di Emanuela Sorrentino
Il «vocabolario» degli impasti si è arricchito da qualche tempo di nuovi termini entrati nell’uso comune, come poolish e biga. Parole che segnano l’evoluzione della tecnica, fatta anzitutto di studio e sperimentazione, ma anche di novità e diversità. Gli impasti dicevamo, alla cui base ci sono le farine. Di questa innovazione è profondo conoscitore, assieme a chef e pizzaioli, l’imprenditore Antimo Caputo, amministratore delegato di Mulino Caputo.
Cosa sta accadendo?
«Possiamo dire che siamo di fronte ad un momento storico per gli impasti. C’è una grande scuola di cucina che trae spunto dalle conoscenze del Nord Europa».
E quale è il risultato?
«Nuove tecniche di panificazione, evoluzione per pizza ma anche per dolci. Abbiamo assorbito, sperimentato, personalizzato e adattato la tecnica dei prefermenti, sia quella biga che la poolish, che donano impasti sempre più leggeri e digeribili».
C’è un cambiamento anche per gli ingredienti che vanno ad arricchire pizze e dolci?
«Certo. Prima la pizza era solo margherita, il panettone era solo con i canditi. Ora invece ci sono le buonissime verdure e la frutta nostrana che vanno a valorizzare rispettivamente pizza al taglio o i panettoni. Il topping fa la sua parte, penso ai panettoni con i fichi del Cilento o con l’albicocca pellecchiella del Vesuvio».
Tornando alla pizza, come è questa che possiamo definire “contemporanea”?
«Il cornicione rispetto a quello tradizionale è “svuotato”, ha una alveolatura molto particolare dovuta ai prefermenti, ma ha anche la giusta croccantezza. La pizza che si definisce a metro, alla pala, in teglia assomiglia a una focaccia. L’impasto ha una elevata idratazione e si dà importanza a ciò che si mette su».
Insomma, un altro concetto di pizza?
«Nuovo rispetto alla tradizione. Uno stile che si affianca alla pizza che conosciamo che ha ottenuto – grazie all’impegno di enti, associazioni, addetti ai lavori e istituzioni – i riconoscimenti Stg e Unesco, una pizza che è senza dubbio altro rispetto alla tradizionale per accontentare i gusti di un pubblico diverso che ricerca il “crunch”, letteralmente lo “scricchiolio”, quindi l’impasto croccante».
Cosa cambia per gli imprenditori che producono materie prime?
«Ci siamo adeguati. Come Mulino Caputo abbiamo dato vita alla farina Nuvola che si adatta a queste nuove tecniche. La Nuvola e la Nuvola Super, accomunate sempre dalla macinazione lenta e dall’utilizzo di grani delicati 100% naturali: la prima è adatta per i tempi di lievitazione medi, contiene il 12,5% di proteine mentre la Nuvola Super è idonea per tempi più lunghi. D’altronde la farina è il “buon cibo” che si dà ai lieviti ed è una buona struttura proteica per il loro mantenimento».
E per chef, panificatori, pasticcieri cosa è cambiato?
«C’è una nuova generazione di addetti ai lavori che ha studiato e propone questi impasti così come i condimenti da mettere sopra. D’altronde in passato è stato uno chef stellato, Gennaro Esposito, a soffermarsi con i pizzaioli sull’importanza degli ingredienti da mettere sulla pizza, poi con lo chef anche lui stellato Niko Romito si è approfondito il tema della panificazione».
Tornando al prodotto Nuvola, come ci siete arrivati ?
«Abbiamo un laboratorio permanente di impasti, con forni a legna ed elettrici. Ci sono voluti ben sei mesi di lavoro, con i maestri pizzaioli Gino e Toto Sorbillo e il giovane Vincenzo Iannucci ma le novità non sono finite: a breve presenteremo uno speciale lievito italiano di Mulino Caputo. Tornando al lavoro di squadra, l’impegno è stato essenziale, perché anche la scelta del “condimento” che si adatta a questo impasto leggero e croccante, a una tipologia di pizza-focaccia quindi che viene mangiata a volte a spicchi e il consumatore ne assaggia di diversi gusti, è importante».
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