di Raffaele Mosca
Ripartiamo dai borghi sospesi tra mare e monti, dai tratturi che attraversano i calanchi, dalle torri e dai campanili, dalle abbazie immerse tra gli ulivi, da luoghi che, se non fosse per qualche capannone di troppo a fondovalle, sembrerebbero fermi ad un’altra epoca. È la prima tappa della stagione delle anteprime, e le immagini sono così forti da farci dimenticare per qualche momento tutto ciò che sta accadendo nel resto del mondo. Non sembra un caso che proprio in questo scenario, che unisce il bianco delle cime innevate, il
verde delle valli fluviali e l’azzurro del mare in un solo sguardo, il Montepulciano abbia trovato una specificità territoriale con la prima denominazione di origine controllata e garantita d’ Abruzzo.
La DOCG Colline Teramane festeggia in questi giorni tumultuosi il suo diciannovesimo compleanno. L’ anniversario della nascita ricorre in un momento di cambiamenti importanti per il vino abruzzese: due sottozone della DOC sono appena diventate denominazioni e sé stanti e il consorzio “maggiore” – quello di tutela dei vini d’Abruzzo – si appresta ad eleggere il nuovo direttivo. Nella cornice di una Teramo raggelata da Burian e abbracciata dal Gran Sasso innevato, va in scena “la nostra Anteprima”, evento per stampa ed
operatori di settore dedicato al Montepulciano d’ Abruzzo Colline Teramane annata e riserva. Una kermesse nata per dare risalto ad un territorio con caratteristiche uniche: quasi una regione nella regione, ultimo baluardo dell’antico regno delle due Sicilie prima del confine naturale costituito dal fiume Tronto. Una zona che ha sempre fatto da ponte tra Appenino e riviera, tra Meridione e Italia di Mezzo, con un’identità ibrida, legata a doppio filo al resto d’Abruzzo e alle vicine Marche, e una tradizione gastronomica particolarmente raffinata, che spazia dai timballi ai brodetti, passando per la capra alla neretese, le crespelle in brodo, la tacchinella di Canzano, la chitarra con le pallotte e le famose virtù
teramane.
La vigna, in questa terra, è sempre una presenza discreta: non c’è traccia delle distese di tendoni che rendono l’Abruzzo da Tollo in giù una delle aree più densamente vitate d’Italia.
Gli ettari che fanno capo alla DOCG sono 172: molto pochi se rapportati agli oltre 31.000 totali di una regione che fa numeri impressionanti per la sua dimensione modesta. Ma quel conta è la storia che c’è dietro: “ In questo territorio – spiega il presidente del consorzio Colline Teramane Enrico Cerulli Irelli – si è cominciato a fare vino imbottigliato nella seconda metà dell’800’. Un ministro del Governo Ricasoli, Giuseppe Devincenzi di Notaresco, portò per primo i vini delle Colline Teramane all’estero, conquistando premi all’Esposizione Universale di Bordeaux del 1882”. Grandissimo innovatore del vino italiano, Devincenzi aveva esplorato la Francia in lungo e in largo, calpestando i vigneti della Cote d’Or e del Medoc. Non si limitò solamente a razionalizzare la produzione e cominciare a produrre vino imbottigliato, ma costruì addirittura delle rotaie che collegavano la vigna alla cantina, che, peraltro, fu tra le prime al mondo ad avere un sistema a caduta (con ascensori idraulici!) e ad essere coibentata.
La storia del vino teramano ha subito un ’inevitabile battuta d’arresto nella prima metà del 900’ dovuta alle guerre mondiali e alla filossera. Poi, a partire dagli anni 90’, in seguito alla fine delle mezzadria, c’è stata una ripartenza graduale con l’avvento delle grandi cantine sociali. Con la sola differenza che qui dietro ai colossi non ci sono mai stati solamente piccoli contadini, ma anche e soprattutto famiglie storiche di viticoltori, che hanno cercato prima del tempo di differenziare la produzione, individuando dei cru all’interno delle loro tenute dai quali ricavare etichette più ambiziose. Il progetto Colline Teramane ha cominciato a prendere forma proprio nelle cooperative, dalle quali, poi, le aziende si sono staccate. Salvo riunirsi, nel 2003, in questa piccola DOCG che per più di quindici anni è stata l’unica della regione.
La forza del territorio delle Colline Teramane sta nel clima più secco rispetto al resto della fascia adriatica abruzzese e nei suoli ricchi di scheletro, che danno vita a vini più austeri, più tannici e più “minerali” – se si può ancora dire! – in confronto a quelli prodotti appena più a sud. L’areale è indubbiamente vasto – 32 comuni in tutto – e ha un profilo eterogeneo, con variazioni considerevoli di altitudine, pendenza ed esposizione nelle quattro valli che si sviluppano attorno ad altrettanti fiumi (Salinello, Vomano, Tordino, Vibrata). Ci sono differenze importanti soprattutto tra i vini fatti vicino al mare e quelli delle zone pedemontane, così come ce ne sono tra quelli provenienti dalla parte più a sud, a ridosso dei calanchi di Atri, e gli altri prodotti a due passi dal confine con le Marche, che hanno affinità con i rossi del piceno. Ma il fil rouge sta proprio in questa spinta tannica ed acida che smorza la classica abbondanza di frutto e rende il Montepulciano di tutta la zona particolarmente adatto agli affinamenti prolungati. Non a caso, il punto cardine del disciplinare è sempre stato – oltre alle rese massime più basse rispetto alla DOC – l’obbligo di affinamento in legno. Un paletto, quest’ultimo, fissato per allinearsi con le grandi denominazioni d’Italia e del Mondo, che, però, si è rivelato un po’ limitante negli ultimi anni. Per questo motivo si è deciso di recente, sull’onda del cambiamento del gusto, di modificare il disciplinare e consentire l’uso di qualunque contenitore per il riposo della tipologia annata (che deve essere comunque di almeno 12 mesi). “ In questo modo si permette di produrre vini più contemporanei” spiega Cerulli Irelli. La modifica è stata accolta positivamente da quei produttori che, pur essendo parte del consorzio, non hanno mai rivendicato la DOCG per ragioni stilistiche: primo tra tutti Emidio Pepe, personaggio che ha fatto la storia di questo territorio da outsider. Pepe, che da più di sessant’anni affina i suoi vini solo in cemento, ha presentato in quest’occasione un campione di vasca del suo primo vino DOCG.
Nel complesso, la degustazione di 38 vini in anteprima ha evidenziato un livello qualitativo medio più alto della media regionale, con una performance leggermente superiore dei vini d’annata rispetto alle riserve, in molti casi ancorate a un concetto di Montepulciano meno attuale.
Ecco tutte le note di degustazione:
Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane
Barba – Yang 2020
Mirtilli e visciole, cioccolato e terra bagnata, qualche accenno di grafite a completare un
quadro variegato e affascinante. Il sorso è di medio peso, dinamico e reattivo, ma non
privo di una certa polpa; il tannino è ben estratto e il finale su toni di visciole fresche
convince per scorrevolezza e pulizia. Molto buono.
Barone Cornacchia – Vizzarro 2018
Cannella e spezie da legno, incenso, gelatina di fragole, cioccolato. E’ moderno, avvolgente, un po’ monocorde sul frutto, ma dotato di discreta spalla acida che riesce a calibrare la polpa.
Barone di Valforte – Colle Sale 2019
Caldo e mediterraneo: sa di humus e china, melagrana e marasca, con cenni floreali e vegetali sul fondo. E’ largo, caloroso, ma ben bilanciato dalle giuste durezze. Chiude su toni di spezie e di erbe spontanee che rendono bene l’idea del territorio marittimo da cui proviene.
Barone di Valforte – Colle Sale 2018
Liquirizia e viola, marasca e visciola, qualche tocco vegetale a fare da cornice. E’ più agile
del 2019, ma anche un po’ più semplice. Il tannino è ben assestato e la sapidità dà slancio
al finale di media persistenza. Discreto.
Cerulli Spinozzi – Gruè 2019
Viola e ribes, mela rossa e grafite. Sorso essenziale, scorrevole, con finale semplice,
leggermente amaricante. Quotidiano.
Cerulli Spinozzi – Cortalto 2018
Gelsi, mirtilli, un cenno di pepe e qualche idea floreale a delineare un profilo fresco esfizioso. Bello il binomio di mineralità e frutto, che rende scorrevole e spigliato il sorso dimedio corpo e persistenza adeguata. Agile e centrato.
De Angelis Corvi – Fonte Raviliano 2019
Grafite e sottobosco, poi visciole, more e oliva al forno. Buona la scorrevolezza del sorso, anche se si avverte un cenno ossidativo di fondo che lo rende un po’ rustico.
Emidio Pepe – 2020
Un filo di riduzione iniziale lascia a spazio a mora e gelso, grafite e qualche accento animale. Non è facilissimo da leggere in questa fase: il tannino asciuga un po’, la riduzione ricompare sul fondo, ma è probabile che andrà ad assestarsi nel giro di qualche mese.
Fantini – 2019
Marmellata di more e spezie da rovere, tabacco dolce e kirsch. Denso e potente, quasi in stile nuovo mondo, con tannino soffice e finale su toni di torrefazione e vaniglia. Avrà i suoi fans tra i consumatori internazionali.
Faraone – Santa Maria dell’Arco 2015
Catrame e sottobosco, more e creme de cassis, erbe aromatiche e tabacco mentolato. Un guizzo selvatico rende estroso e trascinante il sorso avvolgente, che fa dell’equilibrio tra parte fruttata e giuste durezze il suo punto di forza. Ha la maturità e l’ampiezza del vino già evoluto, ma non ha perso un minimo di grinta. Eccellente!
Fosso Corno – Orsus 2019
Erbe officinali e terra bagnata, visciola e crema di caffè a comporre un profilo moderno, ma non ruffiano. In bocca è la spinta acida a condurre i giochi, affiancata da una discreta parte minerale, ferruginosa che dá la terza dimensione ad una progressione accattivante. Buono.
Lepore – Re 2017
Visciola, humus, spezie dolci e cannella, oliva nera e cacao a suggerire un’ estrazione importante. Non è un campione di dinamismo e scorrevolezza: gioca piuttosto sul frutto ricco, stra-maturo e sulla verve tannica impetuosa. Piacerà agli estimatori del Montepulciano possente e caloroso di vecchia scuola.
La Quercia – Mastrobono 2015
Purtroppo la bottiglia non è in forma.
Monti – MKP 2019
Toni selvatici in apertura, poi pepe e cannella, amarena, tabacco e terra bagnata. Sorso ampio, ricco, ma senza eccessi di legno o di struttura. Un ritorno rinfrescante di arancia sanguinella smorza il frutto abbondante e conduce lo sviluppo fino al finale ben delineato.
Ottimo.
Monti – Voluptas 2016
Humus e tabacco, grafite e violetta, melagrana, caffè. Sorso largo e confortante, con frutto maturo e carnoso al centro, tannini di medio spessore e una spinta sapida che va a compensare la lieve carenza di acidità. Discreto.
Orlandi Contucci Ponno – La Regia Specula 2019
Riservato, reticente, lascia intuire sensazioni di sottobosco, mirtilli, qualche vaga idea floreale. La verve acida rende il sorso abbastanza dinamico, ma il tannino asciuga un po’ e il finale tira fuori qualche cenno amarognolo.
Nicodemi – Le Murate 2020
Viola e ribes nero, visciola e un tocco vegetale. Sorso semplice, lineare, con buona acidità a supporto e finale inchiostrato di media durata.
San Lorenzo – Antares 2019
Amarena e prugna, liquirizia, caffè e cioccolato. E’ denso, avvolgente, molto morbido in apertura e poi più fresco e grintoso, con finale discreto su toni di china e grafite. Valido.
Tenuta Terraviva – 2020
Solo cemento per un vino molto contemporaneo, che profuma di carne cruda, sottobosco, giuggiole ed erbe aromatiche. Il sorso ripete queste sensazioni e offre una progressione accattivante, in perfetto equilibrio tra frutto goloso e tannini tosti che sfumano in un finale tonico al sapore di arancia sanguinella. Ottimo!
Velenosi – Versosera 2020
Naso spensierato che sa di fragola e ciliegia, violetta e bacche. Scorre con facilità tra tannino leggero, acidità bilanciata e ricchi ritorni fruttati che dominano la progressione agile e spigliata. Più semplice del previsto, ma molto godibile.
Velenosi – Versosera 2019
Grafite e inchiostro, marasca e mirtillo, cacao amaro e cenni di carrube. In bocca la traccia minerale va a braccetto con il frutto maturo – ma non eccessivo – e il tannino ben gestito.
E’ appena più robusto, meno “facile” del 2020, ma anche più profondo. Ottimo.
Montepulciano d’ Abruzzo Colline Teramane Riserva
Abbazia di Propezzano – 2015
Selvatico in apertura quasi in stile Valentini, tira fuori progressivamente aromi di cacao amaro e radici, oliva in salamoia, marasca e confettura di giuggiola. Qualche nota evolutiva riecheggia sul fondo di uno sviluppo comunque accattivante, dotato di buona grinta e freschezza, lungo ed estroso nel finale di nuovo boschivo e selvatico. Non un partito per i lunghissimi affinamenti, ma adesso si fa bere alla grande.
Centorame – Castellum Vetus 2017
Stile leggermente “rustico” con nota di testa di sottobosco e pelliccia. Lascia intuire anche una parte fruttata ricca e succosa che ritorna coerente nel sorso avvolgente, cremoso, ma dotato di ottima energia minerale e agrumata di fondo che lo rende godibile e goloso.
Ottimo!
Cerulli Spinozzi – Torre Migliori 2015
Originale ed intrigante: profuma di mela rossa e bosco dopo la pioggia, pepe rosa, erbe officinali. Gioca sulle stesse sensazioni in bocca, con una dinamica snella, accattivante, ritmata da rimandi pepati e selvatici, poi più garbata e fruttata nel finale al sapore di drupe mature. Ottimo!
De Angelis Corvi – Elevito 2016
Caffè e pellame, oliva al forno, qualche cenno ossidativo. Ha estro, personalità e discreta grinta acida e tannica, ma l’evoluzione si fa sentire e lo rende leggermente scomposto.
Fantini – Opi 2016
Prugna, fico, legni balsamici a tutto spiano. E’ denso, massiccio, compresso dalla traccia del rovere, che, in questa fase, ha la meglio sulle altre componenti.
Fosso Corno – Orsus 2017
Ciliegia sotto spirito, menta e spezie dolci, torrefazione a go go. L’acidità e il tannino pulsante danno sostegno alla massa fruttata, ma la traccia del rovere frena lo slancio del sorso. Anche questo convincerà i fans del Montepulciano “vecchio stile”.
La Quercia – Mastrobono 2013
Ebanisteria e visciolata, sottobosco e cioccolato fondente. La massa è imponente e l’apporto del legno si fa sentire, ma il tannino fine e la spinta salina di fondo riescono ad energizzare l’insieme. Sicuramente impegnativo, ma mantiene un certo equilibrio d’insieme.
Lepore – Luigi Lepore 2016
Paprika ed erbe officinali, poi cappero selvatico e salamoia, lampi di fragola e di rosa rossa a profilare una personalità quasi mediterranea. E’ massiccio, ma ben dinamizzato dalla giusta acidità e dal tannino arrembante che allenta la presa nel finale speziato e affumicato. Discreto.
Mazzarosa – 2016
Origano e cappero, acciuga, accenti selvatici. E’ piccante ed allegro, non troppo profondo, ma coerente nei rimandi al frutto fresco e fragrante. Ben fatto.
Monti – Pignotto 2015
Vernice ed inchiostro, prugna e spezie dolci da legno. E’ potente, quasi monolitico: insiste sul frutto sciroppato e non eccelle in scorrevolezza.
Monti – Senior 2011
Amarena, viole appassite ed accenti di spezie dolci che ricordano quasi un Merlot toscano.
La stessa idea di ricchezza estrattiva la si trova nel sorso, nettamente ancorato ad una cifra stilistica che era più in voga qualche anno fa. Rimane comunque un buon vino di stampo internazionale.
Montori – Fonte Cupa 2016
Giuggiole e ghisa, fuliggine ed erbe aromatiche. Più leggibile in bocca, dove a condurre i giochi è la matrice salina, che, unita alla parte fruttata piuttosto fresca, profila uno sviluppo relativamente semplice, ma preciso, coerente e territoriale. Buono.
Nicodemi – Neromoro 2016
Cannella, fragola matura e gelatina di mirtilli su sfondo di ruggine e sottobosco. E’ abbastanza moderno, largo e avvolgente quanto basta; l’apporto del legno si fa sentire, l’alcol non è camuffato, ma tutti gli elementi sono egregiamente calibrati dall’acidità tonica e dalla spinta salina che ravviva anche il finale su toni “sexy” di fiori rossi e spezie assortite. Una certezza!
Orlandi Contucci Ponno – 2017
Bottiglia non in forma
Podere Colle San Massimo – Terra Bruna 2017
Oliva nera e pellame, marasca, pepe bianco, accenti ferrosi che danno carattere. E’ snello e grintoso, sapido e ferroso; la visciola e la melagrana fanno da cornice alla progressione dritta, diretta, che sfuma in un finale goloso al sapore di arancia sanguinella. Eccellente!
San Lorenzo – Escol 2016
Didattico e confortante: gli aromi dolcissimi di frutta sotto spirito ed after eight sono smorzati da una vena ematica che ritorna coerente a dare la terza dimensione al sorso abbondante, caloroso, non proprio agilissimo, ma di buona profondità ed ottima persistenza su note balsamiche e tostate. Classico.
Strappelli – Colletrà 2017
Sottobosco, humus, viole appassite e una sfumatura di arancia sanguinella che rinfresca l’insieme. A un naso sfizioso corrisponde un sorso dinamico, sostenuto da acidità pimpante, tannini ben estratti e una spinta salina che costituisce il timbro di fabbrica di Torano Nuovo, uno dei “village” più importanti del comprensorio. Molto buono.
Tenuta Terraviva – Polifemo 2016
Erbe aromatiche e bacca di ginepro, violetta, liquore ai mirtilli, cenni tostati. E’ serio, non austero, ma per nulla ruffiano. Lo sviluppo mai troppo muscolare è coerente con il colore meno compatto della media. I rimandi insistenti all’agrume e al sale conducono la progressione succosa, con finale di rara souplesse su toni ferrosi e di frutti di rovo.
Eccellente!
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