di Andrea Guolo
Ciociaro di nascita, formatosi professionalmente nelle cucine di Marina del Cantone da Alfonso Caputo, globetrotter per la prima parte della carriera fino all’esperienza al Maritozzo di Mosca (dove fu raggiunto dal suo maestro per una serata di cui già vi abbiamo raccontato), oggi Andrea Impero ha trovato la sua dimensione nel cuore dell’Umbria, a Borgobrufa Spa Resort, la meravigliosa struttura alberghiera di Andrea e Ivana Sfascia che si trova sulle colline di Torgiano ed è dotata di una delle più belle Spa d’Italia.
Conclusa appena in tempo (prima del Covid e soprattutto prima della guerra con l’Ucraina) la sua parentesi moscovita, il trentatreenne chef di Ferentino è approdato a Brufa e si è letteralmente innamorato del territorio, dei prodotti e delle tradizioni della cucina umbra, che oggi ripropone in chiave personale e contemporanea ma con estremo rispetto della materia prima che gli viene consegnata dai contadini e dagli allevatori del luogo. I risultati del suo lavoro si possono degustare nel ristorante del resort, Quattro Sensi, e nel piccolo spazio di alta cucina Elementi Fine Dining, inaugurato in soft opening nell’autunno 2021 e avviato ufficialmente nella primavera successiva. Una storia, quella di Impero, che sembra destinata a continuare insieme alla famiglia Sfascia per portare il ristorante al raggiungimento di importanti obiettivi.
Chef, partiamo dall’inizio…
La mia esperienza nelle cucine dei ristoranti e delle trattorie in Ciociaria inizia a 14 anni e non per ragioni di famiglia, perché in realtà non abbiamo mai avuto locali. La causa di tutto è stata mia nonna, ottima cuoca e in grado di trasmettermi la passione per la preparazione dei piatti. A 18 anni ecco l’incontro che mi ha cambiato la vita: quello con Alfonso Caputo.
Come avvenne il passaggio alla Taverna del Capitano?
Doveva essere uno stage, invece sono rimasto lì per quattro anni. Ad Alfonso devo la parte formativa più importante, dalle basi alla crescita nella brigata; lui mi ha trasmesso l’amore per il mare e il culto della materia prima. E poi, quando ha ritenuto che fossi pronto per ulteriori esperienze, mi ha aiutato a viaggiare, mettendomi in contatto con le persone giuste. Sono seguiti i due anni a Roma da Vivavoce by Don Alfonso Iaccarino del Hotel Gran Melià e le esperienze all’estero: a Barcellona da Can Fabes, a Vladivostok come executive chef del Restaurant George I, i due anni a Londra al Quattro Passi.
E poi Mosca… Come ci arriva?
Il tramite è strano Marco Gubbiotti, chef stellato Michelin con il ristorante Alla Bastiglia di Spello, che aveva ottenuto una consulenza per la realizzazione di un ristorante nella capitale russa. Mi chiamò e insieme portammo avanti il progetto che sarebbe sfociato nella realizzazione di Maritozzo. Un luogo davvero importante, suddiviso in tre piani ciascuno dedicato a una tipologia diversa di ristorazione. A soli 25 anni mi sono trovato a capo di trenta cuochi e lì sono rimasto fino al febbraio 2019, quando improvvisamente si aprì la porta dell’Umbria.
Come avvenne?
A Mosca stavo benissimo, mi sentivo al centro della scena e il ristorante era sempre pieno. Quando un giornalista (si trattava Bruno Petronilli, direttore di James Magazine, nrd) mi segnalò alla proprietà e fui contattato, non avevo molta intenzione di rientrare. Poi però, nel pieno dell’inverno moscovita, mi sono preso un po’ di ferie e ho visitato Borgobrufa, restando colpito da tutto: proprietari, struttura, livello, obiettivi. La proposta di portare avanti la cucina del resort con la successiva apertura del fine dining mi ha spinto ad accettare. E sono già passati più di quattro anni.
Quattro anni non proprio facili, con il Covid di mezzo…
A marzo 2020 era stata fissata l’apertura di Elementi Fine Dining, invece abbiamo dovuto chiudere anche il resort. L’attesa per l’inaugurazione vera e propria è continuata per due anni, ma nel frattempo ho studiato il territorio e ora posso dire che Borgobrufa è il punto in cui converge il meglio della materia prima umbra. La ricerca era iniziata fin dal mio arrivo, quando Borgobrufa era chiuso per il restyling che ha comportato anche il salto di categoria (da 4 a 5 stelle), e all’apertura ufficiale nel settembre del 2019 il menu del ristorante Quattro Sensi già vedeva la collaborazione con 27 piccoli produttori. Ora siamo saliti a quota 60 e sono quasi tutti all’interno della regione Umbria. Che è piccola come dimensioni, ma è grande come patrimonio gastronomico.
Qualche esempio?
Tra i piatti più rappresentativi di Elementi compaiono gli Spaghetti in crioestrazione di cipolla di Cannara. Un giorno incontro Luigi Ortolani, il produttore “storico” della cipolla di Cannara, un uomo ormai anziano, a tratti burbero, che per tutta la vita ha coltivato le sue cipolle. Ci sediamo al tavolino, con un bicchiere di vino davanti, e gli chiedo: ma perché non lavori con la ristorazione? Lui mi guarda in maniera scocciata e risponde: perchè questi chef si pensano di fare chissà cosa e poi invece, quando torno a casa e trovo un buon piatto di pasta con le cipolle, penso che sia inutile inventarsi cose strane quando quelle semplici sono le più buone. Torno a casa e penso: sai che quest’uomo ha ragione… Tutti noi cerchiamo sempre qualcosa in più e dimentichiamo che quel che ha reso famosa nel mondo la cucina italiana è il lusso della semplicità. Così ho fatto la mia pasta con le cipolle, che naturalmente non poteva essere la stessa della cucina di casa Ortolani. Ho lavorato in crioestrazione, utilizzando la tecnica di Yannick Alléno. Alla fine si presenta come una pasta in bianco.
E Ortolani che ne ha pensato, quando l’ha assaggiata?
È rimasto un po’ stranito, perché non trovava la cipolla nel piatto…
Altri piatti significativi?
Cito il nugget di pollo. I polli sono quelli di Laura Peri, l’unica allevatrice in Europa ad avere una genetica in purezza di un’unica razza di pollo, il Bianco Valdarnese, e a disporre dei permessi per incubare e far crescere i propri pulcini in allevamento, tenendoli per l’intera vita all’interno della stessa struttura. Con lei sono entrato in simbiosi. E ho pensato ai nuggets perchè tutti li conoscono, tutti li mangiano e tutti ne sono ingolositi. Così è nato il mio nugget in chiave fine dining e non da un pollo allevato in maniera industriale, ma da un animale che cresce fino a 18 mesi, vive nella natura, in centro Italia (Toscana, per la precisione), ruspa e mangia quel che trova. È un nugget sostenibile perché contiene anche le parti di scarto del pollo ed è accompagnato da una maionese realizzata con il quinto quarto del pollo.
Perché si trova così bene in Umbria?
Perché mi offre la possibilità di evitare le distribuzioni di élite. Lavorare con i cataloghi di prodotti di eccellenza è una necessità, se ti trovi a Mosca o a Londra, dove le materie prime del territorio sono di livello bassissimo. Qui è completamente diverso e un catalogo non entrerà mai nella mia cucina umbra: perché manca d’animo, non riesco a cucinare in quella maniera, non posso dare una spinta emotiva. Visione, uno dei due nuovi menu, è la concretizzazione di questa ispirazione e di questa spinta emotiva
Tra i piatti di Visione c’è Colpa d’Alfredo. Che c’entra Vasco Rossi?
Assolutamente niente! Il riferimento è Alfredo Angeli, allevatore di Orvieto che quando lo vado a trovare, mi tiene una giornata intera con lui. La sua colpa è di avermi coinvolto e appassionato. Del resto con Alfredo non è difficile appassionarsi… Ogni suo maiale ha un nome e ha la carta d’identità. Quando lo deve macellare, gli piange il cuore.
A Borgobrufa ci sono due ristoranti e una sola cucina per le preparazioni. Che cosa comporta, dal punto di vista operativo, questa suddivisione di destinazioni?
Inizialmente mi spaventava, poi ci siamo organizzati al meglio e oggi siamo contenti. Le materie prime di Quattro Sensi ed Elementi Fine Dining sono le stesse, a cambiare sono le preparazioni. Il nostro metodo prevede che ogni capopartita debba cucinare e impiattare, così tutti si sentono parte del progetto. E poi cerchiamo di ruotare spesso le partite, per rendere tutti pienamente operativi ed efficaci. Anche perché la cucina fa grandi numeri: lavoriamo due maiali al mese e non è poco. In più, per Elementi, ci dedichiamo pure alla preparazione e alla stagionatura dei salumi.
Cucinare per i clienti di una Spa, che si presume siano particolarmente attenti agli aspetti della leggerezza del cibo, rappresenta un punto di forza o un limite?
Sì, è vero che lavorando in una Spa non puoi appesantire i piatti del ristorante Quattro Sensi. Ma in realtà è un problema che si limita al pranzo, quando il menu tiene conto di questa necessità. A cena, invece, non c’è compromesso: la mia cucina è concreta, di gusto e di sostanza. D’inverno c’è la gricia e d’estate non posso non proporre una linguina alla Nerano… Pochi piatti di pesce, tutto è incentrato sulla carne perché siamo in Umbria, cucina di terra, di maiale, d’agnello. Se non fosse così, non saremmo autori di una proposta vera. E invece lo siamo sia al Quattro Sensi sia da Elementi, dove non entreranno mai l’astice o il foie gras perché le materie prime che utilizzo devono esprimere il territorio e devono appartenere al mio pensiero.
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