A ciascuno il suo. Ciomei, Fiordelli, Maffi e Pignataro hanno girato e mangiato un paio di giorni a Parigi. Quattro racconti per quattro pasti pubblicati su Luciano Pignataro WineBlog e Consumazione Obbligatoria
Ecco il quarto
di Leo Ciomei
Il tour-de-force parigino oltre ai due grandissimi Ducasse e Robuchon comprendeva anche un paio di bistrot, naturalmente non scelti a caso. Abbiamo ponderato a lungo infatti fra i molti disponibili e, su mia insistenza, la scelta per una tappa è caduta su Rino alias Giovanni Passerini, romano trapiantato ormai da anni nel 12° arrondissement. Zona ad alto tasso enogastronomico il triangolo tra place Bastille, Belleville e place de la Nation: oltre al nostro Rino ci sono pure il cinese Shan Gout, il Deux Amis, il citatissimo Chateaubriand e la Gazzetta di Peter Nilsson, dove Passerini era sous-chef. Senza dimenticarsi un nuovo locale (nè ristorante nè bistrot…) che abbiamo scoperto per caso e di cui scriveremo in seguito.
E spinti dal solito infernale Maffin (© Leo) che abbisogna costantemente di sedersi a qualche tavola iniziamo il nostro pranzo alla Bastiglia proprio prendendo un aperitivo alla Gazzetta: un paio di bianchini per il duo Fiordelli/Maffi e un cocktail di frutta per me, corredati dalle solite internazionali noccioline.
Accoglienza amichevole di Giovanni Passerini e della sua brava collega che ci mettono a sedere nel tavolo davanti alla cucina in modo da poter osservare lo chef e il suo aiuto jap all’opera. Il servizio è veloce e informale come conviene a un bistrot di questo genere, senza il fiato sul collo dello Chateaubriand. Stupore per le ridotte dimensioni del locale ma soprattutto della cucina: sì e no 5 mq. ! ma tutto il bistrot raggiunge forse i 40 mq. con circa 20/24 posti a sedere. La disamina della carta dei vini ci fa sorridere non tanto per la varietà ma per il livello dei prezzi ben distante da quelli della sera precedente.
Le etichette in lista non sono banali e i ricarichi “italiani”, l’unico appunto che mi sento di fare, da sfegatato champagnista, è la scarsa varietà di bollicine. Il nostro esperto fiorentino sceglie comunque un buon Riesling Wiebelsberg Gand Cru 2004 in carta a 32 euro. A pranzo c’è la possibilità di mangiare un paio di piatti descritti sulla lavagna/menù, ad un prezzo basso per Parigi e non solo mentre a cena ci sono due scelte a 35 e 55 euro: ça va sans dire che noi optiamo per provare qualche piatto serale.
Il primo piatto che ci arriva è da colpo allo stomaco: tortelli ripieni di testina di maiale in consommè di moeche e rapette viola. Ottimo. Per me superflui i pezzi di rapa ma sembra che nella capitale francese sia il vegetale più à la page.. Ne avrei voluto rubare un paio al Maffi ma il tempo di fare le foto e il maudit aveva già finito il piatto !
La portata principale di pesce è invece la pescatrice (o coda di rospo) con zuppa di cicoria. Giovanni ci spiega che viene prima marinata nel sale e poi cotta solo da un lato per preservarne la morbidezza, ci viene aggiunta un’emulsione di olio di merluzzo in infusione di pesce affumicato, zuppa di carota gialla, con carote crude e cicorie in insalata (indivia, indivia rossa, tarasacco, dente di leone bianco). Molto buona, la verdura di solito mi piace poco ma in questo caso era un bel complemento.
Piccione, suo fegato, fegato di rana pescatrice, cipolla, tarassaco. Grande piatto ! la cipolla (e la salsa di cipolla sul fondo) che stemperava il forte sapore del fegato e del tarassaco, appena scottato con aglio e olio; insolita e piacevole la combinazione fegato di pescatrice/fegato di piccione. Prova provata che nonostante il piccione ormai sia servito pure dalla zi’ Cesira ci sono ancora molte opportunità per farne una notevole portata.
Collo di maiale (di Tolosa). Cotto 1 ora e 1/2 a 65° (e non millemila ore come sembra ormai d’uopo), disossato, arrotolato e caramellato sulla plancha. Accompagnato da vari tipi di cavolo (un must stagionale), salsa di aceto e alloro e tapenade di olive. Eh, anche qui si sente la mano giusta nella cottura e negli abbinamenti.
Come formaggio ci viene portato un buon Comtè stagionato 30 mesi e poi per dolce Torta alla ricotta, agrumi, frutta secca e gelato al pistacchio. Buono, anche per noi che i dolci ormai li apprezziamo poco..
Mi è sembrata un’ottima esperienza e mi sento di consigliare Rino ai nostri connazionali in trasferta oltralpe, al pari (o addirittura superiore) di molti blasonati bistrot.
Una chiosa finale a questo nostro tour gastronomico parigino: inutile negare che molto del piacere che abbiamo a tavola dipende dai commensali che ci circondano. Ecco, io (e spero i miei amici) siamo riusciti a gustare il meglio dei locali testati anche per la bella convivialità che si è creata, pur con i nostri difetti e idiosincrasie (Maffi con la sua avversione per il metrò, Pigna maniaco dei vini, Leo frequentatore di chiese gotiche, Fiordelli con la sua passione per… beh, lui è giovane, se lo può permettere !). Aspettatevi quindi il bis!
Il racconto di Ducasse di Aldo Fiordelli
Il mio racconto di Robuchon
Il racconto di Chateaubriand di Giancarlo Maffi
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