di Raffaele Mosca
A due anni da una memorabile presentazione del tomo con tutte le stelle Michelin in Italia, Fausto Arrighi torna nella capitale per presentare un nuovo libro edito da Manfredi Maretti, dal titolo Al ristorante come al teatro, su quello spettacolo che è l’esperienza in un ristorante fine dining. Un vero e proprio vademecum per “giovani che vogliano avvicinarsi all’alta ristorazione”, redatto da chi, in 36 anni di carriera come ispettore Michelin, di cui 8 alla direzione della guida, ha avuto modo di visitare più di 9.000 ristoranti, diventando il cliente più temuto dai ristoratori italiani e allo stesso tempo quello più stimato.
Solo lui poteva concepire un testo sulla ristorazione in cui non si fa menzione di piatti è ricetta: “perché la cucina è solo uno dei tanti elementi che compongono il grande spettacolo della ristorazione” spiega Arrighi. L’obiettivo del testo è proprio quello di rimettere al centro della discussione sulla ristorazione contemporanea il ruolo della sala, che un sistema perverso ha completamente messo in ombra. Alessandro Pipero, che forse è il personaggio di sala più famoso d’Italia in questo momento, ha riassunto questo paradosso con un intervento trenchant: “ circa dieci anni ho preso la stella Michelin: sono andato alla presentazione a Milano con il mio chef e sono rimasto fuori alla porta, perché solo gli chef potevano ritirare il premio.”
Pipero è uno dei pochissimi maitre senza una grande famiglia di ristoratori alle spalle che sono anche titolari del proprio ristorante: anzi è l’unico insieme a Giorgio Pinchiorri ad avergli dato il suo nome. “ Oggi di persone di sala che aprono ristoranti da sole non ce ne sono, perché nessuno ha voglia di lavorare duramente e poi lasciare che il merito se lo prenda tutto lo chef”. Le conseguenze sono molto gravi: il mancato riconoscimento della professione di maitre, camerieri e sommelier disincentiva i giovani a seguire questo percorso. “ Trovare personale qualificato per la sala è diventato molto difficile: manca la figura del camere mestierante”. Andrea Antonini, chef stellato di Imàgo all’ Hassler: interviene dalla platea e sottolinea un altro problema: “ Gli stipendi bassi della ristorazione non aiutano, e non parlo di giovani alle prime armi che devono fare gavetta, ma anche di persone con ruoli importanti, come grandi maitre e direttori di sala, che in Italiano prendono molto meno rispetto ai pari titolo in altri settori.”
Tornando al libro, la lettura prevede una prefazione firmate da due degli chef che proprio Arrighi ha consacrato nell’olimpo della ristorazione mondiale – ovvero Bottura e Romito – un breve resoconto sulla storia della ristorazione in Italia e nel mondo. Poi il vero e proprio vademecum, che parte con la prenotazione, passa in rassegna tutti i ruoli di sala e di cucina, e arriva a dispensare consigli di comportamento perfino al cliente. La sensazione è proprio quella di entrare da spettatore dietro la quinta di un grande tempio della ristorazione: di quelli che hanno resistito all’imperversare dell’austerity nel fine dining e continuano a fare fede su canovacci antichi. Non mancano accenni a figure ed usanze ormai sparite nella ristorazione italiana nell’epoca della spending review, come lo chef di rang in livrea che esegue uno sporzionamento alla russa, il vouturier che assiste i clienti automuniti, il sommelier d’antan con il tastevin che consegna al cliente una carta dei vini sproporzionata per larghezza e peso.
Insomma, una lettura dilettevole per gli appassionati, nostalgica a tratti, ma anche utile per chiunque voglia capire meglio i meccanismi dell’alta ristorazione. L’ editore è Manfredi Maretti, oramai un nome di punta nell’ambito della letteratura gastronomica. Il testo lo trovate in libreria e online. Prezzo consigliato: 24 euro.
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