove e come.
Quando mi trovo di fronte a queste bottiglie ho pochi dubbi sull’esito finale. Anche se il tappo si sbriciola come una zolletta di zucchero. Poco male, usiamo il passino come filtro e il vino esce perfettamente integro, senza alcun residuo di fondo bottiglia. Segno che se, per ipotesi, lo avessi ritappato avrebbe avuto almeno un’altra quarantina d’anni avanti.
Il nebbiolo, come il gaglioppo e l’aglianico, ha una vita praticamente infinita, sicuramente più lunga dell’eta media dell’uomo.
La bellezza di questo vino, oltre all’imtegrità, è stata proprio la paicevolezza: a cominciare dal naso, foglie di rosa secche, ciliegia sotto spirito, rimando di cenere, ancora buccia d’agrume, cannella. Un naso sicuramente dolce, insomma, a cui fa da contraltare una beva secca, essenziale, molto fine grazie agli straordinari tannini di questa uva che ne sono croce e delizia come per tutte le grandi uve da invecchiamento italiane. Colpisce l’assenza di ogni nota ossidativa, non c’è stanchezza, nè al colore, tanto meno al naso e in bocca: si tratta di un rosso pieno di energia e soprattutto dotato di una freschezza infinita, piacevole, che rende possibile la conservazione e la beva.
Una bella esperienza, insomma, fatta con una bottiglia che né il produttore, tantomeno chi l’ha comprata, pensava sarebbe finita in una tavola a Pompei dopo 40 anni.
Ma il bello del vino, il suo fascino inesauribile, è proprio questa possibilità di viaggiare nel tempo della memoria oltre che nello spazio senza confini.
E il Barbaresco, nota personale opinabilissima, continua per me ad essere l’espressione più vicina ai miei gusti delle Langhe.
www.brunogiacosa.it
Foto di Dora Sorrentino
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