Non possiamo iniziare questo racconto dicendo che Alfonso Pepe, classe 1965, è figlio d’arte. Per una strana combinazione anche lui come Salvatore De Riso, ha sviluppato una vena carsica presente in famiglia decidendo di specializzarsi al massimo livello. La sua passione nasce infatti non dal padre, ma dallo zio Gaetano, fratello della madre, che decide di rilevare la pasticceria Cascone ad Ascea Marina. È qui che Alfonso, a soli undici anni, inizia a coltivare la passione per la pasticceria e tutto ciò che è dolce. Una passione che coltiva da adolescente dividendosi tra lavoro e scuola.
Il salto viene, come sempre succede, con la decisione di affinare i rudimenti pratici andando a scuola, prima in Francia, ancora oggi punto irrinunciabile per chi si vuole dedicare a questa arte, e poi alla famosa Boscolo Etoile Academy di Tuscania, la Bocconi della cucina che, con Igino Massari, è il riferimento, obbligato per tutta questa generazione di pasticcieri italiani.
Ma Alfonso Pepe è diventato famoso non per un dolce classico napoletano o con una invenzione d’autore come è accaduto per Sal De Riso con il mitico «ricotta e pere». No, Alfonso deve la sua fama al panettone. Tutto nasce nel 1993-95 (anno quest’ultimo in cui entra nell’Accademia dei maestri pasticceri italiani), qualche anno dopo l’apertura del suo laboratorio di pasticceria con il quale inizialmente forniva i bar e i ristoranti dell’Agro nocerino-sarnese. Una attività che dopo un po’ gli consente di spostarsi sulla Nazionale tra Pagani e Sant’Egidio Montalbino.
Alfonso è affascinato dalla magia del lievito madre: prova, riprova, studia e ristudia, acqua, farina, uova.
Questa combinazione con il lievito madre regala panettoni straordinari. Ed è così che Alfonso diventa uno dei protagonisti della rivoluzione del panettone artigianale con la quale è stata vinta la battaglia nei confronti dei prodotti industriali che a partire dagli anni 60 avevano invaso l’Italia. Una vittoria della qualità che ha ribaltato il rapporto di forza non solo con i marchi storici ma anche con quelli simil-artigianali che giocavano sul marketing e non sulla sostanza. E qual è in questi casi la sostanza: materie prime freschissime e non omologate, rapporto diretto con i fornitori.
Così un pasticcere, come un pizzaiolo, diventa punto di riferimento per la filiera produttiva come nel caso delle nocciole di Giffoni o delle albicocche del Vesuvio. Un vero artigiano del gusto non è bravo solo a trasformare e a manipolare i prodotti, ma deve essere anche attento alla salubrità del cliente e alla compatibilità ambientale.
Pepe emerge proprio per questi suoi panettoni, leggeri come una piuma, digeribili, privi di coloranti e conservanti, fatti con le uova vere. Finisce nel radar di Clara Barra del Gambero Rosso che diventa una sua fan e, a sorpresa, il Gambero decreta che il suo, un panettone terrone, è il migliore d’Italia. Apriti cielo, ma intano il caso è scoppiato.
Ma Pepe non vince solo questa volta: insieme a Sal de Riso, come Coppi e Bartali, Moser e Saronni, si alterna nelle vittorie delle diverse competizioni che vengono organizzate al Nord. Risultato, con lui è impossibile parlare dalla fine di novembre sino alla vigilia di Natale perché impegnato nella produzione di circa 1500 panettoni artigianali al giorno. Tutti li cercano, tutti li vogliono, la domanda non finisce mai ma lui non passa alla fase industriale. Oggi il segreto per qualsiasi attività alimentare italiana è questo. Restare fedeli alla qualità, non cercare scorciatoie. Risultato? Giovedì 26 ottobre Pepe inaugura il suo nuovo locale, un ampliamento che prevede gelateria, area aperitivi, posti a sedere. Una ereditò che vedrà in scena i figli Francesco e Maria. Un altro esempio del Sud che funziona: Alfonso Pepe.
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