di Raffaele Mosca
Adolfo, come nasce Inalto e qual è il vostro obiettivo?
Nasce 3 anni fa dall’idea di raffinare i vitigni autoctoni abruzzesi, che io ritengo abbiano grande potenziale, ma sono sempre stati sfruttati per produrre vini più strutturati che eleganti . Sicuramente la strada era quella di iniziare a coltivare vite in altura, dai 400 metri in su. Abbiamo rilevato l’azienda agricola Gentile, ad Ofena nell’Aquilano e poi abbiamo cercato vigne ad altitudini ancora più estreme, per poter portare lì il cuore del progetto. L’altura dà grandi escursioni termiche e i suoli, da queste parti, sono molto più pietrosi, più ricchi di scheletro. Speriamo che tutto questo si trasferisca nel bicchiere. Su Ofena abbiamo iniziato ad avere i primi risultati. Abbiamo abbassato le rese di quasi la metà fino a 65-70 quintali/ettaro e abbiamo cominciato a produrre vini dagli aromi concentrati, ma anche sottili. Io non amo i vini spessi, che non invogliano a bere il secondo bicchiere.
Cos’è per lei il Cerasuolo? Come lo produce?
Per me il Cerasuolo è il vino più importante e quello in cui credo di più. Ritengo sia anche quello che in questo momento si avvicina di più al mio sogno, alle mie follie vitivinicole. Non è né rosso, né bianco e nemmeno rosa: è un quarto vino che deve brillare di luce propria, e per me deve essere più vicino un Pinot Noir che a un classico rosato. Lo lavoriamo con una macerazione a caldo simile a quella del rosso, ma ovviamente molto più breve. Il terroir di Ofena ci permette, se operiamo in questo modo, di tirar fuori una grande mineralità e una grande sapidità che chiaramente vanno a bilanciare il frutto. In ogni caso, il Cerasuolo merita grande rispetto e grande attenzione, cosa che spesso non gli si dà. Tanti intellettuali del vino lo reputano un vino di terza lega e questo non va bene.
Sono d’accordo. Peraltro il Cerasuolo è anche il vino più tradizionale d’ Abruzzo.
Si, e nasce proprio ad Ofena: Il Montepulciano è originario di questa zona, dell’Appenino. E qui il Cerasuolo ha questa tipicità incredibile, questa capacità di avere grande corpo e allo stesso tempo rimanere molto bevibile. Ma bisogna lavorarlo in una certa maniera, come facciamo noi, perché altrimenti in qualunque luogo del mondo si fa un rosato provenzale!
Che collocazione ha trovato nel mercato il suo Cerasuolo? Dov’è che lo vendete? Quali sono i vostri mercati di riferimento?
C’è da premettere che siamo stati sfortunati perché il nostro progetto è partito in un momento molto difficile. Un’azienda ha bisogno di cinque anni per strutturarsi e noi al secondo anno abbiamo vissuto la pandemia. Il mio sogno, in ogni caso, sarebbe quello di far conoscere il Cerasuolo al di fuori dell’Abruzzo. E devo dire che, nonostante tutto, abbiamo avuto degli ottimo responsi dal pubblico e anche dalle guide. Questo ci dà molto orgoglio, anche se l’obiettivo è andare all’estero.
Mi pare di capire che è quello di tutti. Per esempio un altro produttore mi diceva che il suo Cerasuolo sta avendo un discreto successo a New York
Io me lo auguro, pero è sempre difficile, perché andrebbe fatta tanta chiarezza su cos’è il Cerasuolo, a partire dal disciplinare, che contempla almeno tre vini: uno scarico, uno di mezzo e uno troppo rosso. Si va da Rosati in stile provenzale ad altri in cui produttori estremizzano i connotati e fanno quasi dei Cabernet! … secondo me bisogna scegliere la via di mezzo tra i due estremi.
Capisco. E secondo lei è giusto produrre vini esattamente opposti rispetto ai suoi, in pieno stile provenzale, e chiamarli Cerasuolo d’ Abruzzo? Pensa che possano convivere le varie tipologie?
Assolutamente no. Io mi batterò affinché non riescano a convivere. E’ come se si chiamassero nello stesso modo un Pinot Nero e un Merlot, due vini con intensità diverse e colori diversi . Ho tentato anche io di fare un altro rosato più scarico, sullo stile provenzale: non funziona, perché non abbiamo l’eleganza del Grenache, del Mourvedre. Nel momento in cui “scarichiamo” il Montepulciano, andiamo creare un ibrido che non ha più corpo e nemmeno eleganza. Secondo me non vale assolutamente la pena. Non dobbiamo spersonalizzarlo il Montepulciano!
Bene. Chiudiamo con una domanda che sorge spontanea per via del suo cognome e della sua tradizione familiare: quale piatto di pasta consiglia per l’abbinamento con il Cerasuolo?
Be’ io, in realtà, penso che l’abbinamento migliore sia quello con il brodetto alla vastese. Poi ovviamente si abbina anche con una tagliatella o con la chitarrina alla teramana con le pallottine. Sicuramente con un sugo rosso, in ogni caso. Ma per il migliore abbinamento rimane quello con il brodetto.
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