di Giovanna Pizzi
“Amare senza amaro non si puote.“
E da amare è la Calabria anche e soprattutto quando è amara.
Amara non per i luoghi comuni e i soliti cliché che spesso si insinuano al di là del Pollino ma per un fenomeno che negli ultimi anni la sta investendo e invadendo: la produzione di amari.
Fenomeno nuovo che vanta una tradizione secolare ed è alimentato da una miriade di aromi e botaniche della quale ogni angolo di Calabria è ricco. Bergamotto, liquirizia, finocchietto, alloro, arancia, camomilla, anice, mandarino e, ancora, china, genziana, origano, rabarbaro o cedro, artemisia, cardo, mandorla, rosmarino e, perché no, peperoncino. La “lista degli ingredienti” che può comporre un amaro è davvero infinita e i territori incontaminati di questa regione ne amplificano il fascino.
Ma facciamo un piccolo passo indietro perché è bello ed interessante narrare la cronaca recente della crescita di una regione che per molti si è rivelata tutta da scoprire.
È successo che non più di 4-5 anni fa, complice un articolo del New York Times che indicava la Calabria come meta enogastronomica inedita, l’attenzione per la ‘nduja (che è diventato il salume più venduto al mondo), la cipolla rossa di Tropea (che da quasi scomparsa sta vivendo una vera e propria escalation produttiva), il bergamotto (che ha decuplicato gli ettari coltivati) e tutto il “paniere” delle sue specialità tipiche o eccellenze enogastronomiche, come ormai ci piace dire, è cresciuta esponenzialmente.
I migliori amari in Calabria
E i calabresi, perché a volte le cose succedono al contrario, dopo un attimo di incredulità, se ne stanno rendendo conto sempre più e stanno vivendo un momento di entusiasmo, consapevolezza e voglia di imprendere.
Tante infatti sono le nuove realtà produttive, che spesso e volentieri riguardano giovani determinati con idee moderne e innovative, che si stanno proponendo sui mercati.
E non solo con quei prodotti che da sempre sono la carta d’identità della Calabria, come quelli di cui sopra, ma anche con la riscoperta e la rivalutazione di altre produzioni che si stavano perdendo o dimenticando, come il fagiolo poverello bianco, la melanzana violetta di Longobardi, l’annona di Reggio Calabria, i carciofini selvatici o addirittura la zucchina centenaria (a casa mia “cucuzza spinosa”) che vi invito ad assaggiare. Ah, e scusate se cito gli artefici di questi straordinari recuperi, perché la verità è che dietro queste dinamiche territoriali c’è la faccia e la passione di “persone” e quindi dico “bravi!” a Teresa Maradei, Francesco Saliceti, Francesco Anghelone, Domenico Brizzi e Francesco Cordopatri.
Ma non divaghiamo troppo (mi sento Diego De Silva quando faccio così) e fissiamo il concetto che il calabrese ha finalmente riconosciuto il valore e l’identità delle sue produzioni e sta rendendo loro piena giustizia, riprendendo colture e trasformando le tante materie prime.
Ed il fenomeno, perché di questo si tratta (qualcuno dice “moda” ma va bene anche), che più mi sorprende e riscuote il mio interesse, perché esula da quelle che per l’immaginario collettivo sono le classiche “specialità” calabresi, è appunto la produzione di amari.
Si è innescato infatti negli ultimi anni un virtuosismo produttivo, per certi versi originale, che sta dilagando in tutta la regione.
Non faccio in tempo a notare la bottiglia di un nuovo amaro che già sento parlarne di un altro.
È la rinascita di un settore che, in realtà, ha “radici” molto lontane. Rosoli, liquori, amari ed elisir hanno la loro culla in terra calabra.
Ricette che erano a volte capolavori alchemici delle attività monastiche, altre sapienti rimedi medicamentosi delle antiche farmacie o, altre ancora, diletto del palato per pochi.
E, infatti, ha più di 150 anni l’Amaro Silano ed è dal 1884 che l’Amaro Calabrisella tramanda una ricetta benedettina, la Tedesco Liquori è un marchio che esiste e resiste dal 1908 mentre risale al 1915 la nascita del Gruppo Caffo e, ancora, l’Azienda Moliterno dal 1938 perpetua il lavoro delle Reali Distillerie Borboniche. E questi sono solo degli esempi.
Oggi questi amari hanno acquisito nuovo valore perché la Calabria si è identificata e viene riconosciuta per l’intensità delle sue botaniche, le sue erbe aromatiche, i frutti, gli agrumi, i semi e le radici, i più variegati, di cui è estremamente ricca.
Ma torniamo alla cronistoria e facciamo un altro salto indietro, su per giù, di due decenni. In quegli anni l’Amaro del Capo della Distilleria Caffo, più di altri, era presente nelle case di tutti i calabresi. Personalmente, una bottiglia di Amaro del Capo era il regalo che da brava calabrese portavo agli amici o ai parenti in giro per l’Italia, che lo aspettavano come il pane, perché all’epoca non si trovava oltre i confini regionali. E come me, sono certa, in tanti quando si trattava di portare un souvenir dalla Calabria. Da quegli anni ad oggi l’Amaro del Capo ha fatto un vero e proprio exploit (trascinando poi tutto il comparto). Onore al merito di Nuccio Caffo, che insediatosi nell’azienda di famiglia, ha portato il loro prodotto di punta, da Limbadi (VV), letteralmente in tutto il mondo, con numeri e fatturato in crescita esponenziale in pochissimi anni.
Successivamente l’evento che è stato il Big Bang della produzione degli amari in Calabria è stata la vittoria nel 2018 di un contest internazionale del neonato Jefferson Amaro Importante, prodotto dal “Vecchio Magazzino Doganale”. Un riconoscimento di tutto rispetto ma quello che soprattutto ha fatto il successo di questo prodotto è stata, senza timore di essere smentita, la capacità di fare marketing vincente e comunicazione efficace del titolare dell’azienda, Ivano Trombino, che per l’abilità di fare storytelling e di dare il nome ad un prodotto, potrebbe fare, se volesse, anche solo questo mestiere. Ma sappiamo che invece e per fortuna ha nuovi progetti in cantiere: il suo nuovo Borgo Produttivo a Montalto Uffugo (CS).
Ed è proprio seguendo questi due esempi che molti imprenditori hanno trovato ispirazione e spinta per lanciare la loro attività.
Tra questi, primissimi a suscitare apprezzamenti e curiosità sono stati due amari dell’Area Grecanica, che tanto ho a cuore, il Kephas e il Kaciuto. Due amari “cugini” a base di finocchietto, alloro e liquirizia, e il secondo anche di bergamotto, nati come piccole produzioni artigianali che velocemente hanno scalato il mercato incoraggiando tutti gli altri.
Non solo nuove aziende ma anche aziende antiche che hanno lanciato nuovi brand.
Tra questi, l’Amaro Eroico, prodotto da Essentia Mediterranea di Vittorio Gargaglione, figlio d’arte della storica Liquori Moliterno di Altomonte (CS), imprenditore brillante che ha creato un mix intenso di agrumi ed erbe aromatiche del quale, sono certa, sentiremo molto parlare.
Tra i figli d’arte c’è l’Amaro Numero Uno, il neonato ma con grandi promesse, dell’azienda Donna Annunziata che è una costola della Liquori Commendatore Annunziato Tedesco, antica azienda di Molochio (RC), che ha unito tradizione e attualità.
E succede che riprende vita in chiave moderna anche un’antica ricetta di un’antica farmacia di Castrovillari (CS) nella bottiglia della Ferrochina del Moro dei dottori Filpo. Oppure che imprese allargano i loro orizzonti come quella di Giuseppe Lo Giudice che, dopo aver aperto la strada ai microbirrifici calabresi con la birra Friddacala, gioca ancora con i termini dialettali e lancia l’amaro Qnk, Cuncappa (che più o meno significa “povero chi ci capita”). E il dialetto lo riprende anche Vincenzo Serra con il suo Foraffascinu, che richiama l’antica tradizione scaramantica calabrese di esorcizzare il malocchio.
Nomi, date e numeri a parte, da quelli a “multi zeri” dell’Amaro Silano a quelli di chi ce la mette tutta come Luca Rigieri dell’Amaro Lucji, la Calabria sta cavalcando l’onda della diffusione e dell’apprezzamento di questi prodotti.
E poco importa se, a volte, la distilleria non fisicamente è in Calabria o la sede legale è altrove, se c’è chi ha storia o c’è chi è si è improvvisato adesso, se ci sono aziende che danno da lavorare a decine di persone o c’è chi cerca di far camminare una piccola attività- diciamo che è un comparto che ancora non mette tutti d’accordo ed ecco che è proprio vero che la calabria a volte è amara!- poco importa perché a dispetto di tutto la grande produzione di amari calabresi è un dato di fatto.
L’ “amaro calabrese” è già un brand che magari un po’ sostituisce l’amaro di una Calabria con i vari problemi di una terra del sud.
I tanti amari calabresi sono appunto una realtà che, ad un certo punto, qualche settimana fa ho pensato dovesse essere assolutamente cristallizzata, inquadrata definitivamente come fenomeno calabrese (perché si sa, quello che non è raccontato non esiste… e già di letteratura calabrese in ambito enogastronomico ce n’è poca).
Ho pensato che non volevo che anche in questo caso fosse “un new york times di turno” (concedetemi l’ironia) a dire ai calabresi cosa stesse succedendo in Calabria. E per farlo non era sufficiente un articolo, serviva qualcosa che facesse più rumore. Più o meno il rumore che fa uno shaker mentre miscela distillati e succhi col ghiaccio.
Ed ecco che la settimana scorsa è andato in scena a Reggio Calabria, al Piro Piro, lido balneare tra i più belli, l’evento “Amara Calabria”. Un contest che ha visto ventidue bartender e barlady, otto batterie di cocktail ed una regione esprimersi attraverso l’arte della miscelazione. La Calabria si consacra pienamemente terra di amari e lo fa con una competizione che vuole sdoganare l’uso dell’amaro solo come digestivo e avvalorare una nuova tendenza che come sempre arriva da “oltreoceano”, quella degli amari come base di drink innovativi.
I cocktail sapientemente miscelati sono stati degustati e analizzati da una giuria composta da Angelo Canessa, Brand ambassador Velier e grande esperto di rum e distillati tropicali, Riccardo Sculli, Chef stellato del ristorante Gambero Rosso di Marina di Gioiosa Ionica (RC), Chiara Barbieri, Responsabile marketing e comunicazione Velier, Alfredo Del Bene, Giornalista enogastronomico ed esperto di miscelazione, Andrea Calvarano, Responsabile attività formative Aibes Calabria.
Nette e puntuali sono state le parole dello chef Sculli nel commentare l’iniziativa: “È la Calabria intera che si muove, che cresce con un prodotto che può diventare un marcatore identitario. Una nuova realtà che esprime in maniera diversa i tanti sapori e l’essenza calabrese”.
Presente alla manifestazione altra Stella Michelin calabrese, lo chef Nino Rossi, barman lui stesso e patron del cocktail bar Aspro, che ha introdotto in Calabria l’arte della miscelazione in abbinamento ai grandi piatti dei ristoranti d’autore e a Santa Cristina d’Aspromonte (RC) propone cocktail tra i migliori della mia vita.
Ma torniamo ad Amara Calabria, la prima parte della gara ha decretato i tre finalisti che si sono poi cimentati nella sfida finale preparando il cocktail della vittoria con degli ingredienti sconosciuti contenuti in una sorta di “mistery box”.
Ad alzare la targa di merito è stato Valerio Cutellè che ha preparato il drink denominato “Trigulu”, costruito con rum Sailor Jerry, Amaro del Capo, una banana in osmosi col pimento e gassosa al caffè. “Con questo cocktail voglio trasmettere a chi lo degusta il sogno del calabrian tiki” dice.
Sul podio anche Dario Barranca e Stefano Cosentino rispettivamente al secondo e al terzo posto.
Coinvolti e protagonisti, rappresentanti delle aziende e giornalisti di settore che si sono alternati sui divanetti del Piro Piro. Domenico Bellantonio e Laura Saraceno – gestori del lido con i quali è stata costruita l’idea dell’evento– e tutto lo staff del Piro Piro sono stati ottimi padroni di casa, mentre ha presentato la kermesse Marco Mauro supportato da me e il giornalista Francesco Mannarino.
Per dovere di cronaca e perché lo meritano, di seguito l’elenco degli altri bartender che si sono esibiti e hanno partecipato alla gara, tra parentesi invece l’amaro calabrese utilizzato per il loro drink:
Antonio Mazza (Amaro Cardus)
Cristina Familiari (Amaro Foraffascinu)
Stefano Costantino (Amaro Calabrese Monteleone)
Alessandro Oliva (Amaro Mzero)
Francesco Paone (Amaro Imperium)
Katia Nappa (Jefferson Amaro Importante)
Isabella Villegas Truiljo (Amaro Calabrese Monteleone)
Anatoliy Kolesnichenko (Amaro Numerouno)
Dario Barranca (Amaro Milone)
Giuseppe Laganá (Amaro del Borgo)
Gerlando Settimo (Ferocchina del Moro)
Martina Vazzana (Amaro Cuncappa QNK)
Martina Ielo (Kordax Amaro Reggino)
Andrea Baccilieri (Amaro Silano)
Vasile Vidrasco (Jefferson Amaro Importante)
Paola Zaminga (Amaro del Borgo)
Souleyman Conde (Amaro Silano)
Valerio Cutellè (Amaro Del capo)
William Mazzitteli (Amaro Eroico)
Italo Chiappetta (Amaro Foraffascinu)
Vincent Ianno (Amaro Silano)
Carmelo Martino (Amaro Lucji)
Un successo questo evento singolare, nuovo per la concezione dei drink e per il prodotto protagonista, in cui la Calabria si è dimostrata non solo terra di eccellenze ma anche, e mai come in questo caso, anticipatrice di un trend che sta già risalendo tutta l’Italia.
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