Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Ove si parla di Aglianico e della Cabina di Regia campana, ossia la prima privatizzazione dei fondi pubblici in Europa
Un segmento poco esplorato dalla critica e dal giornalismo riguarda il rosso della cosidetta seconda scelta dopo il Taurasi, ossia l’Aglianico igt, dal 2005 doc. Il motivo è facilmente intuibile, le stesse aziende tendono a tenerlo poco in vista per valorizzare mediaticamente la loro docg, ma in realtà i numeri e il cash viene proprio da questa tipologia.
Per uno dei tanti paradossi del mondo del vino, spesso proprio in questa categoria, il cui prezzo in realtà adesso si aggira sui cinque euro franco cantina, è possibile avere bellissime sorprese: qui le bottiglie non hanno ansia di prestazione, spesso il vino viene elevato in barrique di secondo e terzo passaggio con un legno che serve solo ad ossigenare e non a coprire la frutta, a volte anche in acciaio si trovano bellissime espressioni.
Questi rossi sono molto pratici, forse non regalano sensazioni emozionali irresistibili e indimenticabili, ma a tavola si rivelano utili e significativi, come è stato durante la disfida del soffritto in cui gli Aglianico hanno davvero espresso il massimo delle loro potenzialità.
Il rosso più conosciuto di Emilio Di Placido è sicuramente il Taurasi di cui facemmo una bella verticale quando, nell’era Quaternaria, si faceva l’Anteprima Taurasi e da tutta Italia venivano i giornalisti. Quest’anno invece l’ente pubblico ha preferito dilapidare un po’ di danaro sotto Natale in una iniziativa offensiva e clandestina disvelando ancora una volta l’incredibile capacità degli enti meridionali di danneggiare se stessi come nessun nemico potrebbe fare meglio.
Attualmente la programmazione regionale, cioé dei fondi pubblici ricavati dalle tasse di tutti, è affidata ad un gruppo di grandi aziende raggruppate sotto il termine Cabina di Regia che ovviamente hanno solo l’interesse a sostenere il proprio marchio e non il territorio nel suo complesso che di fatto mette da parte le piccole alle quali non è consentito di entrare nella discussione.
Il primo punto è: peccato che adesso alla critica enologica interessano soprattutto le piccole realtà
Il secondo, più importante e meno opinabile, è che non lo fanno con i loro soldi ma con i nostri.
Sarebbe come se la Regione Toscana avesse deciso di affidare la programmazione della propria spesa unicamente ad Antinori, Frescobaldi &C. o il Piemonte a Gancia. La privatizzazione dei soldi pubblici è partita con l’incauta soppressione dell’Ersac, l’Ente di Sviluppo che ha funzionato alla grande ma che nella testa di qualcuno era troppo autonomo.
Per cui la storia è questa: si sopprime l’ente che per statuto deve fare promozione (come avviene in tutte le altre regioni italiane) e si crea un organismo dove comandano i privati.
Così associazioni, consorzi e persino enti pubblici come l’Enoteca provinciale di Salerno sono costretti ad incontrare alcuni produttori privati che operano in nome del pubblico per illustrare i propri programmi sperando di avere il via libera! Come se, per tornare al nostro paragone, l’Enoteca di Siena fosse costretta a discutere i propri progetti finanziabili dalla regione con Frescobaldi e Antinori che parlano in nome della regione!!!
Insomma siamo in quel totale kafkiano rovesciamento della realtà che esiste solo in Campania e che ha portato poi alla crisi della munnezza. Demenziale.
Eppure l’assessorato all’Agricoltura ha fior di funzionari e dipendenti capaci e di lunga esperienza: tutta la costruzione del sistema delle docg e delle doc la si deve a loro e alla passione che hanno messo nel creare con impegno il sistema negli ultimi vent’anni.
Centinaia di dipendenti Ersac, di cui alcune decine che avevano acquisito il know how nelle partecipazioni a tutte le fiere del mondo, sono stati tenuti in parcheggio per mesi e poi assegnati ad altri uffici. Altri sono stati prepensionati disperdendo la grande esperienza e competenza di cui erano portatori.
Bah.
Sarà interessante capire cosa ne pensa la Corte dei Conti di questo singolare rito partenopeo.
Ci piacerà se il prossimo assessore all’Agricoltura, invece di perdersi in questi inutili e dannosi meandri, crei un nuovo ente di sviluppo e promozione sul modello siciliano, invidiato in tutta Italia, che ha funzionato perfettamente, favorendo non i bisogni dei privati ma le straordinarie competenze GIA’ presenti in Assessorato e gli interessi del territorio nel suo complesso, nel quale possono convivere grandi aziende storiche e nuove piccole cantine fatte dal professionista. Oppure, ancora più semplicemente, riassegni alla struttura umiliata le competenze che sono state privatizzate a favore di alcuni furbacchioni.
Ora l’Aglianico ha anche questa capacità, bypassare queste considerazioni e farci immergere nella silente campagna irpina dal colore grigio e dall’odore di legno bruciato, ed è incredibile come questo vino riesca a sopravvivere a queste azioni devastanti.
Del resto anche lo Champagne superò l’occupazione tedesca.
Sede a Taurasi, contrada Costa delle Rose. Tel e fax 0827.74061. Enologo: Carmine Valentino. Ettari: 6 di proprietà. Bottiglie prodotte: 100.000. Vitigni: greco di Tufo, Falanghina, fiano di Avellino, coda di volpe, aglianico.
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