di Raffaele Mosca
Trebbiano Spoletino va forte, il Sagrantino viaggia sulle montagne russe, il Montefalco Rosso riserva sorprese, ma si può fare di più . Questa è la sintesi degli assaggi all’ultima edizione di A Montefalco, kermesse che quest’anno restituisce l’immagine di un territorio in fermento, che punta con più convinzione di sempre alla diversificazione per far fronte ad un’ inversione di trend rispetto ad inizio millennio, quando l’exploit dei rossi concentrati aveva foraggiato la Sagrantinomania.
Un enclave nel cuore verde d’Italia che ha mantenuto un’atmosfera intima, rurale, senza patinature d’alcuna sorta, e che ha molto da offrire anche al di là del vino: si pensi alla magnifica cappella dipinta da Benozzo Gozzoli nella chiesa di San Francesco a Montefalco, a borghi medievali intatti come Trevi e Bevagna, alle innumerevoli opere d’arte longobarda, rinascimentale e contemporanea sparse per la città di Spoleto, oltre a bellezze paesaggistiche e naturalistiche. Anche grazie a questo appeal a tutto tondo, l’enoturismo si è sviluppato meglio che in altre zone: tante cantine hanno una struttura ricettiva al loro interno, tutti hanno spazi dedicati alle degustazioni, con offerte anche abbastanza strutturate sul lato food. Il risultato è che, in qualsiasi giorno infrasettimanale, ci siamo ritrovati seduti di fianco ad avventori da mezzo mondo: in larga parte esperti o addetti ai lavori, ma anche semplici curiosi.
Spoletino in ascesa
Prosegue la riscoperta della vocazione bianchista del territorio spoletino-montefalchese, che è partita dopo il fallimento della cantina sociale Casale Triocco – Spoleto Ducale ed è andata avanti a ritmo decisamente più spedito nell’ultimo quinquennio. Oggi il boom sembra accompagnato anche da una svolta sul lato burocratico: per anni il Trebbiano Spoletino ha risentito della faida campanilistica tra Spoleto e Montefalco, con l’impossibilità di usare il brand “Spoleto Trebbiano Spoletino” in una larga – e vocatissima – parte del circondario montefalchese. Ora è in partenza l’iter per estendere l’areale della DOC Spoleto a tutta la superficie della DOC Montefalco: non sarà facilissimo portarlo a compimento, perché le trafile per i cambiamenti su larga scala sono lunghissime e spesso si affossano nei meandri del ministero. Ma la strada è quella giusta e, a mio avviso, un altro passo in avanti lo si potrebbe fare chiedendo anche di rendere opzionale il termine “Trebbiano”, perché con gli altri Trebbiani questo vitigno ha poco a che a fare. Per ora sembra una follia, ma escludo che ci si arriverà in un secondo momento.
Quanto agli assaggi, quel che è emerge è che non esiste un archetipo specifico di Spoletino, perché il vitigno è troppo duttile per lasciarsi incatenare in un solo modello produttivo. Ma c’è un’ originalità diffusa che intriga non poca, al netto di qualche scapigliatura dovuta a vinificazione non proprio precise tra i produttori esordienti. La prerogativa principale del vitigno è la capacità di reggere bene vinificazioni ossidative in legno ed anfora, macerazioni e via discorrendo, mantenendo un’esuberanza espressiva che lo rende diverso da qualunque altro bianco del Centro Italia.
I rossi
Sul Sagrantino non ci sono grandissime novità: la 2020 è stata centrata dai produttori di riferimento, mentre quelli meno in vista faticano ancora a trovare la quadra. La ricerca di uno stile più leggero è sicuramente un trend in atto, ma, togliendo polpa, si rischia di mettere ancor più in evidenza la crudezza tannica del vitigno. Purtroppo, di vini sbilanciati ne abbiamo trovati parecchi, e non mancano nemmeno campioni con accenni di ossidazione precoce. Sembra quasi che l’avvento della pandemia abbia frenato un’evoluzione che nei millesimi precedenti era parsa più repentina…
Tutti parlano di Montefalco Rosso e Montefalco Rosso Riserva come del futuro per Montefalco sul fronte dei rossi: vini agili, gourmand, dall’appeal decisamente più immediato rispetto al Sagrantino. Nel calice, però, si nota ancora un’incostanza stilistica che frena gli entusiasmi. Aggiunte minime di uve internazionali sembrano sufficienti a snaturare completamente il carattere del vino; paradossalmente la Riserva convince più del Montefalco Rosso d’annata e, tra tutti i campioni, il Maestà Quattro Chiodi, new entry di Tenuta Bellafonte, sembra indicare una via maestra, fatta d’incisività ma anche di una scorrevolezza di beva che il Sagrantino in purezza difficilmente riesce ad offrire.
I migliori vini dall’Anteprima A Montefalco 2024:
Antonelli – Spoleto Trebbiano Spoletino Vigna Tonda 2022
Fermentato in ceramica con macerazione sulle bucce e affinato in anfora, ha un colore dorato intenso e dispensa profumi accattivanti di curcuma e lavanda, pepe bianco, buccia d’agrume e fiore d’arancio, qualche accenno di pietra focaia. Ottimo l’equilibrio tra leggera astringenza da macerazione e polpa fruttata; chiude lungo, pepato e sottilmente iodato, chiamando l’abbinamento con pietanze un po’ speziate o pollo alla cacciatora.
De Conti – Spoleto Trebbiano Spoletino Benvenuto 2022
Da raccolta tardiva, torchiato manualmente e affinato in acciaio, ha un naso prorompente di albicocca, nespola ed erbe aromatiche. Ampio, avvolgente, con bella impronta salina in sottofondo, finale piccante e brioso. Bella scoperta.
Le Cimate – Spoleto Trebbiano Spoletino 2022
Pesca nettarina, limone candito, erbe aromatiche, qualche accenno vegetale: ha qualcosa in comune con i bianchi del Rodano. Carico di frutto e poi più snello e citrino nello sviluppo, una ventata di erbe aromatiche sigla il finale molto invitante.
Bocale – Spoleto Trebbiano Spoletino 2022
Nespola, timo e un che di cerealicola, pesca giallona e melone estivo sullo sfondo. Tonico, reattivo e molto salino, con meno corpo e più slancio di altri, finale energico che chiama il secondo sorso.
Tenuta Bellafonte – Umbria Bianco Arneto 2021
Soffuso, delicato, ha bisogno di qualche grado in più per sprigionare un mix allettante di melissa, miele d’acacia, albicocca e cerca d’api, con fondo di buccia d’agrume e pietra focaia. Quasi un rosso travestito da bianco, con percezione tattile significativa che irrobustisce la progressione, chiusura tonica e profonda, tra guizzi citrini e di erbe aromatiche.
Valdangius – Spoleto Trebbiano Spoletino Campo de Pico 2022
Pesca gialla, melone estivo, ginestra e pietra focaia a delineare un naso molto accattivante. Più dritto ed essenziale in bocca, con piglio citrino e sapido, finale lungo tra erbette e spezie.
Montefalco Rosso e Rosso Riserva:
Arnaldo Caprai – 2021
Melagrana, mirtilli freschi, liquirizia e un pizzico di spezia da rovere. Compiuto nella sua essenzialità, con tannino deciso che sostiene il frutto piuttosto concentrato, ritorni balsamici che allungano la chiusura pulita e puntuale.
Antonelli – Riserva 2020
Guizzi di pepe ed erbe officinali da Sagrantino s’intrecciano con ciliegia, mentolo e fiori rossi. Abbastanza austero, ma con tutte le componenti al loro posto; chiude preciso e rinfrescante tra chinotto e fruttini neri.
Tenuta Bellafonte – Maestà Quattro Chiodi Riserva 2019
Splendido mix di ciliegia ferrovia e rosa appassiti, humus, legni balsamici ed erbe officinali. Notevole per succosità di frutto, con tannino graffiante al punto giusto a contrasto, arancia sanguinella e soffi balsamici che rinforzano una beva di straordinaria energia e contestuale profondità. Se la gioca con tanti vini toscani di rilievo.
Sagrantino di Montefalco:
Arnaldo Caprai – 25 Anni 2020
Prugna e marasca, china e tostature sottili, legni balsamici e soffi floreali a delineare un naso ricco, moderno, ma non eccessivo. Potente, avvolgente, con tannino ben estratto, densità di frutto notevole, accenni di tostatura che accompagnano la chiusura lunga e compassata.
Antonelli – Molino dell’Attone 2018
Elegante e soffuso di ciliegia, violetta, chinotto, cioccolato fondente, erbe officinali in crescendo. Concentrato e allo stesso tempo disinvolto, con tannini possenti che allentano la presa in un finale gentile e raffinato, tra rimandi fruttati e balsamici. Da singola parcella di mezzo ettaro.
Scacciadiavoli – Sagrantino di Montefalco 2020
Un esempio lampante di Sagrantino in sottrazione: giocato su genziana, rosa, fragola e pepe bianco, liquirizia e china. Energico, snello, con tannino perfettamente fuso nel corpo e acidità guizzante a supporto, finale lungo tra frutto e ritorni balsamici. Sorprendente.
Tabarrini – Il Bisbetico Domato 2020
Ciliegia candita e mirtilli rossi, liquirizia, pot-pourri di fiori rossi e macchia mediterranea a delineare un naso molto intrigante. La macerazione estremamente lunga ha come risultato uno stile infusivo: il tannino è incisivo, ma ben gestito; il corpo snello, scandito da acidità reattiva e da rintocchi speziati che siglano un finale lungo, con polpa fruttata adeguata a smussare gli spigoli.
Tenute Baldo – Preda del Falco 2020
Melagrana, liquirizia, qualche accenno cioccolatoso e un’idea selvatica a delineare un naso allettante. Voluminoso in bocca, con tanto frutto che camuffa il tannino ruggente, finale pieno, ma senza pesantezze. Conseguimento degno di nota per un’azienda di recente fondazione.
Tenuta Bellafonte – Collenottolo 2016
Evoluto-non evoluto, con tracce di goudron e foglia di tabacco su more, marasche e fiori rossi in appassimento. Ancora tenace, tonico e saporito; il tannino incalza il bel frutto ampio e carnoso, accenti boschivi e di spezie prolungano la chiosa ruggente, ma senza sbavature.
Phonsano – Ilaria Cocco 2018
Eleganza e sottrazione: composta di frutti rossi, pot-pourri e qualche accenni selvatico a delineare un profilo finissimo. Ugualmente sinuoso in bocca e dotato di grazia tutto meno che scontata, con tannini finissimi a fare da contraltare al frutto succoso, accenni animali e boschivi a dare spessore alla chiusura lunga e raffinata.
Bocale – 2020
Sempre tra i più eleganti ma anche tra i meno espressivi in fase giovanile: qui emerge un soffio vegetale e di erbe aromatiche che svetta su frutti neri croccanti, violette e un accenno di goudron. Longilineo e poco concessivo, ma con il giusto carico di frutto sotto la morsa tannica, ha bisogno di un po’ di tempo in più per distendersi.
Tenute Lunelli – Carapace 2020
Ciliegia sciroppata, cacao amaro, sbuffi animali e un pizzico di tostatura da legno. Aromi intriganti che ritornano sul fondo di una progressione ben impostata, con qualche accenno di tostatura a levigare, tannino perfetto e tanto frutto rosso che prende la scena nel finale di precisione inappuntabile. Moderno si, ma di splendido equilibrio.
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