A ciascuno il suo. Ciomei, Fiordelli, Maffi e Pignataro hanno girato e mangiato un paio di giorni a Parigi. Quattro racconti per quattro pasti pubblicati su Luciano Pignataro WineBlog e Consumazione Obbligatoria.
Iniziamo dal primo
di Aldo Fiordelli
Il faut revenir à l’essentiel. Repartir du tout début, là où sont les goûts vrais, les parfums originels. Redonner à la technique son véritable et unique rôle : révéler la saveur de la nature. Firmato: Alain Ducasse, il Proust della cucina moderna.
Parigi, avenue Montaigne, lunedì sera. Ciomei, Maffi, Pignataro e io passiamo sotto la porte tournante del Plaza Athenée. Una deliziosa moretta in tailleur bianco e nero, che le metteva in risalto un vitino taglia 40, fa un mezzo giro intorno al ricevimento per accoglierci invitando un collega a prendere i nostri soprabiti. Pochi minuti dopo tornerà a sussurrarmi all’orecchio la parola “scorzonera”. Era solo la conferma della descrizione fattami in francese del salsifis, parola che non conoscevo e radice mai sembratami tanto sensuale.
Abbiamo una prenotazione a nome Maffi, dice il Maffi un po’ emozionato nel suo francese all’italiana che a Parigi piace come da noi l’accento alla Fenech. Oui, vous êtes des amis de Monsieur Enzò, interviene Denis Courtiade, il direttore di sala che ci seguirà durante la nostra serata. Ha appena avuto il riconoscimento come migliore al mondo, lo stesso titolo dato a Bottura per i cuochi.
Ho contato 34 persone in 14 tavoli sui 18 che si sono andati occupando nel corso della serata. Nei centrotavola, taglieri di legno con una verdura di stagione. Et voilà! Il menu in un cartoncino rigido in verticale sulla tavola, sarà l’unica cosa su un piedistallo (insieme al consommé di scampi sul quale il Maffi2 ha chiesto e ottenuto ça va sans dire il bis). Tutto il resto qui, cioè là… où sont les goûts vrais, resta consacrato alla semplicità e a quanto possa essere articolata e sondata ancora, quando già pensiamo di aver scoperto tanto. La recherche di Ducasse sembra per la cucina quello che la Recherche di Proust è stata per la letteratura.
Quale appassionato gourmet non ha mai mangiato cappesante e tartufo?
Forse non con un fondo tirato alla perfezione con una leggera increspatura della superficie a contatto con l’aria (si ritroverà anche sulla faraona) come nelle tazze di cioccolato bevute all’aperto, che qui legava le Saint Jaques alla truffe e alla scorzonera.
All’inizio ci hanno portato persino due bruschette, una con fettine di lardo e l’altra di branzino.
Coscette di rana come amuse bouche poi gli scampi cotti a vapore, tagliati e serviti con sopra il caviale e una sorta di “bisque da bere” e accanto la dolcezza e lo sferzante marino della tartara di scampi e agrumi. Qualche commensale era ancora scettico quando sono arrivate le cappesante. E’ più facile emozionarsi per dei ravioli sferificati che per una faraona in crosta, no?
Ma quando è arrivata la zuppa di “legumes et fruits”, il minimalismo del menu ha aperto un mondo di sensazioni che si rinnovavano l’una con l’altra con i tranci di astice nascosti nei cromatismi del piatto e la altrove noiosa carota assurta all’olimpo dell’alta cucina. Maffi2 se fosse stato livornese ne avrebbe ordinato un secchio. Ciomei è rimasto per qualche minuto più silenzioso del solito e gli tremavano anche le mani a giudicare dalla foto. Pignataro ha fatto vacillare lo sciovinismo partenopeo della cucina vegetariana e di mare e ancora non gli avevano servito il capriolo più buono della sua vita, questo:
Non era ancora finita. Prendete me che ho scritto un libro sul tartufo e scusate l’autocitazione, ma il nero invernale a cubetti non l’avevo mai mangiato. Quando è arrivata la faraona in crosta all’interno si erano appena cotti a vapore cubetti di foie gras e tartufo più grandi di una mirepoix e di una brunoise. Il piatto che in Francia comprano le casalinghe (ma dove sono le casalinghe a Parigi, via…) declinato all’eccellenza.
Un servizio veloce, con lo stesso personale a frenare sugli slanci gourmet des italienne. Lo chef disponibile a presentarsi, ma è lui che riceve in cucina con un felice snobismo. I vini sui tavoli di servizio frutto di scelte ricercate ma i grand cru si stappano nella discrezione di casa. Champagne Duval-Leroy Le Clos 1999 (100% pinot noir, in Francia la moda dei blanc de blancs perdura solo nei bistrot); Riesling cuvée Frederic Emile di Trimbach 2002; Gevrey Chambertin 1er cru Lavaux Saint-Jaques 2000 domaine Harmand Geoffroy; Vouvray Moelleux 2007 Clos du Bourg Domaine Huet e per finire, un Armagnac nero di Bruno de Coincy 1988 dall’elegante profumo di ranciò. Proustiano pure lui.
Nel gioco pregi e difetti, un neo ci sarebbe. In avenue Montaigne una mezza porzione di scampi e caviale costa 90 euro. Il nostro menu degustazione completo 350. Dieci volte il biglietto aereo. Ma non vorrete mica che fuori dal Plaza Athenée ci sia la fila del check-in Ryanair?
Alain Ducasse au Plaza Athenee
Avenue Montaigne 25
Tel. 01.53676500 e 01.53676512
www.alain-ducasse.com
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