Antica Pizzeria da Michele: al forno Emanuele Liguori, il più famoso pizzaiolo di Napoli che non ha neanche un like

Pubblicato in: Le pizzerie
Emanuele Liguori Primo pizzaiolo di Antica Pizzeria da Michele

di Tommaso Esposito

Quando Julia Roberts ha girato a Napoli Mangia Prega Ama ha mangiato la pizza nell’Antica Pizzeria da Michele in Via Sersale. E’ una delle scene più belle. Lei dichiara il suo amore incondizionato per la Margherita mentre sta seduta al tavolo di marmo insieme all’amica che l’accompagna in giro. C’è il vociare di fondo e la folla dei clienti. S’intravede il volto bonaccione di Antonio Condurro che fa pure lui la comparsa.
E dietro al bancone si intrecciano le mani del pizzaiolo che ammacca, stende, guarnisce e posa sulla pala le pizze. Sono quelle di Emanuele Liguori, cinquantaquattro anni. Sta qui da quando ne aveva quattordici.
Da quaranta anni, dunque, custodisce i segreti della pizza di Michele. Non l’ha mai conosciuto di persona. E’ stato accompagnato per mano da sua mamma e affidato a Salvatore Condurro che lo prese a cuore. Cominciò a fare il garzone, a servire tra i tavoli, a portare qualche Marinara, piegata e avvolta nel cartoccio, in giro nel quartiere. E poi un giorno, così per gioco, ha chiesto a Luigi Condurro, l’ultimo dei fratelli scomparso qualche anno fa: “ Me la fai fare una pizza”? Detto fatto e così, un poco alla volta, facendo palestra continua, da guaglione è diventato il primo pizzaiolo di una squadra numerosa fatta di aiutanti e fornai.
È una bella responsabilità governare quello che accade ogni giorno in questa pizzeria. Si comincia con gli impasti.

Più che la scienza per Emanuele vale la pratica e l’esperienza: ”Sì, sto ancora a guardare il cielo per capire che tempo fa prima di mettere insieme acqua, sale, lievito e farina. Impastare significa prevedere quello che accadrà. Se fa freddo è una cosa, se fa caldo un’altra”.

È artigianato puro, insomma. È maestria fatta soprattutto di umanità, di tradizioni che non segnano il passo, che non indietreggiano dinnanzi alle nuove tecniche. “Qui si fa la pizza come la faceva il primo Michele. E non mi pare che qualcuno se ne dispiaccia”. Ogni giorno, infatti, a pranzo come a cena, si fa la fila per entrare. C’è chi viene dal Giappone, ci sono turisti americani, francesi, tedeschi, cinesi che hanno tra le mani, a mo’ di breviario, la guida che li ha portati fin qua. L’attesa non è molta. Il giro tavoli è frequente e lascia appena il tempo per socializzare, per scambiarsi qualche parola. Da Michele non si non sforna altro che Marinara e Margherita. La scelta è obbligata.

Si può variare soltanto la dimensione del disco o la quantità del fiordilatte. La pizza doppia è quella che si è sempre chiamata a’ rota ‘e carro, a ruota di carro, così come già nel 1600 la descriveva il poeta Velardiniello. E così come oggi possono riconoscerla anche in altre città italiane, Roma, Firenze, Milano o a Londra. Il brand è stato  esportato da Michele in The World, il ramo estero dell’Antica Pizzeria da Michele, coordinato da Alessandro Condurro. E dove va Michele va pure Emanuele Liguori, con la stessa discrezione, umiltà e passione, a fare da maestro alle brigate locali di pizzaioli.

C’è bisogno di chi conosce i segreti, appunto, di chi, senza avere la smania di apparire o di dominare i social, sappia concretamente come, dalla farina alla legna nel forno, bisogna mettere insieme le cose per raggiungere gli obiettivi e riprodurre altrove come a Napoli la stessa pizza. Quella di Michele, riconoscibile nei tratti e nei sapori immutabili, senza tempo e perciò sempre attuali, eterni.

Quella, per dirla ancora con le parole di Julia Roberts, che ti fa avere un’avventura, ti fa innamorare e ti fa sentire un imperativo morale mangiare e goderti una pizza Margherita.


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