di Marina Alaimo
Quella di Raffaele Moccia più che viticoltura eroica può definirsi una vera e propria resistenza all’invasione violenta e spietata della città. Ma le difficoltà nella conduzione di questi pochi ettari di vigneto storico non sono rappresentate solo dalla eccessiva antropizzazione dell’area urbana, ma anche dal forte degrado ambientale dovuto ad una speculazione edilizia orribile a vedersi, mai contenuta o affrontata delle istituzioni, totalmente indifferenti a quanto accade su aree, tra l’altro, di proprietà del Comune di Napoli. E si la rabbia è tanta nel constatare che le bellezze e le potenzialità di questa città vengano trascurate, violate brutalmente ormai da troppo tempo. Abbiamo assistito ad una successione costante di sindaci e presidenti della Ragione Campania che hanno promesso e stragiurato di migliorare le sorti della città, ma ogni buon proposito urlato a squarciagola si è sempre rivelato pura propaganda politica.
Oggi abbiamo un nuovo sindaco, Luigi De Magistris, forse veramente l’unico che abbia almeno il merito di aver interrotto in maniera decisa una continuità di personaggi diciamo poco … chiari, e comunque sempre vaghi ed inconcludenti. Come sappiamo i temi sui quali punta principalmente sono legalità , valorizzazione del territorio e rispetto dell’ambiente, sul valore del primo non abbiamo alcun dubbio, ma nel riuscire a perseguire il secondo gli ci vorrebbe forse la bacchetta magica. Come si fa a risanare in una sola legislatura i danni causati dall’indolenza di una classe politica che fa disastri dall’entrata in scena dell’Unità d’Italia? Ritornando sulla collina di Agnano, a poche centinaia di metri dall’uscita della tangenziale di Napoli, Raffaele Moccia possiede 3,5 ettari di vigneto storico, certificato dall’ISMECERT, coltivati con passione e grande fatica insieme al padre ottantenne. La famiglia Moccia è di origini contadine, come molti degli abitanti di quest’area urbana, anche se oggi è difficile immaginare come questa in passato sia stata un’oasi felice.
Si perché gli edifici industriali costruiti proprio all’interno del cratere di Agnano sono inquietanti, così come gli alti tralicci dell’impianto elettrico e le numerose costruzioni, quasi baracche, che in tanti si sono sentiti in diritto di edificare, vista la fame di case che c’è da queste parti. Ma la difficoltà principale nel condurre il vigneto è rappresentata dalla natura particolarmente friabile del suolo vulcanico , ricordiamo di essere proprio sopra uno degli oltre venti crateri flegrei. Il terreno è molto sciolto, per cui le piogge abbondanti che sempre più si manifestano nel corso dell’anno, letteralmente lavano via il terreno, facendolo scivolare verso il basso. Pertanto i due vignaioli sono costretti a manutenzionarlo di continuo, utilizzando tecniche dettate dall’ esperienza acquisita nel tempo.
Il lavoro del terreno è svolto totalmente a mano, a suon di zappa, un po’ perché i terrazzamenti sono molto stretti e quindi non permettono l’uso di macchinari, un po’ perché la friabilità del suolo comunque non ne consente l’utilizzo. In vigna si allevano a pergola puteolana falanghina e piedirosso, nonostante siamo in pieno inverno la bellezza del vecchio vigneto riesce a risaltare comunque all’occhio di chi ha sensibilità per guardarlo con la giusta interpretazione. Qui è là qualche grappolo tardivo, lasciato sui tralci da Raffaele per “arrifriscare la bocca” durante il duro lavoro giornaliero. Altro grande problema è costituito dall’abbandono dei terreni confinanti, concessi in affitto dal Comune di Napoli ad alcuni abitanti della zona, i quali, vista la dura fatica richiesta per lavorarli, hanno velocemente abbandonato ogni aspettativa o volontà di andare avanti. Quindi la vegetazione infestante è causa di proliferazione di malattie e parassiti delle piante, di incendi estivi e di pericolose frane. Nel guardare con attenzione il vigneto di Raffaele ci si rende conto che segna proprio una linea di confine tra la smisurata urbanizzazione, la memoria contadina del luogo e la bellezza selvaggia del bosco della Riserva Naturale degli Astroni, confinante con la proprietà Moccia. Nella parte più alta del vigneto, quella definita Vigna delle Volpi, una crepa sulle antiche mura borboniche che cingono il Parco Naturale degli Astroni, una volta riserva di caccia della reale casa spagnola, permette di ammirare lo spettacolo della natura di questo luogo incantato.
I profumi, la frescura, ma soprattutto il silenzio profondamente eloquente delle migliaia di specie floristiche e faunistiche che tutt’oggi miracolosamente sopravvivono, avvolgono i pensieri in un abbraccio quasi fiabesco. Da questa piccola vigna convertita in via sperimentale a guyot, Raffaele ricava un crù denominato Piedirosso dei Campi Flegrei Vigna delle Volpi, quelle che dalla crepa nel muro giungono per rubacchiare l’uva. Abbiamo assaggiato il millesimo 2007, fedele espressione di questo vitigno e del suolo vulcanico che lo genera, semplice, di facile approccio, fragrante nei profumi fruttai di prugna e melagrana, minerale e delicatamente floreale nei toni della violetta.
Il sorso è sottile, fresco, salino e minerale. Anche il Piedirosso di base 2007 risulta piacevole e tipico, con accenti ancora giovanili fatti di sentori erbacei, frutta croccante di sottobosco e ciliegia accompagnati da una delicata mineralità. Il sorso è agile e conferma l’esuberanza giovanile fatta di viva freschezza e tannini discreti, come vuole un tipico piedirosso. Ma il vino che ci ha colpito è la Falanghina Campi Flegrei Vigna del Pino 2006, che conferma la genialità fatta di follia e grande competenza dell’enologo Maurizio De Simone, il suo stile lo riconosci ormai. Questa falanghina fa un discreto passaggio in legno che evidentemente le ha permesso di affrontare così bene il tempo. Esprime una bella intensità di profumi improntati inizialmente sui toni minerali e timidamente fumè, piacevolissima la lavanda, poi il fieno dorato ed ancora gli agrumi dolciastri. In bocca è sottile e di spinta verticale indotta dalla vivida freschezza quasi ruvida, accenti salini e minerali ben definiti.
Di questo gioiellino rimangono ancora poche bottiglie ed il prezzo franco cantina è di 10 €. Anche la Falanghina di base è un’ottima espressione del territorio flegreo, abbiamo provato il millesimo 2003 e l’ultima annata in produzione, la 2010, sorprendente la prima, piacevolissima la seconda e a questo punto ci fermiamo vista la lungaggine di questo articolo. Concludiamo facendo gli auguri a Raffaele Moccia per l’alto valore del suo lavoro e per la sua tenacia, e tanti auguri anche al nuovo sindaco di Napoli per il grande impegno dimostrato in pochi mesi di lavoro e per i numerosi ed ambiziosi progetti in corso d’opera.
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