di Gemma Russo
La III B del Liceo Scientifico Ettore Majorana di Pozzuoli ha adottato il progetto del Paniere Flegreo. Con la Condotta Slow Food Campi Flegrei i ragazzi hanno iniziato un viaggio sul territorio flegreo per scoprire prodotti e realtà produttive che, il secondo e quarto sabato di ogni mese, dalle 11 alle 13, presso Il Giardino dell’Orco offrono al consumatore la possibilità d’acquistare un paniere di consumo che, piano piano, cerca di caratterizzarsi fortemente per la terra d’origine. Un vero e proprio laboratorio di territorio che non mira ad essere semplicemente comunitario, ma vero, diffuso e schietto.
Lo scorso febbraio, nella prima tappa del viaggio conoscitivo presso l’azienda agricola La Sibilla, hanno incontrato la famiglia Di Meo che da generazioni alleva viti e coltiva la terra a Bacoli. Qui, accompagnati da Mattia, tra germoglianti viti di Falanghina e Piedirosso, che daranno vita alla DOC Campi Flegrei 2018, hanno scoperto nascenti cespugli di Cicerchia dei Campi Flegrei, primizie della Fava di Miliscola e del Pisello Santa Croce. Ma, soprattutto, si sono lasciati assorbire nel tempo della famiglia, avvolti da una trama semplice, fatta di familiarità, tradizioni, caratterizzata dal ritmo della terra.
Sono stati osservatori e raccontatori attivi durante Leguminosa, la manifestazione organizzata da Slow Food Campania e Basilicata, svoltasi a Napoli, presso Piazza Dante, dal 9 all’11 marzo 2018. Prima di andare a scoprire la biodiversità non solo regionale, hanno studiato quella flegrea producendo schede dettagliate su tre varietà locali di legumi partecipanti alla manifestazione.
La seconda tappa del viaggio conoscitivo è stata doppia. Entrambe le aziende agricole visitate sono collocate sulle sponde del lago d’Averno. Presso Il Giardino dell’Orco, accolti da Ernesto Colutta, hanno risalito le pendici scoscese di quel che resta dell’Archiflegreo. Tra gli agrumi in fiore si sono divertiti a contare i vulcani. Ben cinque davanti agli occhi. Intorno a loro hanno visto la macchia mediterranea, i noci, i lecci, i gelsi e i corbezzoli convivere amenamente con le prime erbe spontanee primaverili e con ortaggi quali l’Insalata Bacolese, giunta quasi alla fine del suo ciclo vegetativo. A dare il nome all’azienda sono i pochi alberi di Melannurca ancora presenti. Accompagnati da Nicola Mirabella, visitano l’azienda agricola Cantine dell’Averno, camminando il vigneto a piede franco che s’apre a ventaglio a ridosso del tempio d’Apollo. Il terreno è estremamente sciolto. Il microclima del lago, poco lontano dal mare, rende Falanghina e Piedirosso dei Campi Flegrei estremamente identificativi di questo luogo mitico, il cui paesaggio è scampato all’abusivismo edilizio regalando agli occhi lo stesso stupore provato dai viaggiatori del Seicento. I prodotti dell’orto sono quasi completamente utilizzati nell’agriturismo, dotato di pochissime camere.
Vi invito a scoprire i Campi Flegrei attraverso gli occhi di questa bella classe di un liceo posto alla periferia di Pozzuoli che piano piano, passo passo, sta facendo un grande lavoro fatto di scatti, di interviste, di schede tecniche, di video ma soprattutto di entusiasmo. Saranno i flegrei di domani!
Con il paniere flegreo, sulle sponde dell’Averno
di Giuseppe Cacciuottolo, Alessia Parisi e Antonio Borrone, alunni della III B del Liceo Scientifico Ettore Majorana di Pozzuoli
Nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro stabilito con la Condotta Slow Food Campi Flegrei, lo scorso 2 maggio noi alunni della III B del Liceo Scientifico “E. Majorana” di Pozzuoli abbiamo ripreso il nostro viaggio alla scoperta del territorio flegreo, recandoci nella suggestiva e mitica zona del lago d’Averno. Da millenni questo specchio d’acqua salata è avvolto in un’aura di mistero, frutto dei numerosi racconti tramandati dall’antichità. La leggenda narra che presso le rive del lago fosse ubicata la porta degli inferi e proprio in questa zona Virgilio ipotizzò la presenza di un antro della Sibilla cumana. Certo è che il lago fu sede di installazioni militari: i Romani vi costruirono un canale di collegamento diretto al mare, dove sorgeva il porto Julius, oggi sommerso a largo del litorale di Lucrino. Su una delle sponde si ammirano ancora oggi le rovine del cosiddetto Tempio di Apollo, monumentale edificio termale che sfruttava le fumarole del lago.
In una calda mattinata, ci siamo ritrovati nei pressi del ristorante Caronte: ha avuto così inizio la nostra nuova avventura! La prima meta è stata Il Giardino Dell’Orco, un’azienda che prende parte al Paniere Flegreo. Appena arrivati, il posto si presentava immerso nell’erba, gli alberi d’agrumi avevano il tronco colorato per metà di bianco e abbiamo notato una pecora che pascolava liberamente. Siamo stati subito accolti calorosamente da uno dei proprietari, Ernesto, che nonostante l’iniziale imbarazzo, è riuscito a presentare se stesso e la sua azienda, e a soddisfare tutte le nostre curiosità. Avendo notato le nostre facce già stanche e sudate, ci ha condotto in un luogo in cui sederci e rinfrescarci. Mentre parlava, la nostra attenzione è stata però richiamata da un simpatico vecchietto che si divertiva a ‘colorare’ le piante con un composto blu. Durante il giro nel Giardino ci hanno affascinato non solo la grande mole di ortaggi, tra cui l’Insalata Bacolese, gli alberi d’agrumi e da frutto, ma anche le colorate indicazioni fatte di immagini, frasi suggestive e schede riassuntive dei prodotti coltivati, disseminate un po’ ovunque.
Trasportati dalle parole di Ernesto e dalla sua passione ci siamo sentiti parte di quel luogo, a suo dire sorto per rispondere a due bisogni fondamentali: produrre e relazionarsi al cibo in modo diverso, stabilendo un nuovo rapporto con l’alimentazione; recuperare il rapporto dell’uomo con la natura, cercando di un unire due mondi che erroneamente si pensano in contrasto. È proprio questa la magia legata a quest’azienda: Ernesto è riuscito a soddisfare, con l’aiuto di chi ci lavora, le due necessità attraverso una coltivazione basata sulla lotta integrata e la vendita al dettaglio. Altrettanto suggestiva è la storia legata al nome dell’azienda. Si chiama Il Giardino dell’Orco per la famosa melannurca camapana, coltivata un tempo proprio nel luogo dove oggi è fondata l’azienda, e denominata “Mala Orcula” da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Ma il particolare forse più intrigante è stata la ragione per cui la pecora, che avevamo notato, fosse lì. Semplice: è stata regalata al proprietario e ora svolge un ruolo rappresentativo, come piccola mascotte. Durante la fine della visita abbiamo raggiunto una zona destinata all’attività ludica, che secondo i proprietari rappresenta un elemento fondamentale per tutti i mammiferi, dato che è uno strumento formativo che stimola lo spirito d’avventura e l’apprendimento.
La chiacchierata si è conclusa con una domanda del tutto personale la cui risposta ci ha fatto riflettere molto sul significato che riveste questo lavoro per Ernesto, infatti quando gli è stato chiesto: “Qual è il bello del suo lavoro?”, la risposta è stata: “Grazie a quest’attività sono riuscito a recuperare il rapporto con me stesso, a prendermi cura di ciò che è vivo (anche se non parla, per fortuna) e ad avere sempre le mani in moto per qualcosa di tanto prezioso”.
Dopo questo momento toccante, ci siamo salutati con dispiacere e allontanati dalla struttura. Giunti fuori, abbiamo deciso di ‘sfidarci’ per raggiungere la nostra ultima tappa: dopo esserci divisi in due gruppi, il primo ha percorso un lato del lago ed il secondo l’altra sponda per vedere chi arrivasse prima a destinazione! Dopo una lunghissima camminata (o corsa per qualcuno molto competitivo) tra piante e arbusti, abbiamo aspettato il gruppo perdente per visitare la seconda azienda: Le Cantine dell’Averno.
Il luogo ci è parso fin da subito destinato principalmente all’allevamento della vite. Ovunque, c’erano viti di Falanghina e Piedirosso dei Campi Flegrei sistemate su terrazzamenti con una vista suggestiva sul lago d’Averno. Anche qui siamo stati accolti da uno dei due proprietari, Nicola, un’altra persona amante della sua terra che ha trasformato questa passione in un lavoro. Dato il nostro ritardo, la visita è stata molto breve, ma non per questo superficiale. Nicola ci ha mostrato l’azienda, soffermandosi su due luoghi principali: il vigneto e la cantina. Il primo s’estende a ridosso del tempio d’Apollo, quasi nascosto tra le viti allevate a piede franco. Si tratta di una struttura termale a pianta ottagonale, ossia una grande piscina al chiuso probabilmente anticamente alimentata da una fonte d’acqua calda. La suggestività del paesaggio è data proprio dall’unione tra natura e storia. Di qui ci siamo poi spostati nelle vicinanze della cantina, dove il proprietario ha raccontato le caratteristiche della sua produzione. Ci ha così aperto le porte del suo piccolo mondo mostrandoci tre macchinari con copertura in ferro collegati attraverso dei tubi all’impianto refrigerante che impiega costi elevati. Anche qui siamo stati trasportati dal suo amore per questa piccola realtà, messa in piedi con anni di sacrifici e portata avanti con la soddisfazione di vedere clienti che tornano spesso per rilassarsi, passare una bella giornata e a volte anche alloggiare.
Salutato a malincuore Nicola, siamo ritornati al punto di partenza, pensando alla bellissima mattinata trascorsa che ci ha fatto comprendere ancor di più l’importanza di scoprire nel profondo la bellezza della nostra cultura e del nostro territorio.
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