Artigiani del gusto: i fichi di Augusto Mansi a Ravello

Pubblicato in: Le conserve
Casa di Augusto Mansi, fichi

di Francesca Faratro
Ci si prepara alle festività natalizie con molto anticipo, specialmente se a caratterizzare i giorni lieti, sono quei prodotti che il Natale lo fanno per davvero.
Preparazioni semplici ed antiche che il più delle volte si iniziano in estate per esser poi consumate nel mese di dicembre, sulle tavole imbandite nei momenti di convivialità fra parenti ed amici.
In Campania, un po’ ovunque, si preparano i fichi secchi, ripieni o meno, dal Cilento all’Irpinia, fino alla Costa d’Amalfi. E’ una ricetta questa che racchiude l’essenza del Sud e allo stesso tempo ne denota le diverse aree di provenienza a seconda dei diversi procedimenti e delle varie imbottiture che si scelgono.

Ci siamo recati a Ravello, a casa di Augusto Mansi, uno che di fichi secchi ne prepara da una vita, apportando di anno in anno, sempre i soliti trucchi ma specialmente mettendoci il cuore e la passione.
Il processo è lungo, attraversa le stagioni unendole nei profumi, nei colori, in una sintesi perfetta. A Natale si sente un po’ di estate e ad agosto invece, sognatori davanti al camino acceso.
La complessità della conservazione e la cura che occorre per preparare questo delizioso prodotto, smentisce tutta la semplicità che si riconduce al modo con il quale si chiama questo tipo di frutta secca.

E’ la “sprucculiata”, una catena di fichi bianchi essiccati e impilati su cannette di bambù, secondo un preciso meccanismo che richiede il rispetto del clima e dei mesi, un vero e proprio lavoro sempre meno conosciuto e praticato.

“E’ il procedimento che vedevo fare ai miei suoceri nella loro casa nel borgo di Torello” – racconta Augusto Mansi (ristoratore e albergatore da più generazioni a Ravello) – “Sin da ragazzino ho sempre avuto la passione per i prodotti della terra e per le tradizioni. La mia casa  è diventata con il tempo il nostro laboratorio, dove ritrovarsi tutti insieme e coltivare le passioni e per fortuna, lo è ancora”.
Perché quello di Augusto è un vero rito che si tramanda attraverso le generazioni in una ricetta casalinga che non ha nulla a che vedere con i sapori omologati dei processi industriali.

Il primo passo della “sprucculiata” è raccogliere i frutti in piena estate, da piante localizzate accanto ai limoneti delle terrazze di Ravello.
Con una precisione geometrica i fichi, quando ancora batte forte il sole, vengono “spaccati” a metà e messi a seccare, su tavole di legno.
Questo processo dura più giorni, avendo cura di esporli al sole di mattina, lasciandoli fino al tramonto, per evitare l’accumulo di umidità. Solo quando appariranno ben secchi, sarà possibile chiuderli e conservarli in un luogo al buio.
Nelle prime giornate d’autunno, soleggiate e ventose, i fichi secchi vengono messi a bollire velocemente in acqua, con un pugno di sale e un sacchetto di semi di finocchio, che siano rigorosamente di montagna, come raccomanda Augusto.

È un modo questo, per pulirli e renderli più chiari.

Si passa così a una seconda essiccatura durante il primo giorno di sole, seguita da una nuova chiusura.

“Se ci si mette cuore e passione – spiega Augusto – non è poi così difficile. Ci vuole solo molta pazienza e prontezza a intervenire sul procedimento a seconda del clima. Perché d’estate non è solo il momento della raccolta dei fichi. Bisogna preparare anche le noci che, seccate e sgusciate, serviranno ad imbottire i fichi, insieme a qualche scorzetta di mandarino. Dal giardino di casa vengono pure le canne, a loro volta essiccate, che vengono poi divise in listarelle sottili sopra le quali impilare i fichi a coppia baciata, separati da una foglia di alloro.

Si potrebbe anche ovviare prendendo dei lunghi bastoncini ma non è la stessa cosa. La tradizione va rispettata e ogni cosa, in natura, ha la sua funzione.”

Augusto svolge il suo lavoro con pazienza, aiutato da sua sorella Maria, impiegata a staccare le foglie dai rami di alloro e ad infilare, quasi come un gioco di mattoncini per bambini, i “panini” di fichi sulle cannette, “gli spruoccoli”, in gergo napoletano.

E’ il momento finale.
Tutto è pronto per l’inverno, i fichi e l’imbottitura pure. Ciò che resta dei mesi di Augusto trascorsi a seccare fichi, riempiendoli di noci e scorze di mandarino, è un tripudio di sapori.
Un boccone, un altro ancora. Il Natale potrà tardare ad arrivare, perché fino a quel giorno i fichi non possono aspettare!

 


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