Tutto il mondo web è rimasto affascinato dallo scontro fra Errico Porzio e Barbara Gambatesa, una tempesta perfetta nel mondo gastronomico in cui è sempre più difficile fare chiarezza e distinguere i ruoli.
Devo ammettere che vivendo la maggior parte della mia giornata nel mondo reale la questione mi era completamente sfuggita, ma la storia di 20 euro è diventata talmente pop che alla fine mi è arrivata anche da persone normali e sono andato a verificare. Sul piano formale, ma anche sostanziale, non vi è dubbio che Errico Porzio abbia ragione. Se vogliamo fare un paragone comprensibile anche alla nostra generazione boomer, è un po’ come se un giornale pubblicasse una pagina di pubblicità senza contratto e poi andasse a chiedere il conto. Insomma, se la cosa andasse davanti a un giudice di Pace non ci sarebbe dubbio sul fatto che nulla potrebbe pretendere la Gambatesa.
Porzio non l’aveva chiamata!
Ma la cosa affascinante è stata la spiegazione che ha dato la stessa Gambatesa che rivela bene come ormai non esistono proprio più parametri regolatori. In effetti lei ha pensato che volevano i suoi servigi perché le hanno chiesto selfie e le hanno fatto una pizza dedicata. Questo cosa significa in realtà? Che le cose, la maggior parte delle volte, forse sempre, vanno proprio così: nulla di scritto, segnali lanciati e ricevuti, il tutto ovviamente ben lontani dal Fisco e da ogni tipo di controllo.
Quindi solo così si può capire perché l’influencer è rimasta così indispettita: dal suo punto di vista ha dato una prestazione pubblicitaria non retribuita. Perchè chi lavora con la pubblicità dovrebbe regalarla? Non fa una grinza.
La prima volta che ebbi avvisaglia che qualcosa stava cambiando fu quando Gennaro Esposito, circa 15 anni fa, rifiutò il pagamento a un notissimo blogger il quale per tutta risposta fece un bel post contro di lui dicendo che doveva solo cucinare paccheri. Nulla di nuovo sotto il sole dunque.
L’evoluzione del mercato pubblicitario ha dato poi ragione al blogger perchè quasi tutti i ristoranti più famosi hanno provato questo metodo di comunicazione in cui non si distingue il messaggio pubblicitario da quello redazionale.
Il ritardo della legge su pubblicità in web
In realtà il vero tema riguarda il pauroso ritardo su questi temi perchè si è fermi ancora ad una normativa che riguarda il mondo cartaceo e quello tv, un problema riproposto con forza dal nuovo direttore del Gambero Rosso Marco Mensurati in una intervista rilasciata a Lorenza Fumelli a proposito di una recensione garbata ma negativa a un tristellato italiano. Una cosa normalisisma che ha sollevato la solita ondata di protesta dei 50, 60 gastrofighetti che infestano questo mondo per darsi un ruolo (non un contegno) e magari scroccare. Indignati per lesa maestà. Un copione che noi di 50 Top Pizza conosciamo bene.. Nessuno, o pochi, ha capito che era un segnale di una linea che speriamo Mensurati riesca a conservare: la distinzione fra redazione e pubblicità.
In effetti la legge obbliga ad una netta e chiara separazione fra la elaborazione di uno scritto giornalistico da una pubblicità: deve essere ben chiaro al lettore, anche nella grafica, che si tratta di uno spazio preso a pagamento e non una elaborazione del redattore.
Sempre 15 anni fa alcuni posero il problema della regolamentazione di questa questione, nacque l’idea di una sorta di registro dei blog poprio come si fa con i giornali, ma è poi tramontata da un lato per l’alzata di scudi sul tema della libertà di espressione in internet (la strada dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni), dall’altro per l’esplodere del fenomeno social che è stata una eruzione sull’eruzione.
Questo sito è regolarmente registrato dal marzo 2010 come testata giornalistica ed è dunque condizionato dalla normativa vigente come tutti quelli che hanno scelto questa strada. Ecco perchè quando qualcuno parla di articoli a pagamento si vede arrivare subito una bella sfogliatella dal nostro studio legale. Ed è il motivo per cui abbiamo scelto questa strada perchè è l’unico modo per difenderci dalle calunnie.
La percezione comune degli sfigati è che tutto si paga, anche 50 Top Pizza!
Ma questo non risolve il problema a monte, perchè il punto vero è che la percezione, quel che conta di più nel senso comune del popolino ignorante o da chi ti odia, è che tutto quello che viene pubblicato qui e sui siti registrati sia comunque a pagamento e non una scelta redazionale. Un fenomeno accentuato nel mondo pizza che vive quasi esclusivamente di immagini e, siccome ci sono decine e decine di Gambatesa in giro, il ragionamento deduttivo è che se parliano di una pizzeria invece che di un’altra è solo perchè ha pagato. Nella ristorazione per fortuna non siamo a questo livello, ma ho paura che ci stiamo arrivando perchè la fame di cibo diminuisce ma tutti amano sniffare la droga del secolo, ossia la visibilità. Morti di Fama com dice il buon Roberto D’Agostino. O, per dirla con Luciano De Crescenzo: ‘A visibilità pure ‘o pappavallo l’adda pruvà!
Quando poi si aggiunge un carattere narcisista allora siamo al colmo. Ci sono persino ristoratori e un pizzaiolo che hanno cambiato non so quanti uffici stampa perché al momento, pagando decine di migliaia di euro l’anno, non sono stati in grado di inserirli nella Guida Michelin! Del resto sono sorte società che riescono a fare lobby per consentire ai ristoratori di scalare la mitica 50 Best restaurant alla modica cifra, si dice, di 60mila euro l’anno. E anche 50 Top Pizza è dunque rientrata in questa narrazione, quella che bisogna acquistare i prodotti degli sponsor per scalare la classifica. Quando qualcuno perde qualche posizione si aggancia a questa narrazione, naturalmente non in pubblico, ma come “rivelazione” all’ingenuotto di turno.
Basta studiare i tempi delle cose, ma capisco che nell’era della superficialità e delle prese di posizione a prescindere, è chiedere troppo.
L’approccio laico alla questione pubblicità e informazione
Tutto questo casino non ha che una soluzione.
Mettersi dalla parte del cliente e del lettore e legiferare in modo chiaro che quando un contenuto è a pagamento va esplicitato in modo forte e chiaro. Questo andrebbe anche a vantaggio di chi ormai fa questo per mestiere, ce ne sono bravissimi e popolarissimi, che hanno come concorrenti proprio quelli che giocano nell’ambiguità del ruolo. Per esempio essere uffici stampa e far parte delle guide, oppure rappresentare dei prodotti e fare recensioni.
Ma diciamocela tutta, anche se è una considerazione amara: sono pochi i pizzaioli e i ristoratori che apprezzano un giornalismo indipendente che non si può comprare come una pubblicità. Il reato di corruzione confina sempre con quello di concussione e spesso il corruttore e il concusso sono la faccia di una stessa medaglia.
Serve in poche parole una normativa chiara perchè, paradossolamente, alla fine tra qualche anno che davanti al Giudice di Pace le tesi della Gambatesa prevarranno su quelle di Porzio.
Il mondo al contrario.
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