Non è nostra abitudine entrare nel merito delle scelte fatte da altri o in polemica, nonostante molti abbiano l’abitudine consolidata di farlo con noi. Alla fine parlano i fatti e a noi bastano.
Ma non posso resistere oltre, dopo essermi trattenuto un po’ proprio per rispetto del lavoro altrui, dal prendere le distanze siderali da una scelta del genere.
Avocado, Kiwi e Coriandolo di Carlo Cracco come piatto dell’anno a Identità Golose? E’ questo il messaggio che la cucina italiana deve lanciare a se stessa e, soprattutto, quando va all’estero? Solo perchè siamo diventati il primo produttore di kiwi e abbiamo sposato anche l’avocado?
Da qui parte una riflessione un po’ più vasta e larga: il congresso ideato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni ha avuto indubbi meriti storici, lo abbiamo più volte riconosciuto, al punto da invitare lo stesso Paolo a tenere una testimonianza al mio corso sui media e i social nell’ambito di Scienze gastronomiche mediterranee alla Federico II.
Nasce, sulla scia di Madrid Fusion, dall’idea far presentare le nuove creazioni ai cuochi un po’ come gli stilisti presentano le loro, sempre a Milano.
Milano è la città più aperta d’Italia, l’unica non conservativa, è sempre pronta ad abbracciare le novità, salvo poi a mollarle subito se non sono valide.
Ma siamo davvero convinti che il nostro mestiere sia solo raccontare le novità, sino a ridurre tutto il mondo gastronomico alle novità, sempre più estetiche e astratte, sempre più manieristiche, instagrammabili, spingendo i cuochi ad abbandonare completamente le radici di partenza, sino a trasformare lo 0,2% del mondo stellato nell’unico mondo gastronomico possibile e delegando a Tripadvisor tutto il resto?
Non siamo passatisti, ci mancherebbe, ma neanche nuovisti e a tutti i costi. Una avanguardia, lo dice la parola stessa recitava una reclame di Carosello, è chi precede il resto dl gruppo, non quello che lo abbandona. L’avanguardia, in ogni campo, passa alla storia quando ha l’ambizione e la capacità, di creare una nuova tradizione, ha l’ambizione di governare l’intero processo artistico, letterario, gastronomico, stilistico, etc etc.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, ormai si è creato un vero e proprio ossimoro fra parte della critica gastronomica e la realtà vissuta tutti i giorni dai consumatori, dagli appassionati, e, ovviamente, dai produttori di materie prime. Se il futuro è l’avogado o il kiwi che mia madre mangiava trent’anni fa contro la stitichezza, che dire della pasta o dell’olio che sono due identità italiane?
Ma soprattutto, siamo convinti che il modo migliore per navigare nel mondo omologato e globalizzato sia dissolvere la propria identità, un po’ come sta facendo il Pd in via di disfacimento?
In un mondo ideale forse questi problemi non dovrebbero esistere, ma il fallimento del sogno liberale della globalizzazione, di un mercato che opera senza guerre militari e commerciali a prescindere dalle etnie e dalle statualità è pura utopia.
E in questo quadro cosa deve fare la ristorazione italiana? Dissolversi in mode che vanno e che vengono, essere solo inclusiva di esoticità, sino al suo stesso stravolgimento? Che messaggio diamo ai giovani cuochi? L’astrattismo come futuro a tavola? Per forza che questi ristoranti restano vuoti!
Non mi pare che i ristoratori italiani all’estero vadano in questa direzione e anche la cucina più fusion di livello eccelso come quella di Aalto a Milano, include per valorizzare le radici, non per reciderle.
Naturalmente ognuno è padrone in casa propria, ma secondo noi quando si inizia a leggere il mondo con lenti ideologiche si finisce per perdere la capacità di leggere la realtà, come già si è dimostrato con il mondo pizza, incapace di essere raccontato da chi voleva applicare questi protocolli gastronomici di elite e per ricchi, che finiscono per raccontare i personaggi ma non il fenomeno, non il settore.
Non è questo distacco dalla realtà della gente normale una delle cause della progressiva perdita di potere di parte della critica gastronomica in Italia?
Dunque, io vi offro il mio piatto identitario :-)
Pasta, legumi, mare firmato da un ragazzo che ha fatto il capopartita ai primi da Antonino Cannavacciuolo e che ora lavora a Palermo ai Giardini del Massimo.
Vegetale e compatibilità ambientale, sapere italiano riconosciuto in tutto il mondo. What Else?
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