di Phyllis De Stavola
Curiosità e leggende da tre isole polinesiane
Le vacanze di Pasqua sono ormai prossime, e molti ne approfitteranno per concedersi, in alternativa alla classica scampagnata, un periodo di villeggiatura verso climi caldi per vivere una favola all’insegna di mare, relax e buon cibo al di sotto dell’equatore. Tra le mete più ambite, in alternativa a quelle del Bel Paese, vi è senz’altro la Polinesia Francese, paradiso tangibile di luce, mare, sabbia e fiori, dove risulta facile abbandonarsi ad una filosofia ‘traveliciuos’ (dall’inglese, neologismo che unisce le parole ‘travel’ e ‘delicious’). La cucina unisce, in un interessante connubio, la gastronomia tradizionale delle isole e la perizia della cuisine française con qualche lieve richiamo all’Oriente.
Dall’Italia sono decisamente tante ore di volo con scalo a Los Angeles e atterraggio a Papete, la capitale di Tahiti, da cui poi è possibile raggiungere le isole dei propri sogni appartenenti ad uno dei cinque Arcipelaghi in pieno Oceano Pacifico. Le nostre sono state: Moorea, Bora Bora e Taha’a nell’arcipelago delle Isole della Società, ciascuna delle quali replica, secondo il proprio stile, i rituali delle ghirlande di fiori all’arrivo, della bevanda di benvenuto, delle danze maohi a ritmo di tamburo, della sequenza di ‘Iaorana’ (ciao), ‘Maeva’ (benvenuto) e ‘Maururu’ (grazie) del personale locale.
Al colorato e chiassoso Mercato di Papete, il primo impatto con le verdure e tuberi locali (quale il tubero di taro una sorta di patata, il tubero di tarna papaya, il tubero di ufi), frutta (la panassa, il frutto dell’albero del pane, oltre ai frutti conosciuti in tutto il mondo quale il mango, la papaya, lime, ananas, pompelmo, angurie usati per preparare bibite rinfrescanti e per il po’e, composta di frutta servita con latte di cocco cremoso) e pesci mai visti prima, oltre che con l’olio di monoi (olio di cocco emolliente) e di tiare (a base di estratto di questo profumatissimo fiore bianco), con gli ambitissimi e pregiati baccelli di vaniglia e con l’acqua di cocco bevuta direttamente dalla noce di cui poi si mangia la polpa.
Molto diffuso è il pesce crudo, anche nelle versioni sushi e sashimi. Un tipico piatto polinesiano è la tartare di tonno detta ‘Poisson cru à la Polynésienne’. Il pesce fa da protagonista nei menu sia dei ristoranti più quotati presieduti da chef internazionali e accompagnati da vini francesi sia dei locali semplici condotti dalla popolazione locale accompagnati dalla birra locale Hinano. Il pesce crudo è servito semplicemente come sushi, come tartare, come il fafaru, marinato intero in acqua di cocco e condito con latte di cocco o come kokoda che aggiunge il limone al condimento. Pesci molto apprezzati in cucina, tra le circa 300 specie pescate nel Pacifico, sono il mahi mahi, un pesce tipico pescato al largo dalla polpa bianca e dal sapore dolce, l’ume, il pesce spada, il salmone. La cucina tradizionale tahitiana è composta essenzialmente da ingredienti semplici e naturali: oltre al pesce fresco, carne di maiale e di pollo, e naturalmente frutta esotica, noci di cocco, mango, banane, ananas.
La cultura polinesiana pullula di leggende in ragione della storica assenza di annotazioni scritte e la trasmissione esclusivamente orale degli eventi nel tempo. Si tratta di leggende straordinarie attraverso le quali si narra l’origine delle cose. La leggenda racconta, ad esempio, l’origine delle stesse isole polinesiane, create da un enorme branco di pesci che vivevano negli abissi del Grande Oceano (Moana-Nui) che furono pescati dal dio Maui mentre navigava per mare con i suoi fratelli. Il pesce-isola più grande era Tahiti e fu l’unico portato in superficie dopo una dura lotta, mentre gli altri riuscirono a scappare sparpagliandosi liberi in mare.
Proviamo la cucina sia dei ristoranti dei resort presso i quali soggiorniamo sia dei ristorantini gestiti da locali. Sull’isola di Moorea soggiorniamo al Moorea Pearl Resort & Spa a Maharepa. Ceniamo sia nel ristorante Mahana’i che da sulla piscina sia a Le Matiehani sulla spiaggia per una cena romantica a lume di candela. Una sfilza di antipasti a base di pesce fresco seguiti dall’Aragosta alla Vahiné, piatto tipico polinesiano a base di polpa di aragosta macerata con succo di lime e aromatizzata con erbe polinesiane.
Una delle leggende narrate sull’isola di Moorea, ‘sister island’ di Tahiti e dalla lussureggiante vegetazione, racconta che fu una gigantesca lucertola gialla (da cui deriva il nome stesso ‘Moorea’) a creare con la sua coda le baie di Cook e di Opunohu. In uno dei localini senza pretese cha animano l’isola, lo Snack Rotui, misto di cucina cinese, francese e polinesiana, dove ci sediamo ad uno dei tavoli del locale rinfrescato con i ventilatori a parete, accanto ad un gruppo di turisti francesi e ordiniamo e mangiamo un ottimo piatto di ‘Pesce misto con mahi mahi cotto alla brace, tartare di tonno, calamari impanati e fritti e tonno fresco’. Nei localini fuori dai resort i prezzi sono decisamente più bassi (meno di € 15,00 a persona equivalente ad un cocktail ordinato al bar di un resort) e la qualità del cibo riscontrata sempre molto alta.
La seconda isola sulla quale soggiorniamo è Bora Bora, isola d’origine vulcanica, che secondo la leggenda fu la prima ad emergere dall’oceano quattro milioni di anni fa. Ci aspettano all’Hilton Bora Bora Nui Resort & Spa, posto sul motu (piccola isola) Tapu a circa 15 minuti di battello dall’aeroporto nazionale di Bora Bora. Dopo l’accoglienza (come pure la partenza) a suon di tamburi e di canti sul molo di legno, un fiore di ibiscus da inserire tra i capelli ed una bevanda rinfrescante di benvenuto, facciamo un giro di perlustrazione del resort che si estende da un capo all’altro del motu, seguendo i sentieri pedonali tra i bungalow sulla collina, sulla spiaggia e sull’overwater. Qui alterniamo l’Iriatai, ristorante raffinato con vista mare dove servono salmone crudo in cervice, costolette di vitello ‘Black Angus’ e il dolce di cocco e lime, al Tanure Grill, dove è servito pesce crudo marinato alla tahitiana in latte di cocco e pesce di laguna cotto alla griglia e tartare di granchio con ananas. La vacanza relax, ammirando lo splendore della natura e delle acque cristalline della laguna diventa irremediabilmente anche un viaggio culinario esotico per chi ne vuole sperimentare la cucina come noi, con barbecue di Tahiti, esperienze zen, shabu shabu, pesce crudo e piatti della tradizione a base di materie prime locali (ma per noi esotiche). Tumotu, l’insegnante del mini corso di cucina, racconta che il pesce crudo è sempre stato parte integrante della cucina tahitiana anche in ragione del fatto che gli elettrodomestici e i dispositivi elettrici sono stati introdotti nella vita della popolazione locale solo negli ultimi decenni. Fino ad una generazione fa, il metodo di cottura più diffuso a Bora Bora come nelle altre isole, era basato sull’utilizzo di un forno ricavato da un buco nel terreno, detto ahima, nel quale il cibo – tipicamente maialini da latte, polli al fafa e pesce – veniva avvolto da foglie di banano, posto sulle pietre e ricoperto di terriccio e sabbia durante le numerose ore di cottura.
All’Aloe Café di Vaitape, piccolo villaggio di Bora Bora, mangiamo un’imperdibile ‘Hamburgher con Mahi Mahi’, che scopriamo anche aver ricevuto il riconoscimento ufficiale da Trip Advisor, ben esposto sul bancone della cassa.
La nostra terza ed ultima isola è Ta’haa, a circa 30 minuti di battello dall’aeroporto di Raiatea. A nuoto è possibile raggiungere tutti e tre i motu lussureggianti nella laguna turchese protetta dalla barriera corallina dove il mare è calmo e cristallino. Tra due dei tre motu, al giardino terrestre dai caratteristici alberi di cocco e colorati dai fiori arancioni, rossi, bianchi e gialli d’ibiscus e da quelli profumatissimi di tiare (fiori bianchi a cinque petali) corrisponde un bellissimo giardino marino detto ‘Il Giardino di Corallo’. La corrente spinge coloro che s’immergono in tale tratto trasportandolo da un capo all’altro di questo corridoio sottomarino dove i coralli sembrano dipinti dalla mano abile di un pittore acquatico che abbia scelto di riprodurre sott’acqua la bellezza variopinta degli spettacolari giardini emersi. Tra i coralli rosa, viola, verdi, gialli, numerosi pesci tropicali nuotano solitari, in coppia o in branco seguendo il flusso della corrente nutrendosi dei vegetali che crescono tra i massi sculturei o che cadono dalla terraferma. Le Taha’a Island Resort and Spa, nel motu di Tautau, che vanta un tale giardino unico al mondo, ha al proprio interno tre ristoranti corrispondenti a tre diversi percorsi del gusto: La Plage dove per poter pranzare direttamente sulla spiaggia all’ombra degli alberi di cocco, insalate a base di pesce fresco, Le Vanille dove poter cenare sulla terrazza del Resort i piatti della cucina locale ammirando dall’alto i riflessi della luna sul mare, e The Ohiri il più gourmet dei tre dove è richiesta la prenotazione e il rispetto del ‘dress code’.
Visitiamo una piantagione di vaniglia, regina dell’isola. Scopriamo così che è un’orchidea rampicante che raggiunge fino ai 50 metri di lunghezza e che cresce sugli alberi. I baccelli sono raccolti verdi dopo 9 mesi di maturazione sulla pianta, poi sottoposti ad un lungo processo di trasformazione fino ad ottenere i baccelli neri e aromatici impiegati per dolci quale la ‘Crème brulée alla vaniglia di Tahiti’.
A Taha’a si narra la Leggenda di Apetahi che illustra la storia di come sia stato attribuito il nome al tiare, magnifico fiore bianco a cinque petali che evoca la forma di una mano. Il regno del fiore tiare è la catena montuosa nella parte settentrionale dell’isola di Raiatea, detta Temehani Ura nella parte bassa e Temehani Ave Arii verso la sommità. Qui viveva una coppia Apetahi e suo marito. Un giorno, dopo una lite furibonda perché lui rifiutò di portarla a pescare con sé, Apetahi scappò verso sommità del Monte Temehani dove di tolse la vita tagliandosi il braccio sinistro che seppellì in una buca. Il marito, che l’amava, al ritorno dalla pesca non ritrovandola incominciò le ricerche per ritrovarla. Intanto nel luogo dove il braccio fu interrato, un arbusto incominciò a crescere e fu notato dagli abitanti del Monte che vi si erano recati per pregare le anime degli antenati e trascorrervi la notte. Furono risvegliati dal claquement caratteristico dei piccoli fiori bianchi a forma di mano che si schiusero all’alba.
Arrivato inesorabile l’ultimo giorno del soggiorno polinesiano, troviamo in camera un delizioso biglietto in cui, a sorpresa è scritta una piccola leggenda che ci vede protagonisti: “Una volta due viaggiatori trovarono un piccolo paradiso perduto nel mezzo dell’oceano Pacifico. Furono talmente affascinati dai magici colori della laguna, così incantati dalla bellezza dei fiori Tahitiani e talmente conquistati dall’aroma della vaniglia di Taha’a, che dimenticarono che un battello li avrebbe aspettati al pontile dell’hotel per poter prendere il volo VT364”. Fu così che il personale del Taha’a Island Resort & Spa, che fece il possibile per rendere il loro soggiorno indimenticabile, gli ricordò che sarebbero dovuti partire purtroppo! Dunque arrivò il momento in cui i due viaggiatori lasciarono questa piccola isola, e di lì a poco l’aeroporto nazionale di Raiatea ed infine salutarono questo angolo di paradiso dei mari del sud dall’aeroporto internazionale di Papete, con la mente e il cuore pieni di ricordi del gusto, dei profumi e dei colori della Polinesia Francese.
Ricetta del ‘Poisson cru à la Polynésienne’
Ingredienti
Filetto di tonno rosso o bianco crudo 400 gr.
Cetriolo 2
Succo di 8 limoni
Pomodoro 1
Latte di cocco fresco
Carota 1
Erba cipollina
Sale
Pepe
Procedimento
Tagliare i cetrioli, il pomodoro, la carota e l’erba cipollina finemente. Tagliare il trancio di tonno o a dadini e lasciarlo insaporire con sale, pepe e il succo di limone. Aggiungere i vegetali precedentemente tagliati, mescolare e tenere in frigo per circa 45 minuti. Il latte di cocco va aggiunta prima di servire in tavola. In alternativa al tonno è usato il pesce spada, il pesce chelidra rossa o il pesce pappagallo.
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