Trattoria Da Rita
Via Miliscola 402/404
Arco Felice (Na)
Tel. +39.081. 866 52 71 – 39 + 339.25 14 997
Aperto sempre a pranzo; giovedì, venerdì, sabato anche a cena. Domenica solo a pranzo ( 12,00 – 15, 30; 19,00 – 23,30)
Chiuso: ferie mai. Chiusi 24, 25, 31 dicembre.15 agosto solo a pranzo
Carte di Credito Bancomat: no
I napoletani sono da sempre considerati gran mangiatori di pesce e popolo di pescatori. In città la zona una volta (oggi è rimasto ben poco) era quella di Santa Lucia con il famoso Borgo dei Pescatori. Spostandosi verso nord – ovest, attraversando il capo di Posillipo, Bagnoli ed il lungo mare di Pozzuoli, si arriva ad Arco Felice, nel cuore dei Campi Flegrei. Questa zona da secoli è sempre stata definita come luogo di villeggiatura e destinazione d’eccellenza per mangiare pesce fresco e ben cucinato. La storia racconta che il suo nome derivi dal vecchio Arco Felice, un’ampia porta all’antica città di Cuma, costruita dall’imperatore Domiziano, seppure essa non si trovi nelle immediate vicinanze della frazione abitata, oggi moderna e movimentata.
I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica; la parola “flegrei” deriva dal greco flègo che significa “brucio”, “ardo”. Nella zona sono tuttora riconoscibili almeno ventiquattro tra crateri ed edifici vulcanici, alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive (area della Solfatara) o idrotermali (ad Agnano, Pozzuoli, Lucrino), nonché, sono causa del fenomeno del bradisismo, fortemente riconoscibile per la sua entità nel passato nel cosiddetto tempio di Serapide a Pozzuoli.
In tutta la zona sono visibili importanti depositi di origine vulcanica come il Tufo Grigio Campano o, il Tufo giallo napoletano. Arco Felice è famosa perché si trova a poca distanza dal Lago d’Averno, considerato nell’antichità l’ingresso agli Inferi. Il lago d’Averno è indicato da Virgilio nell’Eneide come l’ingresso dell’Ade, il luogo in cui Enea ebbe accesso agli Inferi. L’identificazione tra il lago di Pozzuoli e la porta dell’inferno è data dalla sua origine: l’Averno, infatti, si è formato nella bocca di un vulcano che si è spento lentamente nel corso dei secoli.
A causa delle esalazioni sulfuree provenienti dal cratere, gli uccelli che sorvolavano l’Averno morivano all’istante e per questo motivo gli antichi lo chiamarono “Aornon” (luogo senza uccelli). E’ facile immaginare come Omero prima e Virgilio poi, abbiano visto in questo antico lago vulcanico, la porta di comunicazione tra il regno dei vivi e quello dei morti. Oggi il Lago D’Averno ha un aspetto meno infernale e molto più gradevole: è oasi protetta, con uno splendido giro lago con piante mediterranee e possibilità di praticare il “bird – watching” , oltre ad ospitare la bellissima Az. Agricola Mirabella con spettacolari vigneti storici. Nei pressi del lago si trova anche la grotta della Sibilla, che la leggenda vuole collegata all’Antro della Sibilla, posto nella zona di Cuma. Questa grotta, in realtà, fu scavata nel tufo per consentire il passaggio a piedi dei militari che arrivavano con le loro navi nel Portus Julius.
Alla grotta si accede accompagnati dall’ultimo discendente della famiglia che, da generazioni, si occupa di realizzare una sorta di suggestiva visita guidata, declamando fantastici racconti. In questo primo ambiente quello che è maggiormente di rilievo sono visibili alcuni simboli scolpiti sulle pareti (prima una croce ed una palma e, poi più avanti, un pesce e un fallo a testa in giù). A circa metà del percorso, sulla parete destra, un cunicolo in discesa piega con una curva verso sinistra, prosegue poi, con una lunga scalinata scolpita nel tufo e termina in un cunicolo allagato. Quasi alla fine del tratto percorribile della galleria (il prosieguo è completamente interrato), sempre sulla destra, una scala conduce ad ulteriori ambienti con modesti resti di affreschi e una sala terminale completamente allagata (si percorre su instabili tavole di legno). A questo punto la visita termina, a meno che, non ci si voglia infilare in due cunicoli con almeno un metro d’acqua sul fondo.
Riemersi alla luce, a circa 3- 4 km dal lago d’Averno, si erge il più recente vulcano, il “Monte Nuovo”, che è il vulcano più giovane d’Europa, venuto alla luce durante le eruzioni del 1538. La sua nascita ha dell’incredibile: osservatori dell’epoca affermano di aver visto nascere la montagna nel giro di soli due giorni. Le cronache raccontano che il 28 settembre 1538 il mare si ritirò per circa 400 metri, lasciando sulla spiaggia molti pesci, raccolti dalla popolazione come una benedizione divina. Nel giro di ventiquattro ore però, lo stesso dio che aveva regalato tanta abbondanza, scatenò l’apocalisse. La terra si squarciò, inghiottendo la cittadina medioevale di Tripergola e restituendo lapilli, lava e fanghi incandescenti. La quantità di materiale che venne fuori dal ventre della terra creò una nube che si dissolse soltanto dopo due giorni. Oggi il vulcano più giovane d’Europa è spento, e sulle sue pendici cresce una folta pineta e vegetazione mediterranea che accompagna i visitatori durante il giro turistico all’Oasi Naturale di Montenuovo.
Proprio ai piedi della salita d’accesso all’Oasi, su Via Miliscola, si trova la deliziosa trattoria marinaro – casereccia di Rita Iaquaniello. Il nome, nella mente dei più, soprattutto al di fuori dei Campi Flegrei, può non accendere nessuna lampadina. In realtà, stiamo parlando di una delle famiglie storiche della ristorazione, soprattutto di mare, della zona. Il fratello di Rita, Gervasio, ha aperto il noto locale a Bacoli, distante circa 10 km da Arco Felice, quasi 40 anni fa.
Rita coltiva la passione per la cucina da oltre trent’anni, terminata la scuola dell’obbligo, si infila rapidamente dietro la giubba da chef del fratello e vi resta per più di vent’anni, apprendendo tutti i segreti del mestiere, modi di cucinare le diverse tipologie di pesce, tempi di cottura e tanti piccoli segreti. Superata la soglia degli “anta” Rita, che aveva in mente il progetto già da un po’, insieme al marito Luigi, apre la classica trattoria dedicata alla cucina di casa, di mare e di terra, leggermente più spostata, com’è naturale, vista la posizione, verso il primo. Il locale ha una veranda esterna, aperta d’estate e chiusa d’inverno e una saletta interna per un totale di circa 50 coperti.
La conduzione è quasi del tutto familiare, tra figli, nipoti, il supporto del marito Luigi che è proprietario di uno dei negozi di frutta e verdura più quotati della zona per qualità e provenienza quasi a km zero. Ai fornelli con Rita, c’è Gennaro Russo, classe 1976, mano leggera, tradizionale e versatile. Rita si muove in cucina come se ci fosse nata, gesti sicuri, eleganti, pronta a mettere in riga chi non marcia diritto. In sala l’insostituibile Alberto con occhi e orecchie dappertutto. L’arredamento è rustico, tutto in legno, compresa la pala a soffitto che sostituisce egregiamente il condizionatore; classica tovaglia a quadretti, un filo più eleganti rispetto a quelle che si vedono in giro. Il servizio è molto curato, semplice e fine hotellerie in bianco, su richiesta bicchieri professionali da vino. Stavolta cominciamo dal vino, siamo nei Campi Flegrei, la terra di Piedirosso e Falanghina, qui si serve il vino di un parente, una piccola cantina che produce le due tipologie molto correttamente, senza picchi, ma, anche senza difetti. D’estate, la falanghina viene servita nelle tradizionali caraffe con la percoca napoletana, una delizia, il bello viene alla fine quando tutti fanno a gara a tirar fuori dalla caraffa le percoche alla falanghina! Beh passiamo a tavola: il menù è giornaliero, in base alla stagione e alla qualità. In media ci sono cinque o sei antipasti, altrettanti primi piatti, d’estate un po’ più in versione mare, una decina di secondi, stessa percentuale dei primi, frutta e verdura, ovviamente freschissime, scelte dal banco del marito Luigi e due o, tre dessert fatti in casa.
Il pane è come sempre la prima pietanza ( sì perché il pane è un alimento anche da solo) alla quale mi interesso.
Questo viene da via “Scalandrone” una fantastica panoramica che congiunge la via Domiziana con il lido di Lucrino, offrendo un panorama mozzafiato sul lago d’Averno, su quello di Lucrino, sul golfo di Pozzuoli da un lato, mentre dall’altro, domina il lago Fusaro, l’isola d’Ischia e nelle terse giornate invernali, lo sguardo arriva fino a Ventotene e Ponza.
La cucina è praticamente a vista, tutto, o quasi (sughi invernali: ragù, genovese, dessert ecc) tutto viene preparato al momento: l’antipasto è irresistibile, classico di Napoli e provincia, con qualche appetitoso guizzo dello chef in seconda, Gennaro Russo. La serie arriva in paranza: Polpo all’insalata condito al momento con pepe macinato fresco, deliziose bruschette con pomodorini, pane ancora caldo tostato al punto giusto e basilico, il “ciurillo” (fiore di zucca) farcito di delicata ricotta e fritto in pastella, insieme alle pizzelle di pasta cresciuta.
Due fuori serie: gamberi alla catalana e polpo e patate. Praticamente dopo gli antipasti siamo già knock out. :-)
I primi invernali sono i classici napoletani: ragù, genovese, gattò di patate, pasta e cavoli, rigatoni lardiati, mentre, alcune minestre, tipo pasta e fagioli, a solo, o con le cozze, pasta e patate con la provola vengono proposte anche in estate, ma, i fagioli invernali vengono sostituiti da freschissimi “spollichini”. Naturalmente questa è la stagione dei primi di mare, allora ecco arrivare profumatissime linguine ai frutti di mare, appena rosé, paccheri al coccio, o gamberoni, risotto alla pescatora, pasta al pomodoro fresco e basilico per grandi e piccini, per i quali è pronto un romantico seggiolone in legno.
Assaggio le linguine ai frutti di mare, non esagero: rasentano la perfezione, c’è il giusto equilibrio nell’emulsione di acqua di cottura e olio, sapido al punto giusto, non una goccia di grasso superfluo, il piatto è succulento e la pasta perfettamente al dente.
Mentre assaggio le linguine, passano in sequenza due piatti magnifici: paccheri al coccio (gallinella o cappone imperiale) e paccheri ai gamberoni.
I secondi di carne d’estate praticamente scompaiono, per riapparire verso settembre: polpette fritte o, al sugo, bistecca ai ferri, carne di ragù e genovese, salsicce e friarielli, spezzatino e patate. Vanno invece alla grande mozzarella e latticini che arrivano dall’agro aversano. I contorni sono i “must” della tradizione partenopea: parmigiana di melanzane, zucchine alla scapece, peperoncini verdi fritti al pomodoro, insalata di patate, cipolle, pomodori e olive, scarole, friarielli in inverno e freschissime insalate miste o di pomodori d’estate.
Sul versante mare, c’è solo l’imbarazzo della scelta, ovviamente in base al pescato che Luigi e Gennaro vanno a scegliere al mercato ittico di Pozzuoli: frittura di paranza, gamberoni, calamari, pesci pregiati al peso da preparare al forno, all’acqua pazza o, ala griglia. Ancora, stocco e baccalà, pesce spada, sauté di vongole e l’immancabile ‘mpepata di cozze.
I dolci sono di casa: panna cotta in vari gusti, torta caprese, e poi il classico casatiello dolce, comune a Bacoli, paese d’origine di Rita e Monte di Procida.
Veniamo alle note dolenti, si fa per dire: in zona flegrea, si sa, i buoni ristoranti e trattorie con cucina di mare sono difficili da individuare (ce ne sono in quantità sterminata a partire dal lungomare di Pozzuoli, fino a Bacoli e oltre, senza soluzione di continuità e, spesso, sono piuttosto cari. Udite, udite: qui con 25,00 – 28,00 euro mangerete a base di pesce, incluso dessert, più che discreti falanghina o, piedirosso imbottigliati e caffè fatto con la moka al momento. Scendendo nei particolari, l’antipasto completo costa 8,00 euro, i primi variano dai 6,00 ai 10,00, i secondi anche di pesce, circa 6,00 -8,00 euro, quelli più pregiati costano 12,00 euro. I contorni sono tutti a 2,00 euro, per i dolci 3,00 euro. Per il vino spenderete 6,00 per la bottiglia intera, 3,00 per la caraffa da mezzolitro.
Ma, vi sfido a scoprire un altro locale in questa zona dove si mangi freschissimo pesce a questi prezzi, inclusi la simpatia di Rita and family, il sincero clima conviviale e la naturale capacità di far sentire i clienti come in casa propria.
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