Via dei Due Principati, 40, 84081 Baronissi SA
tel. 089 954740
www.pensandoate.it
Ha compiuto da poco quarant’anni ed è nel pieno della maturità professionale. Già perché nel mestiere di cuoco tutto inizia anche a 15 anni come nel caso di Cracco e a trent’anni si sa se sarai un asso blandito dalla critica o se invece sarai un solido cuoco di mestiere al servizio del cliente con il locale frequentato non solo da blogger che fotografano per mangiare like o da uffici stampa che ti promettono like su Facebook.
Antonio Petrone appartiene alla seconda categoria: buona tecnica appresa durante una lunga gavetta iniziata a 20 anni da Enrico Derflingher all’Eden di Roma, grande caposcuola e oggi presidente di Euro Toques, e poi proseguita in diverse cucine tra cui Antonio Guida, Luca Mazzola, Nino Di Costanzo, Andrea Migliaccio, Daniele Usai, Roberto Allocca.
«Dopo tutto questo girovagare a 32 anni decisi che da sous chef era giunta anche per me l’ora di mettermi in gioco, ma invece di propormi come chef in qualche struttura ho pensato di investire su me stesso e sul territorio dove sono cresciuto ed insieme a mia moglie Imma e mia cognata Lucia sfruttando appieno il nostro bagaglio di esperienze abbiamo deciso di fermarci nella nostra terra e di aprire il primo agosto il ristorante Pensando a Te ad Acquamela di Baronissi a soli tre chilometri da Salerno».
Pensando a Te. Ma a chi? «Il nome e il logo racchiudono un po’ quello che era il sogno di quando facevo gavetta e il mio pensiero della gastronomia, la passione e l’amore per il territorio la tradizione e la materia prima e una cura verso il cliente sempre maggiore, Pensando a Te e rivolto proprio a questi ultimi, clienti, passione e territorio».
In questo locale la tecnica è al servizio delle idee, non è pura esibizione. La clientela trova piatti solidi, di buon sapore, c’è tanto studio per la materia prima, l’approvvigionamento di prodotti freschi. La carta dei vini è colta, non cafona: parte dalla Campania, il territorio più ricco di gastronomia e ha belle etichette in Italia e Francia. Non è un locale per sboroni anni ‘80, yuppies in pensione, critici dell’avanguardia, ma per il popolo che vuole mangiare bene, ritrovare i sapori usciti dalle case e gustarli impreziositi dalla tecnica.
«All’inizio -ricorda Antonio – nei primi mesi di vita della nostra attività è stata veramente dura, la nostra voglia di fare esperienza e di realizzare un ristorante a casa nostra, sul territorio dove eravamo cresciuti, era fortissima, e ciò ci ha spinti anche a fare qualche debito iniziale, che poi con la tenacia e la voglia di fare, abbiamo ripianato. Poi il nostro modo di fare ristorazione piaceva, semplice, verace, con qualche tecnica ma senza strafare, cucina nuda e pura, fatta bene con i giusti ingredienti, ricerca di piccoli produttori, e pescatori, piaceva e piace al cliente; è bello ritrovarsi dopo sette anni, con clienti ormai amici e parlare e ricordare gli inizi. La cosa più importante resta e sarà sempre la soddisfazione del cliente, cucinare bene, e cucinare per il cliente dovrebbe essere la prerogativa di ogni cuoco, le nostre attività si reggono grazie a loro».
Altro che like su Facebook, uffici stampa, pr e balle varie: «Quello che non condivido e che tutti vogliono essere Niko Romito, Massimo Bottura, Gennaro Esposito, tanti tanti tanti che emulano o scopiazzano, senza avere un identità di cucina, senza afferrare che i grandi chef sono esemplari unici e rari, hanno una loro personalità culinaria e non ce ne potranno essere altri. Ognuno di loro ha tracciato il proprio solco negli anni e ci ha creduto, e così dovrebbe fare un cuoco oggi: credere in qualcosa rendere la propria cucina e portarlo avanti nel tempo, con sacrifici e dedizione, e smettere di emulare, ma lavorando seriamente con studio e sapienza».
Bravo Antonio, siamo stanchi di finti fenomeni, a noi interessa raccontare dove va davvero la gente a mangiare. Chi riempe i ristoranti e non chi sceglie i prodotti con la speranza di andare sul palco di un congresso o in tv.
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