Uva: piedirosso
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione
Il vino che più mi piace deve essere come la carezza della mamma: dolcezza di sentimento e senso di protezione. Non devi stare mai a pensare troppo cosa promette, perché arriva, cosa devi dare in cambio di questo gesto perché la mamma non chiede mai nulla per quello che fa.
Il Piedirosso di Raffaele Moccia mi fa questo effetto. Metto il dito sulla carta quando non mi voglio rompere i coglioni con sperimentazioni, prove, paragoni. Lo scelgo quando sono contento di stare seduto dove sto, con la persona giusta in un ambiente sano dove devi solo rilassarti.
Il primo motivo è che si tratta di un vino riconoscibile, proprio come la carezza di una mamma: il geranio, la ciliegia e il rimando fumé sono la carta d’identità di questo rosso che nasce da uve coltivate alla periferia di Napoli, ad Agnano. Vigne bellissime tra mostriciattoli di cemento privi di estetica, e dunque di etica.
In bocca poi è fragrante, attacca con l’acidità che fa salivare, si bilancia bene tra frutto e note sapide e minerali con una chiusa precisa. Scivola via facile, ne vorresti sempre ancora, come le carezze della mamma.
La finezza di questo Piedirosso è clamorosa e non ha eguali perché al tempo stesso è tonica, ricca di tensione.
Lo beviamo in uno scenario incantato, sulla cucina di Danilo Di Vuolo allo Scrajo, come sulla tolda di una nave con la luna che illumina il Vesuvio, le luci di Napoli sullo sfondo. Con il Golfo che sembra una culla.
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