Antimo Caputo: basta fake news sul grano!

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Antimo Caputo

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«Ci piace organizzare il Capodanno del Mugnaio perché dobbiamo incentivare la coltivazione di grano tenero in Italia. Il nostro progetto di Grano Nostrum comprende la bellezza di tremila ettari sparsi fra Campania, Molise, Lazio e Basilicata e ne siamo fieri, ma abbiamo difficoltà ad estenderlo.»
Per quale motivo?
«A causa al rialzo dei prezzi del grano duro avvenuto lo scorso anno, basti pensare che il tenero si aggira sui 300-310 euro a tonnellata mentre il duro ha superato quota 450. Per fortuna quest’anno il governo è intervenuto per sostenere gli agricoltori ma è chiaro che anche in agricoltura la produzione si sposta là dove le prospettive di reddito sono migliori».

Una prima curiosità riguarda il peso del grano come arma politica ussata durante la guerra in corso fra Russia e Ucraina. Sono finiti gli effeti sui prezzi che abbiamo registrato due anni fa?
«Assolutamente si. Un po’ come è avvenuto con l’energia, ci siamo rivolti ad altri fornitori e da questo punto di vista il mercato europeo si è consolidato. Al momento non dipendiamo in alcun modo dall’area di guerra e la Russia sta usando il grano come arma politica per penetrare in Africa».

Seconda curiosità: perché dipendiamo per il 60% dalla produzione estera di tenero?
«Beh, avviene un po’ per la maggior parte dei prodotti italiani. Noi siamo sempre stati storicamente dei trasformatori di materie prime, pensare di diventare autosufficienti anche nella loro produzione non è realistico perché la domanda interna ed estera dei nostri prodotti è sempre più alta e noi non abbiamo le estensioni di terreno per potere arrivare ad essere autosufficienti sul piano nazionale. E’ più realistico pensare che lo possiamo diventare come sistema europeo con particolare riferimento a Romania, Bulgaria, Ungheria, Croazia».

Cosa impedisce all’Italia di crescere ancora come produttore?
«Il primo limite è il frazionamento della proprietà terriera. Il secondo è la diversità di qualità che rende poco facile ottenere un prodotto omogeneo. Quello che per il vino è un valore aggiunto, pensiamo alla differenza tra un Aglianico e un Piedirosso, nel nostro campo diventa un handicap perché per avere farine adatte è necessario un alto grado proteico e soprattutto una omogeneità di valori. Al di là delle ideologie e delle favolette commerciali, sarebbe opportuno selezionare una varietà e puntare su questa. Sono in corso studi e ricerche in collaborazione con il Dipartimento di Agraria a Portici in questa direzione».

Viviamo nel mito dei grani antichi, della biodiversità. Lei mi sta dicendo che bisognerebbe andare nella direzione opposta.
«Quello dei grani antichi è una fake news, semplicemente non esistono varietà antiche perché l’uomo interviene da sempre per migliorare le performance. Non significa fare gli stregoni, la qualità italiana è nel processo di trasformazione realizzato in maniera assolutamente naturale, ossia per via meccanica, senza aggiunta di chimica. Per realizzare questo prodotto è necessario un grano tenero di alto contenuto proteico e l’Italia, su questo versante, arranca rispetto ad altre produzioni, inutile nasconderci la verità. Poi, se dobbiamo fare poesia, ben venga. Come avviene per i vini naturali. L’industria ha sicuramente molte colpe da farsi perdonare, ma l’industria molitoria italiana nessuna, è una grande eccellenza che tutto il mondo ci invidia. Nessuno è capace di selezionare lavorare il grano tenero di tutto il mondo come facciamo noi».

Le farine americane da sempre sono un riferimento. Come mai?
“Proprio per l’alto contenuto proteico sono sempre state un esempio. I vecchi pizzaioli mischiavano le farine italiane con la manitoba proprio per questo. In questa fase storica la soluzione, come ho detto, resta quella di puntare sull’Europa e puntare sull’Italia in maniera determinata e scientifica, incentivando cioé la ricerca e, questo il messaggio che deve passare, uniformando le varietà per essere competitivi anche sulla qualità. Posso fare ancora un esempio con il vino? Bolgheri ha fatto conoscere il vino italiano nel mondo, ma lo ha fatto con le grandi uve internazionali presenti in tutto il mondo»-


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