Bar e miscelazione in Italia, Cinquanta Spirito Italiano, nei primi cento bar al mondo

Pubblicato in: Enoteche, Wine e Cocktail Bar
Alfonso Califano e Natale Palmieri

di Christian Cutino

Poche ore fa a Parigi si è svolta la premiazione di Top 500 bars dove è stata rivelata l’ultima parte della classifica, quella dei migliori 100 bar al mondo.
Tra le prime 500 posizioni una buona presenza italiana ma la nostra curiosità ci ha portati subito a porci una grande domanda: a che punto siamo in Italia nel mondo del bar e della miscelazione?
Abbiamo intervistato Alfonso Califano ed Emanuele Primavera, patron e bar supervisor di Cinquanta Spirito Italiano, quest’anno 92º bar al mondo, che ci hanno regalato un’ottima panoramica sull’argomento.

Come nasce Cinquanta Spirito Italiano?

L’idea di Cinquanta Spirito Italiano nasce da me e da Natale Palmieri, dal nostro desiderio di reinterpretare il bar all’italiana, simbolo della rinascita post-bellica e della “dolce vita”. Il bar all’italiana è un luogo che offre molto più di un semplice servizio: è aperto dalla colazione al caffè, passando per il pranzo veloce, l’aperitivo e fino agli amari e vermouth dopo cena. Volevamo immaginare come sarebbe oggi un bar all’italiana nato negli anni ’50. Il concetto che ci ha guidato è stato quello di creare una “piattaforma sociale”, un bar che non è solo un punto di consumo, ma un centro di aggregazione per la comunità. Ogni anno, la nostra drink list cambia, affrontando un tema specifico attraverso i cocktail, che vengono costruiti partendo dall’idea di comunicare un messaggio, piuttosto che da una semplice ricetta.

 

Qual è il tema della drink list di quest’anno?

Quest’anno la drink list si intitola Baropoli e il tema centrale è la connessione umana tra chi sta dietro il banco e chi è davanti. I mercati sono stati, sin dall’antichità, luoghi di scambio e connessione, e volevamo raccontare come queste dinamiche si riflettano anche nel contesto di un bar. La drink list racconta 15 storie da mercati di tutto il mondo, cercando di esprimere la fiducia e l’energia che nascono dallo scambio umano, che avviene sia tra venditore e acquirente che tra barman e cliente. È una drink list pop e matura, che abbiamo creato dopo anni di lavoro e che rispecchia una ricerca di profondità anche nelle preparazioni liquide.

 

Pensi che l’Italia sia pronta culturalmente a questo concetto di mixology?

Un padre italiano non conosce con quale bourbon vuole il suo old fashioned, un padre americano sì. Una nostra nonna non ti dirà mai qual è il suo gin preferito per il gin tonic, mentre a Londra le nonne escono regolarmente a bere il loro gin tonic e hanno il gin preferito. Questo perché l’Italia, rispetto a Paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, ha una cultura del cocktail ancora giovane. Gli italiani sono legati a tradizioni come lo spritz o il Negroni, che però sono più delle abitudini di servizio di liquidi creati in Italia, come il bitter o il vermouth, piuttosto che della mixology come arte. In Italia, la cultura del cocktail si sta sviluppando soprattutto grazie alla nuova generazione, che ha iniziato a esplorare il mondo della miscelazione con maggiore consapevolezza. La diffusione di informazioni tramite internet ha reso più facile per i consumatori avvicinarsi a questo mondo. Se guardiamo al bar più riconosciuto in Campania, ha solo 10 anni, mentre a Milano il Rita, uno dei locali più noti, ha appena 20 anni. Nonostante la mixology sia ancora giovane in Italia, la crescita è evidente, e l’influenza di figure che tornano dall’estero sta spingendo la scena in una direzione interessante.

Pensi siano cambiate le abitudini di consumo dei vostri clienti?

Sì, le abitudini sono sicuramente cambiate. In un’epoca di globalizzazione e di informazione rapida, anche chi non ha una lunga esperienza nel mondo del cocktail può avvicinarsi a noi con una certa preparazione. I nostri clienti arrivano per i classici, che rappresentano la loro comfort zone, ma sono anche molto aperti a provare nuove proposte. Questo è un aspetto fondamentale per noi: non vogliamo essere solo un bar che serve drink, ma un luogo dove il cliente può scoprire nuove esperienze. La fiducia che abbiamo costruito con i nostri clienti ci permette di presentar loro proposte più originali, che spesso apprezzano e con cui sono disposti a confrontarsi.

Il pairing cocktail-cibo è ancora parte del futuro in Italia?

Alfonso Califano: Se dobbiamo essere onesti, il pairing cibo-cocktail in Italia è ancora un concetto in fase di sviluppo. Non è un prodotto che ha un mercato consolidato e non è una cosa che viene fatta regolarmente. Le strutture riconosciute dal punto di vista gastronomico non hanno una figura dedicata al drink che possa abbinare e unire le due anime. Tuttavia, ci sono dei tentativi in corso, e noi siamo sicuramente tra quelli. L’esercizio che stiamo facendo è pensare ai drink in funzione dei piatti, avendo consapevolezza del tenore alcolico e del volume che si sta bevendo. A differenza del pairing vino-cibo poi, dove il vino non può essere alterato, noi possiamo controllare il bilanciamento del cocktail e lavorare insieme allo chef per creare piatti che si abbinino al drink, oppure far finire un piatto come il drink inizia, e viceversa. L’idea è creare una degustazione equilibrata, dove il cocktail è pensato per completare e bilanciare i sapori del piatto, anche a discapito dello stesso equilibrio del cocktail, per garantire un’esperienza che sia perfettamente integrata.

 

Qual è la vostra filosofia nella selezione delle materie prime?

Emanuele Primavera: La nostra filosofia si basa sull’uso di materie prime stagionali e di alta qualità. Prediligiamo una miscelazione minimale, con l’uso di pochi ingredienti, che ci permette di valorizzare la materia prima ed equilibrare sapori netti e decisi. Cerchiamo sempre di utilizzare ingredienti freschi, che acquistiamo nel loro periodo di massimo sviluppo, per garantire la massima espressione di gusto. La stagionalità è fondamentale anche per la creazione dei nostri cocktail, che vengono pensati per durare durante tutto l’anno. Utilizziamo tecniche per preservare i prodottiacquistati al loro zenit
di gusto e sfruttarli al meglio, senza sprechi, continuando a riutilizzare gli ingredienti in modo creativo. L’idea è rispettare la natura e lavorare con prodotti locali e sostenibili, in modo da offrire sempre un’esperienza di qualità.

Cosa significa per voi rientrare tra i migliori 100 bar al mondo?

Alfonso Califano: Entrare nella lista dei Top 500 bar del mondo alla 92ª posizione è un riconoscimento incredibile, soprattutto considerando le difficoltà che abbiamo affrontato, come l’apertura durante la pandemia. Questo risultato è la prova che il nostro approccio, che ha un forte legame con l’ospitalità e la qualità del servizio, è stato apprezzato. Siamo molto orgogliosi del nostro team Under 30, giovane e qualificato, che è la vera forza di Cinquanta. Questo riconoscimento ci spinge a continuare su questa strada, con l’ambizione di crescere ulteriormente. Infatti, stiamo già lavorando su nuove iniziative che non riguardano solo il bar: il nostro obiettivo è avere un impatto a 360° nel settore del beverage.

 


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