di Raffaele Mosca
Jerzu è l’unica sottozona della DOC Cannonau di Sardegna con una vera rilevanza quantitativa: dal piccolo borgo dell’Ogliastra e i suoi dintorni proviene più o meno il 30% di tutta la produzione del rosso sardo par excellence. Eppure, viaggiando tra questi monti che salgono rapidamente e vertiginosamente da uno dei tratti di costa più belli dell’isola, le vigne si scorgono appena tra piante di lavanda e corbezzolo, rocce aguzze che sembrano guglie e macchie boschive. La frammentazione – della terra vitata come degli esseri umani – è la prerogativa di una zona, l’Ogliastra, dove la densità abitativa non supera le 30 anime per chilometro quadrato e la longevità incredibile di alcune persone ha molto a che fare con la presenza di un ecosistema più o meno inalterato.
I pezzetti di vigna sparsi qua i là sono riuniti sotto l’egida di Antichi Poderi Jerzu, la cantina sociale illuminata che ha consentito la sopravvivenza della viticoltura in zona nel corso dei decenni. Con 408 soci che gestiscono 500 ettari e più o meno un milione e mezzo di bottiglie commercializzate ogni anno, è uno dei giganti della regione, ma ha saputo intraprendere un discorso di diversificazione che l’ha portata a non essere la solita realtà sociale incentrata solo sui numeri. Un po’ come Santadi, la cooperativa dell’iglesiente rivoluzionata da Giacomo Tachis, Jerzu
si è avvalsa della collaborazione di un enologo importante, Franco Bernabei, noto soprattutto per aver firmato i vini di Felsina, Fontodi e Fattoria Selvapiana in Toscana. Fondamentale il suo contributo in un processo di razionalizzazione della produzione che ha pochi eguali al di fuori dell’Alto Adige: da un lato linee destinate alla grande distribuzione organizzata che fanno della semplicità abbinata a precisione tecnica il loro punto di forza e coprono circa il 50% dei volumi. Dall’altra una serie di vini ricavati da parcelle ritenute particolarmente vocate e dedicati esclusivamente alla ristorazione, tra i quali spicca il Cannonau di Sardegna Jerzu Riserva Josto Miglior, etichetta benchmark a livello regionale, generalmente contraddistinta da uno stile scuro e profondo, riflesso di suoli di matrice scistosa, in certi punti così pieni di lame di roccia da sembrare refrattari all’agricoltura.
I nuovi cru di Antichi Poderi Jerzu
L’evoluzione della produzione è proseguita negli anni, foraggiata da un cambiamento radicale sul fronte della reputazione. Uno studio di zonazione senza eguali in Sardegna, condotto con la scuola enologica di Conegliano, ha permesso di capire meglio il mosaico di parcelle che vanno da pochi metri sul mare ad oltre 800, con differenze non trascurabili anche sotto il profilo geologico. Da lì è venuta spontanea la decisione di allargare la gamma e introdurre nuovi Cannonau di punta legati non a singole vigne – perché sono troppe piccole e i numeri sarebbero insufficienti – ma da singoli areali tra i nove in cui il territorio è stato suddiviso. “ Mentre gli altri soci vengono pagati in base al grado babo, quelli coinvolti in questo progetto ricevono un tot a chilo e arrivano a prendere anche il 15-20% in più” spiega Franco Usai, direttore commerciale di Antichi Poderi Jerzu.
Una passeggiata tra i vigneti della zona non solo riempie l’anima di bellezza, ma permette anche di mettere meglio a fuoco le differenze tra i tre vini: c’è Is Baus, che proviene da una collina che fa da cerniera tra la vallata che discende verso il mare e quella più montana in cui sorge il paese. “ Lì la terra è più granitica e sabbiosa che scistosa” afferma Usai. Il risultato, nella prima annata in commercio del Cannonau di Sardegna Jerzu
Is Baus, ovvero la 2019, è un vino con un profumo cupo, fumoso e di spezie piccanti, ma che in bocca lascia emergere un lato più gentile, tra tannino già integrato, frutto che dá pienezza e un finale non articolatissimo, ma preciso, coerente, salino.
Cinquesse 2020 e Baccu S’ Alinu 2019 sono figli della stessa montagna subito a sud del paese: il primo origina dalle vigne nella parte più bassa, intorno a 400-450 metri. Molto espressivo al naso, tra toni terrosi, di susine nere ed erbe spontanee; il tannino è leggermente asciutto, smorza il frutto caldo e generoso e aiuta nell’accoppiata con il porceddu arrosto del rifugio d’Ogliastra, locanda che propone cucina tipica Ogliastra a sulle cime sopra Jerzu. Decisamente più delicato il Baccu s’Alinu 2019: da vigne che partono da circa 600 metri e arrivano a sfiorare la vedetta della guardia forestale a 830. “ Roccioso” è un’aggettivo che gli si addice molto: per l’austerità del naso timido sulle prime, sospeso tra drupe fresche, arancia amara e soffi di spezie scure; più snello dei precedenti al palato, ancora in fase di assestamento, ma dotato di energia trascinante, con finale lungo e raffinato, che strizza l’occhio ad espressioni di Grenache (ovvero l’equivalente internazionale del Cannonau) di altri territori d’elezione: per esempio Priorat in Catalogna.
Un futuro roseo
I tre vini esordienti hanno seguito un percorso in cantina più o meno identico allo Josto Miglior 2021, che si difende ugualmente bene: potente si, profondo e non troppo espansivo al naso, ma con equilibrio invidiabile tra potenza tannica e gentilezza del frutto, finale intrigante che ricorda un amaro erboristico. Con la nuova annata, però, ci sarà un cambio di passo netto da un punto di vista stilistico: le prossimi edizioni dei Cru stanno affinando in tonneaux e botti grandi di Garbellotto anziché in barrique. Abbiamo già assaggiato qualcosa da botte e le prime impressioni sono ottime: al passaggio da una filosofia produttiva cautamente “modernista” a una più o meno “barolista”, corrisponde un balzo in avanti sul fronte dell’eleganza, con profili che, già in questa fase, mettono insieme connotati mediterranei con una delicatezza aromatica quasi “nebbiolesca”.
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