Martedì 26 novembre è scomparso Gianfranco Sorrentino, proprietario di due celebri ristoranti a Manhattan: Il Gattopardo e The Leopard at des Artistes.
Abbiamo chiesto un ricordo personale alla giornalista Letizia Airos Soria
di Letizia Airos Soria
Lo notavi subito quando entravi in uno dei suoi ristoranti, prima ancora di parlarci o di conoscerlo, anche senza sapere chi fosse. Con fare elegante e misurato, il fazzoletto rigorosamente nel taschino, lo vedevi osservare la sala con discrezione, tenere sotto controllo i collaboratori, i clienti; oppure camminare tra i tavoli salutando e intrattenendo con grande garbo.
Nei locali di Gianfranco Sorrentino, ristoratore di origine napoletana e pioniere della cucina italiana a New York, si respirava un’atmosfera unica, curata nei minimi dettagli. Nulla era mai eccessivo: ci si sentiva accolti nel miglior modo possibile, vivendo anche al di là dell’oceano, un’esperienza autenticamente italiana.
Quando lasciavi il tavolo e la porta del locale si chiudeva alle tue spalle, mentre ti immergevi nelle luci e ritmi di Manhattan, persisteva per diversi minuti ancora quella sensazione di aver vissuto un paio d’ore di pura italianità.
Gianfranco Sorrentino ha reinventato e fatto conoscere l’arte dell’accoglienza italiana negli Stati Uniti. Lo ha cominciato a fare in un’epoca in cui i ristoranti “made in Italy” proponevano perlopiù cucina italo-americana: una tradizione importante e parte di un prezioso patrimonio culturale, ma ben diversa dalla cucina italiana autentica.
Caparbietà, un pizzico di fortuna e il coraggio di prendere decisioni rischiose: nella storia di Gianfranco Sorrentino questi elementi si intrecciano in una lunga avventura che lo ha portato a celebrare oltre 50 anni nella ristorazione. Una storia partita da Napoli, segnata da scelte innovative ma sempre rispettose della tradizione.
Il segreto del suo successo? Forse non avere un segreto. Tutto era alla luce del sole, sostenuto da una professionalità che gli consentiva di affrontare con maestria le complesse dinamiche di un imprenditore della ristorazione all’estero.
E quando lo guardavi lavorare era impossibile riconoscere quel ragazzo di cui lui stesso amava raccontare: un inesperto giovane napoletano che lavorava per mantenersi agli studi nei prestigiosi hotel Quisisana ed Europa Palace.
La sua esperienza all’estero cominciò a Londra, a soli 17 anni. Ma le scelte decisive, quelle che lo avrebbero portato a non tornare più in Italia, le fece a New York.
Accadde tutto in un ristorante di Manhattan, dove lavorava. Alcuni membri del comitato direttivo del MoMA gli proposero di avviare un progetto di ristorazione nel più famoso museo di arte moderna del mondo. Fu una vera sfida, qui l’avventura professionale si intrecciò con quella personale. Fu proprio nel ristorante “Sette” del MoMA che Gianfranco conobbe la designer Paula Bolla, che sarebbe poi diventata sua moglie e madre dei suoi due figli.
L’esperienza al MoMA durò dieci anni. Gianfranco e Paula fecero conoscere per la prima volta la vera cucina napoletana.
Ma New York è una città esigente, capace di dare e togliere nel giro di poche ore. La sua società, seppur solida, non era abbastanza competitiva dal punto di vista finanziario. Erano bravi ma piccoli. Un concorrente prese il suo posto.
Fu un momento difficile, ma che segnò una svolta importante. Il MoMA stava aprendo una nuova sede sulla 54ª strada, Sorrentino capì che doveva rilevare un nuovo spazio proprio lì davanti.
Nella difficoltà, vide l’opportunità. La cucina sarebbe rimasta la stessa: raffinata e autenticamente napoletana. I clienti lo seguirono immediatamente. Tra loro, nomi illustri come Paul McCartney, Stanley Tucci, Rod Stewart, Robert De Niro, Sting e molti altri.
Un altro momento cruciale nella vita di Sorrentino fu il 2001. Il suo nuovo ristorante, “Il Gattopardo,” doveva inaugurare il 15 settembre, ma l’11 settembre ci fu l’attentato alle Torri Gemelle.
Manhattan subì il più grave shock della sua storia. Con il suo team, Sorrentino decise che la vita di una città, come New York, non poteva fermarsi. Inaugurò comunque il 18 settembre.
Ricordiamo ancora le sue parole: “Quel giorno, la strada era deserta. Rimasi ore sul marciapiede ad aspettare. Alla fine arrivarono venti clienti, ma eravamo pronti a servirne anche solo due, con la stessa attenzione.”
In seguito, Sorrentino aprì altri due locali di successo: “The Leopard at des Artistes” e “Mozzarella & Vino”. Ristoranti diversi, ma con una missione comune: offrire ai clienti una vera esperienza italiana.
Gianfranco Sorrentino è stato una figura centrale nel panorama della ristorazione americana, un riferimento per italiani e americani. Era riconosciuto come garante del delicato passaggio tra la ristorazione di una volta e quella del futuro, soprattutto all’estero.
Viveva il suo lavoro come una vera missione. Aveva anche ridato vita al “Gruppo Italiano” (G.I.), un’associazione nata negli anni ’70 ma ormai inattiva. Sotto la sua guida, il G.I. ha riunito non solo ristoratori, importatori e distributori italiani negli Stati Uniti, ma anche clienti americani appassionati della qualità italiana.
Grazie al G.I., negli USA si è avviata una riflessione approfondita sul business model dell’ospitalità italiana, valorizzando anche aspetti apparentemente secondari. Per esempio, Sorrentino si è battuto per avere nei ristoranti non solo i migliori prodotti italiani e i migliori chef (tra cui spicca Vito Gnazzo, di origini salernitane), ma anche personale italiano in sala.
L’associazione organizza eventi, sia per professionisti del settore che per il grande pubblico, promuovendo un’educazione alla qualità italiana. E Sorrentino, instancabile, non si risparmiava: tra tavole rotonde, conferenze e collaborazioni con università e istituzioni americane, era sempre in prima linea.
Indimenticabili le sue innovative giornate dedicate alla cultura della ristorazione italiana presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University, dove ha lasciato un’impronta indelebile.
Con la scomparsa di Gianfranco Sorrentino perdiamo un amico, un uomo straordinario, generoso e solare come pochi. Ma ci lascia anche una personalità unica, colonna portante e speranza per il futuro della ristorazione italiana nel mondo che, grazie a lui, ha mantenuto intatta la sua tradizione negli USA.
E poi possiamo dirlo: a New York, grazie a Gianfranco Sorrentino, l’autenticità italiana partiva anche dalla Campania.
Un caloroso abbraccio a Paula, Sofia ed Eduardo. Sappiamo che sapranno proseguire nel miglior modo questa eredità straordinaria.
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