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di Monica Bianciardi
L’Antica Masseria Venditti nata nel 1525 è parte integrante di un territorio per buona parte costituito da campagne in cui le coltivazioni di vite occupano interi versanti collinari. Il patron ed enologo della Masseria Venditti è Nicola Venditti che con convinzione porta avanti l’azienda di famiglia attraverso studi mirati di enologia e attraverso un lavoro di sperimentazione e ricerca. Siamo nel Sannio a Castelvenere nel baricentro della Valle Teresina che comprende una decina di comuni con il Monte Taburno a sud ed il Matese a nord. Una zona per composizione dei suoli e microclima a fortissima vocazione vinicola, dove venti costanti e temperature miti anche in estate favoriscono la coltivazione della vite fin dai tempi più remoti.
Oggi il Sannio ha circa undicimila aziende vinicole, i cui vini prodotti con vitigni autoctoni, sono oggi conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo ma che per una serie di trascorsi ed errori ha rischiato nel corso degli anni di veder scomparire molte delle sue principali varietà.
Con la nascita della DOC del 1973 infatti vengono erroneamente inserite nel disciplinare varietà che non corrispondevano a quelle che realmente erano presenti nei filari composti da diverse specie secondo gli standard dell’epoca. Senza un controllo capillare le piante vennero attribuite a varietà conosciute come il Trebbiano Toscano, la Malvasia di Candia, ed il Sangiovese. In quel periodo una diversa organizzazione dei vigneti divenne indispensabile per far posto alla meccanizzazione e molti viticoltori acquistarono barbatelle già innestate stabilite dai disciplinari della neonata Doc sostituendo con queste i vecchi vigneti. Un adeguamento che finì per far quasi scomparire un patrimonio ampelografico ricco e variegato. L’uva del periodo veniva commercializzata e venduta ai grandi monopoli e soltanto alcuni piccoli produttori decidono di vinificare da soli per uso familiare le uve rimaste e ritenute meno appetibili, per le quali i tempi di commercializzazione erano più lunghi. Questo portò ad una momentanea sparizione di alcuni grandi vitigni locali, tra questi la Falanghina, in quanto inizialmente risultava troppo ricca di acidità e l’Aglianico che maturava tardivamente ed era troppo tannico consumato in tempi brevi. Un’altra uva che venne scartata per la commercializzazione fu quella che in quel momento venne definita, Barbera, uva molto delicata che con il trasporto andava incontro a riduzioni precoci, ma che vinificato nelle cantine nelle immediate vicinanze dei vigneti per uso familiare dava risultati entusiasmanti. Successivamente le DOC aumentarono di numero, con una divisione territoriale ed un disciplinare che nel ’97 si allargò a tutta la provincia di Benevento con la possibilità di scrivere in etichetta il nome di un vitigno presente in percentuale dell’ 85% e tra questi viene inserito anche il Barbera.
Vero che la forza della pianta è nelle radici; ma ciò che a noi interessa è il frutto. E la stessa forza sotterranea la valutiamo in ragione di quel che dà nella luce.
Ugo Bernasconi
Nicola Venditti quell’anno iscrive le proprie vigne della proprietà alla DOC Sannio e nel 97 imbottiglia la Sannio DOC Barbera.
In realtà l’uva usata da Nicola era stata salvata nel dopo Fillossera con un campo sperimentale da Giuseppe Venditti antenato di Nicola. Da qui questa particolare uva venne identificata a livello locale come l’uva di Giuseppe, “Zio Peppe” o Barbetta perché portava il pizzetto. Nel parlato presto divenne “L’uva di Barbetta”, o semplicemente Barbetta che oggi si trova scritto in etichetta sulle bottiglie in onore del suo antenato Peppe Barbetta, il quale salvò il vitigno da sicura estinzione. Nel 2005 Nicola Venditti decide di rinnovare l’azienda e la chiama “Isola di cultura del vino” proprio per la valorizzazione ed il recupero dei vitigni quasi scomparsi. L’azienda oggi comprende anche un “vigneto didattico”di 10 filari orientati Nord/Sud in coltura biologica dove sono state reimpiantate 20 varietà di vitigni autoctoni. Nella cantina largo uso è dato alle più recenti tecnologie che tendono a limitare l’utilizzo di solfiti con tecniche non invasive ma che forgiano vini rigorosi e puliti.
Nella sala degustazione un antico torchio utilizzato in passato dagli antenati di Nicola fa bella mostra di sé, insieme ai quadri dipinti da Lorenza. I vini degustati si sposano alla perfezione con la cucina tradizionale della masseria, cucinata e proposta dalla Cuoca Pittrice Lorenza Verrillo Venditti, moglie di Nicola.
Tasting Notes
Vient e Voria 2017 Trebbiano, Falanghina e Coda di Volpe.
Profuma di agrumi è avvolgente sapido e fresco, una discreta persistenza unita ad carattere genuino regala una bevibilità a cui attingere in scioltezza a pieni calici.
– Assenza Bianco -Falanghina 2017 Biologico senza Solfiti
Pressatura soffice, lieviti indigeni e fermentazioni in vasche di acciaio inox e nessun solfito aggiunto da qui il nome e “Assenza”. Giallo brillante ha profumi croccanti e fragranti di mela Golden, ginestra, mandorla, cedro, erbe aromatiche. Palato teso e fragrante la struttura viene sospinta dalla freschezza, chiude con una scia sapida e agrumata.
Marraioli- Aglianico 2016
Al naso la complessità è composta da esuberanti frutti rossi maturi, floreali di rosa e peonia, erbe balsamiche. All’assaggio caldo e avvolgente, il sorso è intessuto in una tessitura tannica fitta in cui ritorna il frutto dolce. Un vino di connotazione classica ma con interpretazione contemporanea.
Assenza Rosso -Barbera “Barbetta 100%” clone autoctono Biologico senza Solfiti
Un bel colore rosso porpora si unisce a profumi croccanti, con intensi di fiori rossi freschi e piccoli frutti rossi, ribes, fragoline selvatiche e visciole con note di china e inchiostro. Palato intenso molto reattivo dato da acidità e succo, tannini scalpitanti ed espansione finale fruttata e lunga.
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