di Marco Galetti
Barbacarlo, il mio primo calice, folgorato sulla via di Ambivere grazie a Daniele, figlio di Fiorella Visconti dell’omonoma trattoria, che ha estratto, come il coniglio dal cilindro, la bottiglia dalla cantina, ho abbandonato, per una volta, le amate bollicine e ho goduto come un riccio, Barbacarlo, sensazioni nettamente terrene eppure celestiali.
Che noia che barba, Carlo, un po’ di brio, qualche novità, sempre la stessa vita…
Sembri sconsolata, che ti prende…stappiamo una bottiglia e festeggiamo con un rosso piemontese…
Che noia che barba, Carlo, piemontese falso e cortese, sembri senza pretese, sempre lo stesso vino, qualunque cosa stappi, copia conforme dell’originale, smussato e omologato per piacere a tutti, approvato dalla massa, belante e zelante, che non sono due belle parole
Forse preferisci bollicine francesi o un bel toscano…
Che noia che barba, Carlo, allora non mi hai capita, non ho bisogno di un sigaro, o meglio…avrei voglia di qualcosa di stuzzicante, ho bisogno di aria nuova, di uscire dalla routine, dagli schemi, di uscire a cena, di bere qualcosa di diverso e memorabile e poi, Carlo, portami a ballare e prima che la tua Barbarossa diventi bianca, famolo strano…
Ti porto in collina, a Broni, due fette di salame, una bella cassouela con le prime verze gelate e una bottiglia inconsueta…
Broni, Pavia, Lino Maga, amico di Brera e Veronelli e un vino unico a marchio registrato, a produzione limitata (diecimila bottiglie l’anno) ed esclusiva nei dieci ettari di proprietà dell’azienda agricola Barbacarlo, prodotto come si faceva trent’anni fa, a chi gliel’ha rimproverato, il commendatore, sembra abbia pacatamente risposto, no, lo faccio come duemila anni fa, senza uso di concimi chimici e diserbanti.
Sul foglio catastale è scritto Barbacarlo, vigna così indicata già dal 1886 terreno tufaceo ed esposizione a sud-ovest, Croatina 50, Uva Rara 30, Vespolina 20, l’etichetta canta…barba significa zio, alla memoria di uno zio Carlo fu dato il nome al vigneto, sono bottiglie che talvolta spumeggiano, sono vivi vivi, in evoluzione continua, zolfo, vecchie botti, sapienza antica.
Così, lo descrisse Gianni Brera: “Il Barbacarlo che un cugino monsignore prende a Broni, basta mescerlo per vederlo montare in superbia: e quel mussare di spume fini e veloci sembra una risata cordiale; poi è buono altro che storie! E sarà l’infanzia, sarà la disposizione atavica, io di vini migliori ne ho pure bevuti e ne bevo, ma non ne trovo mai che mi piacciano sempre in egual misura, che siano altrettanto leali a qualsiasi livello”
Dalle viti centenarie, un vino antico, simbolico, un racconto liquido, come la storia di un nonno, l’età delle viti è quella.
Questo post è dedicato ad un amico di Casteggio, lui come questo vino è naturale e schietto, può non piacere a tutti, come il Barbacarlo, ma in fondo è meglio così.
Buonanotte cara
‘Notte, ma che noia che barba, Carlo, ogni sera le stesse cose, invece di spegnere la tv e accendere la notte dormiamo
…ma Carlo e adesso cosa ti prende…che stai facendo…Carlo, non sembri nemmeno tu…
sarà stato il vino di oggi, desideri terreni per sensazioni celestiali
che Barbacarlo, che Barbacarlo, che Barbacaaaaarlo…
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