ARCHIDERO
Uva: magliocco, iuvarella, guarnaccia, malvasia nera, verdana
Fascia di prezzo: non in vendita
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Il rosso di Pinuccio Alia, ovvero della capacità dei buoni ristoratori di rapportarsi al mitico vino della casa
Chi ci segue lo sa: cerchiamo di proporre vini che ci piacciono ma che siano soprattutto reperibili sul mercato o comunque meta di un viaggio alla scoperta di aziende minori. In questo caso c’è una bottiglia che non ha ancora subito la cosiddetta mercificazione marxiana del prodotto, ossia non ha un prezzo, perché è il vino che Pinuccio Alia serve con molto orgoglio alla sua mensa. Un tempo le trattorie avevano il loro vino della casa, ossia un contadino fornitore, o anche un mediatore di fiducia. Poi il vino della casa è diventato sinonimo di bassa qualità, soprattutto dopo che molti ristoratori di corte vedute hanno venduto nelle brocche ciò che spillavano dai brick mentre trattorie e ristoranti di qualità si orientavano su marchi e vini di pregio, sino al paradosso che il bere costava quasi quanto un pranzo se non di più. Ecco, questo è un tema che piacerebbe a Bonilli, la sensazione è che la crisi stia riequilibrando il rapporto tra il bere e il mangiare, ma su un livello diverso, almeno quando si parla di qualità. Ossia il "vino della casa" non può non tenere conto di quanto è successo negli ultimi venti anni in Italia. Ed è così che alcuni ristoratori lungimiranti stanno proponendo qualcosa di nuovo, ossia un bere capace di esprimere sentimenti senza per questo mortificare il portafoglio. Un po’ come qualcuno ha fatto con l’olio, a cominciare da Alfonso Iaccarino. Pinuccio ha una vigna alta in quel di Castrovillari, freddo del Pollino e venti del Tirrreno, pensate ad Altomonte: un giorno si trovano a passare Nicodemo Librandi e Donato Lanati: la vigna piace, le uve pure. Prima si vendono, il secondo anno si vinificano con il marchio dell’azienda agricola. Bene, vi chiederete, quale filosofia c’è dietro questo bere? Molto semplice, quella della ristorazione di mestiere. Pinuccio non pensa di offrirvi il vino della vostra vita, sa bene che in Italia, e anche in Calabria, si produce di tutto e di più, vi propone allora un vino da accompagnamento, molto bevibile e godibile, alcuni direbbere digeribile. Siamo sui 13 gradi, l’impostazione è quella dell’uvaggio contadino, scopri la Calabria con il sottobosco del Magliocco ben poi evidenziato con il passito di Ceraudo in cui hanno creduto gli amici dell’Espresso. Poi in bocca la cupezza olfattiva diventa allegria, il bicchiere si vuota, si riempe, si vuota. La morbidezza iniziale viene poi resa interessante dalla freschezza in cui si ammaglia il frutto, ciliegia piena, la conclusione è lunga, intensa, lascia il palato pulito. L’idea è dunque di farvi bere senza appesantire il conto, ma al tempo stesso senza incidere troppo sui costi, garantendo il giusto equiibrio tra l’emozione di sentire il profumo del Pollino e al tempo stesso di accompagnare i piatto in modo spensierato e professionale. Quello che definisco un vino operaio, laborioso, serio e ricco di buoni sentimenti. Per provarlo dovete venire qui. Il 2005 è strepitoso, il 2006 privilegia l’acidità dell’annata, il 2007 vedremo. Ecco il bello della crisi, rimettere in fila i valori, restituire il senso della misura, dare peso all’esperienza e alla capacità dei ristoratori di capire al volo le nuove e difficili esigenze della clientela. Sì, la moneta non circola, ma le grandi invenzioni nascono quando c’è difficoltà e si soffre, non quando si sciala. Bravo Pinuccio.
Sede: Locanda di Alia, Castrovillari. Calabria
Bottiglie prodotte: 1.000
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