Dici, ma come può una bottiglia di vino costare tre euro, cioé meno delle vecchie seimila lire? Capperi, eccome se può, è quanto si pagava nel 1994 un buon base. Prezzo giustificato visto che, secondo la Coldiretti, i prezzi delle uve del 2009 sono tornati proprio ai livelli di quell’anno. Ecco, immaginate una grande correzione dei prezzi in Borsa, come dopo l’11 settembre o dopo la crisi del 2008, capace di riportare le lancette dei listini a dieci anni fa. Più o meno negli ultimi mesi sta succedendo lo stesso al vino dopo le enormità della fine degli anni ’90 quando una azienda alla prima vendemmia usciva subito con trentamila, quarantamila lire.
Del resto i produttori di vino, proprio come i ristoratori, sono stati i primi ad applicare il cambio un euro per mille lire. Ora la festa è finita e si torna alla realtà. Quella del Vignali della Cantina di Venosa, prezzo da tre euro al pubblico, indicato come miglior Aglianico dal critico del New York Time Eric Asimov. Quella in cui non basta più conquistare un riconoscimento sulla guida specializzata per permettersi il lusso di sparare cifre stellari. Quella di bianchi strepitosi venduti a meno di cinque euro franco cantina nel Soave e nelle Marche, capaci di insidiare persino Fiano e Greco. Quella di bottiglie a due, massimo tre euro, per poter sperare di attirare l’attenzione sul mercato americano. Insomma una severa correzione di mercato, i valori in campo sono resettati: in un mondo in cui tutti i vini sono buoni la valutazione del rapporto tra qualità e prezzo diventa il primo parametro di scelta.
Non è una situazione che a noi piace, ma è così: solo chi ha saputo creare integrazioni di reddito come l’agriturismo, le degustazioni in azienda può stare tranquillo. In questo contesto chi ha esperienza commerciale riesce a vedere la fine del tunnel. Ci sono oggi molte aziende capaci di coniugare tipicità, qualità e ottimo prezzo al consumo. In Irpinia, dove la maggior parte delle aziende appaiono paralizzate al punto tale di accettare senza discutere la soppressione della Fiera Enologica di Taurasi, segnaliamo D’Antiche Terre e Urciuolo. Grandi realtà sopra le 300.000 bottiglie, sul tavolo ottimi Taurasi che si fanno ben pagare, ma anche rossi base da sogno. Come l’Aglianico Campania igt dei fratelli di Forino: sapido, minerali, note verdi piacevoli, fresco, da abbinare al cibo robusto dell’autunno e dell’inverno. Un esempio di come un vino può essere competitivo al gusto e alla tasca e, al tempo stesso non perdere identità territoriali. E le cartucce che la Campania può usare su questo versante sono infinite. Chi vivrà, berrà.