Dell’importanza crescente della blogsfera nella determinazione delle opinioni
(prima ascoltare qui)
Sono già alcuni anni che Angelo Gaja ha deciso di usare la Rete per trasmettere opinioni sul tema, ma è da qualche mese che questa frequentazione è diventata più assidua scegliendo alcuni siti e blog specializzati per diffondere prese di posizione e bilanci. Credo però che alla fine di agosto si sia verificato un cambio di passo molto indicativo, con un suo intervento a gamba tesa nella questione del Brunello di Montalcino dal quale sono nate dure e serrate discussioni, anzitutto nel blog di Franco Ziliani che per primo e più forza e costanza ha tenuto in piedi la questione in questi mesi, ma anche negli spazi più seguiti del settore, cito a memoria e mi scuso se salto qualcuno: Winesurf di Carlo Macchi, Esalazioni Etliche di Roberto Giuliani, Kela Blu di Massimo Bernardi, Aristide di Giampiero Nadali.
Ecco, pensavo: quanto costerebbe mettere i piedi nel piatto in questo modo nella blogsfera specializzata, avere la capacità di imporre l’argomento e affermarsi come azienda all’attenzione del segmento più attento e vivace degli appassionati e degli operatori di vino, attraverso un ufficio stampa? Credo, conoscendo le cifre che circolano, qualche migliaio di euro. Ma non con questo effetto. Senza spendere un solo euro, Gaja sparagna e cumparisce, ossia risparmia e fa bella figura.Angelo è un fine e sofisticato commerciante oltre che grande produttore, dunque è per forza un abile comunicatore. Prima di altri suoi colleghi che sembrano dei panda allo zoo di Pechino per la velocità con la quale si stanno muovendo negli ultimi anni in cui tutto sta cambiando, ha intuito che la Rete oltre a fare da controcanto all’informazione ufficiale, sempre più anchilosata della stampa e sempre più superficiale della tv, è una grande opportunità di circolazione di idee e, deinde, anche e soprattutto di costruzione dell’immagine. Sa di essere al tempo stesso oggetto e soggetto di questo processo, ossia una persona di cui si discute, e non in termini reverenziali, consacrati, sacralizzati, come avviene ancora negli altri media. Sa anche che la Rete rimette in gioco ciò che altrove è consolidato, conta certo il bagaglio e l’esperienza di ciascuno, ma non come credito apriori, bensì nella fattualità della costruzione del proprio profilo nel corso degli anni.
Io credo che aver messo il messaggio nella bottiglia della Rete e non attraverso altri media segni un piccolo salto nel rapporto tra la blogsfera e il settore vitivinicolo. Non sono un esperto di internet nel suo aspetto intimo, ma credo però che quanto sta avvenendo nell’enogastronomia sia sicuramente più avanzato che in altri segmenti dell’umano vivere. Direi, anzi, che è già cambiato in modo significativo.Un politico per trasmettere la sua cazzata quotidiana si affida ancora alle agenzie o all’intervistina al Tg1 delle 20 se è più potente. Oppure alla grande stampa. Non siamo negli Usa dove Hillary ha annunciato la sua candidatura nel sito. Invece Gaja ha scelto, per dire la sua su una questione decisiva per il futuro del vino italiano, con tutto il rispetto non stiamo parlando della doc Pentri, la forma della lettera ad alcuni siti e blog. Di più, ha rilanciato dopo la discussione invitando alcuni lettori dei blog, venti per la precisione, nella sua azienda a discutere con lui: una proposta un po’ infantile nei contenuti ma forse proprio per questa capace di rilanciare ancora il tema e tenere banco per altri quattro giorni. Insomma, per farla breve: sono dieci giorni che non si parla e non si scrive d’altro. Con ottimi riflessi sul numero degli accessi, complice la ripresa settembrina, che rende molto tonici siti e blog specializzati come si evince, tra l’altro, dalla classifica Blogbabel (da prendere come indicatore importante ma non esaustivo perché prescinde dalle visite e rileva i rapporti solo fra gli iscritti).
Già, ma cosa in realtà sta cambiando?In primo luogo il numero delle persone di riferimento. Mi metto nei panni di un produttore degli anni ’90 quando tutto era più facile: infatti per far conoscere il mio vino e promuoverlo dovevo costruire rapporti con tre, al massimo quattro guide nazionali. Oggi, pur non essendo venuta meno la funzione delle guide, tanto è vero che se ne discute molto e la blogsfera ha costruito la propria identità come alterità ad esse, come altro dalla comunicazione ufficiale, le cose sono molto più complesse perché attraverso i media tradizionali raggiungo la grande massa, il passaggio in tv resta la cosa più immediata, con le guide un segmento di pubblico, ma per toccare il cuore degli opinion leader del settore devo confrontarmi nella Rete dove c’è una grande pluralità di soggetti e di correnti di pensiero.
Secondo me, e la mossa di Gaja ne è la reificazione, il mondo del vino, ma anche della gastronomia, ha ormai già fatto questo passaggio a differenza della maggioranza degli altri settori produttivi e culturali italiani. Ecco perché grandi affabulatori del passato sono divenuti improvvisamente segno in bianco e nero come una canzone di Tony Dallara. Un passato rassicurante e opulento, ma passato. Non è assolutamente vero, come ho letto in qualche commento, che il produttore piemontese «si diverte» e guarda tutti dall’alto, penso invece sia preoccupato come tutti per un mercato in crisi e lavori assiduamente per tenersi aggiornato, tenere il passo con il cambiamento. E questo è un punto a suo favore perché la maggioranza, starei per dire la totalità, dei colleghi del suo livello stanno ancora con l’ufficio stampa che ti comunica il concerto in cantina, la manifestazione all’estero e il premio della guida x piuttosto che y. Lo stesso vale naturalmente nell’informazione: voglio sottolineare l’esempio professionale di Stefano Bonilli, che da una posizione di assoluto rilievo che si poteva godere tranquillamente giocando di rimessa, ha deciso di mettersi in gioco anche in rete, conservando la funzione da leader dettando temi, adeguandosi al linguaggio, evitando di restare, come diciamo a Napoli, sul cerasiello.
A ben pensarci, qual è il segreto di questo passaggio? Proprio quello che funziona nella vita reale, la fiducia nella persona che ti da l’indicazione. I primi sbarchi su internet erano in realtà dei giornali senza carta, la stessa pretesa generalista, la stessa voglia di raccontare tutto il possibile. Erano come le prime automobili, carrozze con il motore al posto dei cavalli. Ben presto però si è capito che invece il successo di un blog e di un sito è affidato alla credibilità, tanto professionale quanto etica, di chi ci scrive. Siccome il vino, come il cibo ad un certo livello, è basato su questo rapporto di fiducia, delegato nell’era glaciale pre-internettiana esclusivamente alle guide, ecco il motivo del cambiamento di peso specifico di incidenza di questo nuovo media. Questo non significa, ben inteso, sostituzione, ché anche uno strumento primordiale come il tamburo ha ancora suggestive capacità di presenza, perché poi alla fine non è il mezzo a fare audience, ma quello che si tiene da dire. I blog e i siti costruiti a botta di copia incolla sono ininfluenti e inutili quanto la free press o il Tg di Rete 4.Ma c’è anche un altro elemento da considerare a vantaggio della rete percepito da Angelo: l’annullamento del tempo. Io avevo queste cose che mi frullavano nella testa ieri, anziché di aspettare venerdì prossimo nella mia rubrica settimanale del Mattino le ho scritte e rese pubbliche immediatamente. La velocità con cui cambia la comunicazione è molto importante, direi decisiva. Sino a qualche anno fa di questi tempi mi sbattevo a fare telefonate per sapere chi aveva vinto i Tre Bicchieri e il giornale mi dava una pagina quando ero in possesso della notizia temendo che altri la pubblicassero. Oggi questa stessa cosa non è ritenuta rilevante né dalla stampa, ma neanche dai consumatori disposti a spendere perché la scelta non passa più attraverso questo meccanismo e i ristoratori che fanno la carta con questo criterio credo si contino in Italia con le dita di una mano. Naturalmente parlo dei Tre Bicchieri perchè è da sempre il riconoscimento più importante di settore, ma a maggior ragione vale per il resto. Questo, credo, imporrà un ripensamento delle Guide che non a caso sono in crisi di vendite, io le vedo come un fermo immagine di un film in continua evoluzione. Evoluzione che internet ti consente di seguire giorno dopo giorno. Per questo Angelo invitò un gruppo di forumisti tra cui il mitico Vignadelmar in azienda dopo una accesa discussione sui suoi vini.Non so se questo vada nel senso di una democratizzazione della critica, certo al momento è un suo significativo ampliamento e arricchimento, più corrispondente al gesto quotidiano che si ripete milioni di volte al giorno a cui i produttori guardano con ansia, quel dito puntato sulla carta o sullo scaffale con il quale il consumatore dice: voglio bere questo.
Proprio questo momento Gaja sembra non aver colto quando fa una distinzione, valida nei media tradizionali ma inesistente o comunque sottile in Rete, fra chi scrive e chi legge. Un atteggiamento quasi un po’ dalemiano, quello di rivolgersi direttamente ai lettori bypassando i giornalisti e/o blogger <cattivi> e <infedeli>. In questo caso, dico nella Rete, il punto è che il primo lettore è proprio chi scrive.Ecco, al nostro Angelo manca ancora questo passaggio. Ahimè per lui, e per tutti noi, decisivo per capire come muoversi nel futuro prossimo.
Ps: sulla questione del Brunello ho poco da aggiungere. Io sono da sempre per l’ampia e totale libertà di sperimentazione in vigna come in cantina e rispetto profondamente chi ha investito in questo settore, non arriccio il naso se trovo Cabernet sul Vesuvio o trucioli nel brick, a patto però che tutto sia esplicitamente dichiarato e conforme alle leggi. Il Brunello docg è solo Sangiovese, chi ha usato uve diverse ha ingannato il consumatore e deve pagare duramente. Chi vuole fare altro lo faccia, ma non potrà chiamarlo Brunello. Spero che su questi concetti lapalissiani, che mi vergogno pure a ribadire, non ci siano sbavature nel mondo della critica e degli appassionati perché è in gioco l’immagine del vino italiano nel Mondo.
Caro Luciano,non posso che plaudire a questo tuo fondo – massì, usiamo ancora la vecchia terminologia giornalistica anche in Internet! anche perchè, come post vero e proprio, sarebbe un po’ troppo lunghetto…;-) – di cui condivido tutto.E’ un dato di fatto che produttori di vino (e cibo) stiano iniziando a capire che la rete e i suoi protagonisti – nella fattispecie i blogger – hanno e avranno sempre maggior peso nell’orientare opinioni e scelte finali dei consumatori.E’ un (altrettanto) dato di fatto che questi illuminati sono ancora troppo pochi, e che a ben vedere sono…illuminati solo in parte, perchè procedono a tentoni, a volte azzeccando la mossa – la scelta di Gaja di rivolgersi alla blogsfera – a volte dimostrando di aver capito poco o nulla dello spirito di questi nuovi media – la decisioni di invitare alla sua corte solo “lettori” di blog e affini, con la consegna del silenzio. In gergo si chiamano lurkers – .Sono reduce con Giampiero alias Aristide dalla 3 giorni spagnola dell’European Wine Blogger Conference, un’esperienza esaltante, che potrebbe segnare una data nell’ancor breve storia del wine blogging. Dai quei giorni infatti sono emersi stimoli e idee affatto banali, che potranno avere un serio riflesso anche nella vita reale. Non ci resta da augurarci che il mondo del vino impari davvero a mettersi in gioco nel web…il fatto che molti ancora ne diffidano o ne vogliano proprio sapere, non è un bel segnale, perchè in rete “funzioni” se sei trasparente.Bugiardelli e furbetti che cercano di darti una cosa per l’altra vengono scoperti subito.Elisabetta TosiHo letto il suo articolo trovandolo azzeccatissimo. Ma talvolta ho l’impressione che il tutto sia onanistico e che siamo noi soliti, sempre gli stessi, lettori degli altri.Vedo, in ogni caso, che il mio attingere musicalmente a youtube fa proseliti ;-)
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