Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Al grande caos del Capodanno si contrappone il magico silenzio del 31 sera nel cuore del Cilento. Qui dove il tempo è legato ai ritmi di una natura sempre più forte, alla quale le strade, una dopo dopo l’altra, stanno cedendo perché l’uomo non è più capace di difenderle dopo averle costruite.
Alle falde del Gelbison, il monte sacro della Madonna Nera ci si ferma e si fanno bilanci. Davanti al camino e con l’Antece 2004 in mano. La vecchia cassa, ancora integra, era entrata qualche anno fa in cantina e se ne erano perse le tracce. Talvolta mi veniva il pensiero di pescarla, poi, propri come accade con un libro dimenticato in biblioteca, eccola spuntare improvvisa, mettendo a posto altro.
Stappiamo questo Fiano ancetrale che appartiene alla vita di Brune De Conciliis fotografata ben dodici anni fa da questo bianco. Il primo ricordo che regala il sorso è quello dei vini bianchi placidi dei contadini di un tempo, il colore è arancio e la suggestione al palato è, forse di riflesso, agrumata. Ma poi anche fiori di camomilla, zafferano, macchia mediterranea, mela cotta che si preparavano un tempo per i bambini.
A distanza di questi anni il vino si presenta incredibilmente e inaspettatamente fresco, piacevole, integro, lungo, ampio. Soprattutto autosufficiente: non ha voglia di abbinarlo a nulla, ma di sorseggiarlo davanti a questa fiamma che crepita aspettando il nuovo anno.
Ci sono i vini evento, quelli per il cibo, altri da compagnia e, infine, quelli che vogliono stare solo con chi li beve. Antece 2004, integro nella sua imperfezione di partenza, appartiene a questa categoria. Ricorda la gioia di aver narrato un sano e finto movimento, inghiottito dai tempi lunghi del Cilento proprio come la natura ha fatto con queste strade.
Scheda del 4 gennaio 2009. Peschiamo l’Antece nella mastodontica lista curata da Mara Savino a Il Comandante dell’Hotel Romeo a Napoli. Viene dopo il Premier Cru di Bruno Clair del 1999 perché, capitelo bene testoni, si beve prima sempre il rosso e poi il bianco. Bruno, si sa, è un po’ uterino: ha deciso di non farlo più, proprio come accadde con il Perella. Così è: appena c’è un bianco di mio gusto lo ritira dalla produzione. Conosce bene l’ars amandi e per questo siamo sicuri tornerà sui suoi passi: alla fine dovrà accontentare gli appassionati di questo bicchiere fintamente decadente.
Già, è uno di quei vini che in un ristorante forse non si servono con tranquillità: bisogna aver bevuto un po’ per riconoscere lo stato di grazia oltre le note rustiche di legno e il filo ossidativo che da sempre lo accompagna. Ma il vino c’è. Eccome. Anzitutto il naso dopo qualche minuto ritrova soprattutto, guarda caso, tanta buona pera matura, ben matura, e la semplicità diretta di alcuni bianchi contadini non filtrati e mantenuti sulle fecce di una volta. Poi, nota giustamente Monica Piscitelli, un bell’odore di crema pasticcera di quella che faceva la mamma. Sicchè l’Antece diventa improvviso vino d’infanzia, da ribelle pericoloso a compagnone conviviale.
La bocca lo porta rapido verso l’abbinamento facile ai piatti di Andrea Aprea, assolutamente moderni di cui avremo modo di parlare ben presto: sul ricotta e pere rivisitato come sul vitello in salsa bruna e peperoni, l’Antece cammina, sgobba, domina, è sostanzialmente un vino camaleontico che ora tira fuori la sapidità nascosta, ora la dolcezza omeopatica al cibo, ora la stoffa acida inizialmente offuscata dall’alcol. Il suo limite è nell’annata, la 2004 sempre un po’ corta con tutti i bianchi, anche se cresciuti in un clima sostanzialmente caldo come quello di questa parte del Cilento e ben concentrati in vigna. Ma la pioggia è pioggia, e il vino si ferma sulla parte superiore della lingua senza riuscire ad avolgerla e a occupare tutto il palato. Anche il finale è un po’ brusco, pulito certo, ma rapido, quasi lo sbattere di una porta.
Ah, cosa sarebbe un Antece dell’annata 2008, un vino dalle sembianze eterne, come il guerriero scolpito nella roccia. Vai guerriero, hai ancora molti anni di combattimento, se ancora esisti da qualche parte.
Assaggio del 25 settembre 2007.
Suona bene il nome, Antece come antico, Antece come un misterioso guerriero lucano scolpito vicino le grotte preistoriche carsiche di Sant’Angelo a Fasanella negli Alburni. Sconosciute, misteriose, bellissime, inquietanti per gli scheletri. Suona bene il vino, 2004 annata quasi impossibile per i bianchi con alcune eccezioni nelle zone calde come queste colline del Cilento che si producono in un assolo esagerato: il vino ha fermentato sulle bucce come un rosso in vasca d’acciaio a temperatura controllata, poi è stato messo in botte grande di rovere per un anno insieme alle fecce, ancora un anno in bottiglia. Un vino fatto alla maniera dei contadini con la sapienza enologica moderna per un risultato in cui si divarica la convivialità e la degustazione professionale. E’ infatti un bianco difficile da capire se hai poco tempo e non hai bevuto molto mentre con la pazienza del bicchiere aperto e una temperatura che può salire quasi alla cosiddetta <ambiente>, ossia i canonici 18 gradi di servizio dei rossi, può regalare davvero grandi soddisfazioni.
Come nel caso del More Maiorum di Mastroberardino, anche in questo caso il Fiano lavorato così severamente rivela assolutamente il suo carattere dolce, qui è però privo della mineralità tipica irpina, ha più potenza di frutto e di alcol, il terroir è completamente diverso visto che non siamo, a differenza del resto della Campania, su terreno vulcanico. Come un kamikaze, lo abbiamo scagliato insieme agli amici versus l’agnello preparato per il pranzo del decennale, l’impatto violento, guerriero Antece, è rinfrancante grazie alla freschezza che non molla mai e sostiene appagante la beva dall’inizio sino alla fine, poi, ovviamente però l’untuosità della carne riprende il palato, un combattimento estremo ma che mostra sin dove può portare questo vino.
Intenso e persistente al naso, ricco di suggestioni mediterranee su un tappeto di spezie dolci e frutta candita, al palato conferma pienamente le promesse del naso con un tocco giovanile in più decisamente inaspettato, buona la struttura, finalmente un bianco del 2004 capace di avvolgere completamente lingua, poi prosegue verso un finale eterno, pulito, deciso. Un bianco direi anche elegante quando tutto è finito e stai per riprendere il bicchiere grazie alla freschezza, nasce ad Agropoli nelle vigne Cannettiello e Destre. Sono contento che Bruno lo abbia voluto e spero proprio che testa matta non cambi idea negli anni, altrimenti ci penso io: vado a Prignano e lo picchio.
Sede a Prignano Cilento, Contrada Querce, 1
Tel e fax 0974.831090
Sito: http://www.viticoltorideconciliis.it
Enologo: Bruno De Conciliis
Bottiglie prodotte: 200.000
Ettari: 25 di proprietà
Vitigni: fiano, trebbiano, aglianico
Dai un'occhiata anche a:
- Vini Albamarina Vecchi e Nuovi
- Naima Aglianico Paestum Igt 2010 Viticoltori De Conciliis
- Vetere Limited Edition Rosato Paestum Igp 2021 San Salvatore
- Masseria Felicia Sinopea 2020 Falanghina Roccamonfina Igt Una storia del cuore. Parte prima.
- Vini Azienda Sangiovanni a Castellabate– Nuove Annate
- Valentina Fiano Paestum Dop 2017 Alfonso Rotolo
- Vino rosso da vitigno Reginella
- Vini Lenza – Nuove annate