Antica Osteria Cera a Lughetto, l’eccellenza dell’Adriatico nel menu Azzurro

Antica Osteria Cera a Lughetto
Via Marghera, 34
Tel. 041 518 5009
Aperto a pranzo e cena
Chiuso domenica e lunedì

Lionello Cera

di Giulia Gavagnin

E’ difficile essere grandi a Campagna Lupia, ma a volte i miracoli accadono e mai per caso.

L’Antica Osteria Cera è affare dell’omonima famiglia da oltre sessant’anni, quando i ristori erano anche locande. Dal 1966 in poi, mamma Silvana ha cucinato nel modo più semplice possibile il pesce che il marito Rino –pescatore- avanzava dal mercato. Sostavano i locali per i tradizionali “cicchetti” veneti, a volte anche i foresti nei tragitti lungo la Romea, importante nodo viario tra Venezia e Ravenna.

Il DNA di questo territorio e la sua identità, punteggiata di valli e barene, vivono oggi nel senso di eccellenza che i coniugi Cera hanno trasmesso al figlio Lionello, squisito interprete della cucina adriatica.

“La Materia è il corpo che incarna le nostre idee. Da qui parte la nostra ricerca verso il concetto più difficile da interpretare: la semplicità”.

Questa massima è la stella polare per Lionello Cera, da tempo detentore di due stelle Michelin in un territorio poco conosciuto e poco battuto, nonostante la relativa vicinanza con Venezia.

Che la clientela di Cera sia prevalentemente “locale” è un dato di fatto che riscalda anche un po’ il cuore, nell’epoca in cui il “fine dining” è diventato la Nuova Cucina Internazionale e l’impropria dicitura “ristorante stellato” fonte di antipatia collettiva.

Ciò significa che c’è ancora speranza, che l’alta cucina appartenga (anche) al patrimonio culturale della comunità e non solo alla bulimia dei collezionisti di stelle e dei compilatori di guide.

Tuttavia, questo può accadere quando c’è una lunga storia alle spalle, un fil rouge che lega le generazioni attraverso l’esperienza, la ripetizione, la sedimentazione della conoscenza, la gratitudine per il passato e la fiducia nel futuro.

Lionello Cera ha assorbito la storia del passato e oggi guarda con sapienza al futuro, condensando nel menu contemporaneo i tratti somatici della cucina del territorio e portandola a vette di eccellenza assoluta.

Lo ripetiamo spesso: la cucina di mare è difficilissima, aggiungere dove la Natura ha già dato è proprio dei maestri e in Italia ve ne sono assai pochi.

Forse chi gli è più vicino come approccio è Gianfranco Pascucci, anche se i due non si frequentano per diversità territoriali, l’approccio è simile.

Profonda conoscenza della materia, estrazione del gusto, aggiunte vegetali provenienti dalla ricchezza delle circostanti riserve naturali. E, aggiungo, lungo tempo di decantazione della sapienza ittica.

I menu degustazione sono due. “Oppure” è l’alternativa ed è una compilazione dei classici di casa Cera, amatissimi dalla clientela locale che perlopiù li sceglie alla carta. Tra questi, signature dish come lo spaghettino freddo con lucerna, mazzancolla, salsa di pistacchio di Bronte e acqua di capperi di Pantelleria e i celeberrimi “colori del mare”, percorso a orologio di otto crudi.

Il vero e proprio menu contemporaneo, invece, si chiama “Azzurro” ed è una sequenza di piatti di livello elevatissimo, in cui almeno due o tre possono diventare a loro volta signature. Merce rara oggigiorno.

Questo percorso si candida di diritto tra le prime cinque esperienze ittiche dell’anno, per profondità e immediatezza.

Il suo svolgimento è cadenzato da una sorta di tutorial disegnato dallo stesso Lionello Cera che spiega con disegni e didascalie ogni singolo piatto.

Dopo gli amuse bouche di rito, tutti sapientemente centrati, l’inizio è deflagrante con i Tortellini Panna e Aringa (più riduzione di funghi shitake e caviale di aringa), che noi frequentatori delle latitudini emiliane ritroviamo con il medesimo senso di “gola” che troviamo –per esempio-per non fare nomi- alla tavola di Franco Cimini a San Giovanni in Persiceto. Solo declinati in versione di mare. Da mangiarne un catino, per capirci.

Gli inserimenti intensi, con le celeberrime frattaglie dei pesci punteggiano molti piatti del menu.

L’insalata di alghe e fegato di branzino è un piccolo riassunto di cucina di mare, con branzino frollato, mazzancolle, risotto di lai di rombo e brodo di calamaro.

La ricciola al fumo di erbe e miso bianco con succo di pomodoro verde e zafferano ha echi della cucina robata giapponese, suggestione nipponica che troviamo anche nella capasanta con caviale kaluga amur, tosazu e linone salato.

Lo scampo al rosmarino è servito con dieci grammi di pasta con le sarde e una bisque di champagne, la testa dello scampo a parte che è da mangiare come una caramella, tanta è la sua dolcezza (qui torniamo al principio della grande materia prima che secondo Marchesi dovrebbe essere l’ossessione di ogni grande chef italiano).

Territorio ripensato con intelligenza in un altro piatto deflagrante: anguilla laccata con riduzione di Gewurztraminer e aceto balsamico di mela, con fegato alla veneziana di coda di rospo. Ovviamente il riferimento è all’anguilla unagi giapponese con il classico piatto del Doge che gli fa da contrappunto. Eccellente.

Dove Cera spinge si rivela davvero un grande maestro.

Cos’, se la zuppa di scorfano, spaghetti di patate e curry verde alle erbe è una reminscenza thai che funge da ottimo intermezzo senza scuotere troppo gli animi (ma ci sta), lo spaghettone mantecato con succo di calamari cotto nel tradizionale coccio estrae il mare.

E il piatto con il pesce del giorno, ombrina con caramello di canocchie, lardo di seppia, tartare di alga nera e gel di spine di ombrina ricorda molto da vicino i sapienti contrasti ittici propri della cucina di quel gran genio di Uliassi.

Finale dolce, affidato a uno scenografico gelato all’ostrica con caviale kaluga amur e a una rivisitazione dell’Irish Coffee.

Dopo questa visita mi sono convinta che nel panorama gastronomico attuale, Lionello Cera sia persino sottovalutato.

Il percorso di degustazione ha mostrato un perfetto equilibrio tra la qualità eccelsa della materia prima che è sempre rispettata, la capacità di estrazione dei sapori con approccio quasi ispanico, gli inserimenti esotici mai banali né inutilmente citazionisti, la lettura del territorio in chiave assolutamente moderna.

Cera è un autentico ambasciatore dell’identità adriatica, forse un po’ frenato dall’understatement tipico della gente che popola queste zone.

Eppure, il suo è un luogo irrinunciabile per chiunque ami la cucina di mare ai suoi massimi livelli.

Via Marghera, 24, 30010 Lughetto VE


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