Il profumo è ben più importante della vista quando il cervello è annebbiato dal desiderio o dalla fame. Il profumo è memoria, come ci ricorda la madeleine di Proust, può improvvisamente farti trovare in compagnia di qualcuno lontano nel tempo e nello spazio, ti segnala chi c’è anche se non c’è.
Il profumo della pizza è una delle cose più buone mai create dall’uomo. E’ quello che senti quando affamato entri in una pizzeria ancora oggi nonostante le norme spazzabatteri che hanno trasformato i luoghi del cibo in reparti ospedalieri. Quello di cui odorava Napoli una volta entrati in stazione quando c’erano i venditori di pizze che andavano avanti e indietro sui treni al posto degli attuali imbustato che sanno di plastica e che fanno di tutto il Paese un solo irrespirabile odore.
Il profumo della pizza mi ricorda mio padre quando decideva di andarle a comprare e le portava, una sull’altra, illuminando la cucina con un odore che sapeva di famiglia, calore, divertimento, da effetto camino.
Il profumo della pizza è quello che hai mangiato per la prima volta a tavola con una ragazza, e non ti disturbava il fatto che il suo odore che cercavi con il naso sparisse improvvisamente.
Il profumo della pizza è il sorriso che ognuno fa quando te la mettono davanti, ovunque tu sia, con chiunque tu sia.
IL PROFUMO DELLA PIZZA NON E’ IL PROFUMO DEL PANE.
Perchè il profuno della pizza non è pomodoro, più olio, più impasto e più mozzaella, ma è l’odore che nasce dalla fusione di questi elementi, con l’origano e l’aglio al posto del latticino se hai ordinato la marinara.
Oggi il profumo della pizza inizia a confondersi con quello del pane. Il motivo è che quello che sembra una evoluzione è in realtà una involuzione, un tornare indietro a prima del ‘700, quando nel censimento francese il mestiere di panettiere era già distinto da quello di pizzaiolo.
E’ la rivincita dei panettieri sui pizzaioli, come ha più volte dichiarato lo stesso Giorilli, teorico della biga.
Rovina il profumo della pizza l’uso della farina integrale, dannosa al gusto e utile per i panuozzi di Gragnano o per le pizze di campagna, quelle fatte con la salsa e non con il pomodoro fresco, oppure per le pizze al taglio e all’italiana.
Rovina il profumo della pizza la biga, l’attenzione esasperata all’impasto che fa dimenticare le altre componenti della pizza, quasi che la pizza sia solo un impasto ben lievitato.
Rovina il profumo della pizza l’approccio salutistico, che non pensa alla gola e alla pancia, ma al deretano come vero scopo di quel che si ingerisce.
Rovina il profumo della pizza chi vuole riportare l’arte del pizzaiolo a quella del panettiere, che vuole omologare la pizza napoletana agli altri stili, chi odia la biodiversità e non si siede a tavola con la gioia della condivisione ma con la preoccupazione di chi va dal dentista.
Rovina il profumo della pizza l’uso di mantra stupidi e medioevali, come quello del lievito madre, della farina integrale, della biga, dell’autolisi che nulla hanno a che fare con la pizza, buoni per altri tipi di lievitati. Per non parlare della puttanata omerica della farina macinata a pietra a cui solo i polli possono abboccare.
Rovina il profumo della pizza chi ha una visione omologante del cibo e che pur di fare affari metterebbe in un campo di concentramento tutti gli artigiani della biodiversità.
Rovina il profumo della pizza il commercio di quei mulini che invece di adattarsi alla tradizione pretendono che la tradizione napoletana riconosciuta dall’Unesco si adegui ai loro prodotti. E che per far questo avvelenano l’ambiente.
Rovina il profumo della pizza ogni pizzaiolo napoletano apostata che rinuncia all’orgoglio delle proprie radici e della propria terra per raccogliere il plauso di chi non avendo tradizione deride la sua tradizione.
Il profumo della pizza non è il profumo del pane, perché il profumo di una donna non è quello dell’uomo.
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