Raffaele Moccia ha praticamente raddoppiato passando da cinque a dieci ettari di collina al bordo della foresta degli Astroni, uno dei vulcani spenti dei Campi Flegri, nel comune di Napoli. I Campi Flegrei visti dall’alto sono come la guancia piena di brufoli di un asolescente, crateri e crateri che si susseguono sino all’isola di Procida e Ischia, con il terreno ancora in piena attività. L’ultimo vulcano che si è formato è il monte nuovo e parliamo del 1538.
Si tratta di un territorio affascinante sia per i geologi che per gli storici perché era proprio qui il cuore della Campania Felix: Pozzuoli era il principale porto commerciale tra Roma e la Sicilia mentre a Capo Miseno c’era la flotta miliatre romana. Ancora oggi in un caleidoscopio si susseguono resti impressionanti del passato romano, masserie, speculazione edilizia e natura.
Qui lavora Raffaele Moccia. Nel cerchio nero della foto ci sono i dieci ettari che anno dopo anno ha rimesso insieme acquisendoli dai parenti e sui quali la famiglia lavora da almeno cinque generazioni a memoria d’uomo perché ascoltiamo i racconti del suo bisnonno riportati dal padre. Le aziende in reatà sono due: una produce vino, l ‘altra polli e adesso anche pecore, usate per diserbare ecologicamente le viti dalle erbe infestanti. Su questo terreno sabbioso e sciolto i terrazzamenti sono come i castelli di sbbia sulla spiaggia, basta una pioggia forte per farli venire giù. Eppure l’importanza della viticoltura in questa area si è vista in occasione degl iincendi terribili del 2017 che si sono fermati proprio qui, dove il terreno era pulito e ordinato.
Su questi terreni sciolti Piedirosso e Falanghina convolano a nozze. Non a caso Moccia è insieme a Contrada Salandra, La Sibilla, Cantine Astroni, Martusciello, il gruppo di testa che ha riqualificato i vini a Nord di Napoli che da sempre hanno dissetato i nobili che abitavano a Chiaia e a Mergellina.
Oggi parliamo di due igp che completano la linea.
Entrambi si chiamano sabbia Vulcanica, per comoditù Sabbia Rosso e Sabbia Bianco e costano sui 14 euro come prezzo orientativo su internet. Il Piedirosso è un assemblaggio di diverse uve che fanno da corredo e che si ritrovavano in vigna, sciascinosso, barbera (secondo me non quella piemontese ma quella di Castelvenere che è uva profumata come il Ruchè). Il risultato è un vino semplice, dai profumi di geranio e di frutta rossa, i tannini morbidi e setosi, assolutamente discreti nella beva, al palato il sorso è dissetante, sapido, amaro e freschissimo. Un bicchiere da tracannare in compagnia, un vino della gioia.
Anche la Falanghina 2017 è in compagnie di altre uve, sicuramente un po’ di malvasia e di moscato perché il naso è assolutamente dolce e piacevole e anche in bocca il sorso rimanda a ciò che promette il naso: anche qui domina la freschezza coniugata ad una beva più ricca e opulenta che termina in modo preciso e pulito. Anche in questi caso parliamo di un vino della gioia, immediato, da spendere semza pensarci sopra e senza aspettare oltre come se non ci fosse un domani.
E dunque questo l’aggiornamento che ci mancava di questo bravo viticultore in provincia di Napoli e di cui vi diamo conto insieme alla fotografia dei suoi fantastici polli venitu su senza antibiotici e medicine, ma solo razzolando nell’aia come avveniva un tempo.
Un’oasi di cultura che speriamo si mantenga per sempre intatta nei secoli.
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