VITICOLTORI MOCCIA
Uva: piedirosso
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
In questo momento la Campi Flegrei forse è la doc meridionale con le idee più chiare, ben radicate nell’agricoltura millenaria di questo territorio frullato dai vulcani, testardamente autoctona: tutte le aziende producono Falanghina e Piedirosso. Stop. I risultati sono sicuramente soddisfacenti, in qualche caso sorprendenti come questo rosso passato un anno in legno, frutti di bosco, prugne mature e spezie, siamo ben lontani dalle puzzette tipiche del vitigno e da quella sensazione perenne di vegetale immaturo che lo accompagna. Ha fatto la sua comparsa in una serata inconsueta per Napoli pizza/e/mandolino: la cucina di Gino Pesce dell’Acqua Pazza di Ponza ospitata al DWine. Evviva, ogni tanto gli spifferi di modernità fanno capolino nella bonaccia gastronomica partenopea impegnata a celebrare ancora le invenzioni dell’800: la campagna, direbbe Lin Biao, ha accerchiato la città, le grandi novità che attraversano il resto della regione iniziano ad avere presidi nel territorio metropolitano dopo le alluvioni di spaghetti con le vongole e mozzarelle tagliate in quattro! Ma torniamo al Piedirosso di Raffaele Moccia: anzitutto si vende bene perché mentre lui pensa a zappare la terra vicino il vulcano spento degli Astroni insieme al padre ottantenne, classe di ferro, il vino lo vende l’astuto negociant vesuviano Umberto Matricano, e bene pure visto che siamo intorno ai dieci euro, un prezzo che per un Piedirosso è davvero ben pagato. Eppure questa agricoltura eroica nel cuore urbano, Napoli è l’unica metropoli europea insieme a Parigi piena di aziende vinicole dentro il perimetro cittadino, meriterebbe ancora di più se consideriamo le rese per ettaro attestate sui 30, 40 quintali, più o meno la cifra di Caggiano a Taurasi per intenderci, con il vantaggio di essere a piedefranco. Purtroppo manca un marketing adeguato per il Piedirosso e il Consorzio non riesce ad uscire dalle secche della quotidianità: servirebbe, come in tutti i consorzi italiani, un direttore e un ufficio stampa visto che il prodotto non si vende alla Duchesca ma nel mondo! Quando si bevono questi vini senza il piede americano, molto comuni in Campania tra l’areale Flegreo, quello vesuviano e la Costiera, davvero si ha una sensazione particolare, direi per usare il termine abusato, di tipicità. Dunque, per riassumere: Raffaele coltiva, in cantina segue i consigli di Maurizio De Simone, al resto pensa Umberto. Il 2003 è molto carico di frutta, diverso dal 2002, sicuramente è già arrivato al massimo della sua parabola esistenziale, in bocca ha quella bevibilità tipica del vitigno i cui estratti sono sempre sotto i 30, da zuppa di pesce, carne alla pizzaiola, ziti alla genovese o al ragù, cernia al forno con patate, il coniglio all’ischitana.
Sede a Napoli, Contrada Astroni, 3. Tel. e fax 081.7628104. E mail: info@agnanum.it, sito: www.agnanum.it. Enologo: Maurizio De Simone. Ettari: 3,5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 15.000. Vitigni: falanghina e piedirosso.
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