di Annito Abate
Questo è il racconto di una vera “chicca” della Verde Irpinia: il Carciofo di Preturo di Montoro Inferiore, la leggenda si intreccia con la storia di un Popolo che da sempre cura e celebra la sua Terra ricevendo da essa, anno dopo anno, le gratificazioni che gli auspici decidono di assegnare.
La natura in primavera è uno spettacolo, il risveglio dopo l’inverno è una liberazione per Madre Terra che, felice, regala colori, profumi e sapori; accettare i doni di Gaia e Gheo vuol dire scoprire luoghi bellissimi, Gente meravigliosa e prodotti della Terra di qualità straordinaria.
Voglio vedere i campi, avvicinarmi alle piante, parlare con i Produttori, sentire “l’aria che tira”. Da Montoro Inferiore mi spingo a nord verso la Frazione Preturo, qui si sente e si vede la vocazione della zona: campi coltivati con ogni specie di ortaggi (qui si produce la rinomatissima cipolla ramata), serre, campi a cielo aperto, piante rigogliose alte e basse. In questa stagione svettano “orgogliosi” i carciofi “seduti” sulle loro foglie, alcuni portano un “cappello” rosso, in questo periodo, un giorno piove, l’altro fa caldo e bisogna coprirsi.
In questo momento dell’anno i Carciofi Petruresi sono all’apice della loro espressione vegetativa ed organolettica: quelli nei campi aspettano verdi e turgidi, quelli già raccolti fanno sentire il loro profumo che si alza dalle aie e dalle piazzole delle case degli abitanti; come segnali di fumo, le braci mi indicano la direzione da seguire. Sui bordi delle strade alcuni produttori, con i loro carretti ricolmi di ortaggi variegati di tonalità violacee e verdi, sono il biglietto da visita di una comunità che oggi festeggia il “trionfo” del Cynara cardunculus scolymus dell’ordine delle Synandrae, Famiglia Compositae e sottofamiglia Tubiflorae.
Tutti oggi sono impegnati a “celebrare” il loro prodotto e lo fanno, come spesso accade, tra sacro e profano; quest’anno ricorre, infatti, la XVI Sagra del Carciofo Preturese, prodotto legato alla Pasqua perché afferma la sua tardiva presenza a cavallo di questa mistica ricorrenza, in questo 2013 il prodotto si è spinto oltre.
Nei pressi di via Capo, nel campetto, come lo hanno chiamato quando ho chiesto indicazioni, l’attività ferve e tutti sono pronti ad accogliere la folla di visitatori prevista. Dal fumo che si leva dal grande tendone montato all’occorrenza capisco che ho raggiunto la mia meta e posso incontrare chi può guidarmi alla scoperta dell’ortaggio irpino.
Il Responsabile è Pasquale Foglia, Presidente dell’ASD, “Circolo Socio Culturale Preturo” che, come ogni anno, organizza la Festa, parlo con Giuseppe Carratù, l’esperto, che, nell’angolo sudovest del campetto, scostando una mantovana plastica, apre un varco che mi svela il back stage, il “dietro le quinte” per dirla con teatrale favella nazionale.
«Qui non opera nessuno Chef» mi dice «sono i figli dei produttori, le mogli, i parenti che si impegnano per presentare il Nostro Prodotto e che propongono sia ricette tradizionali sia nuovi modi per consumarlo».
Sotto la grande tenda, in effetti, c’è una vera e propria catena di montaggio con cucine da campo, forni e banchi di preparazione; vengo accompagnato ad ogni postazione dove incontro l’Angelo Custode a cui è stato affidato un tipo di cibo: carciofi, carciofi ed ancora carciofi, coloratissimi e profumatissimi.
Intorno ad un tavolo “mondine” di varie età preparano i carciofi per poi passarli a chi è preposto a scovolare e di seguito imbottire, sulla destra tre arrostitori armeggiano con le braci per preparare questo favoloso ortaggio nel modo più tradizionale del Paese, in un altro angolo, in sequenza, pentoloni per scaldare paccheri e risotti; una pila di forni ospita la cottura di parmigiane e lasagne (di carciofi ovviamente), più di cinque metri lineari costituiscono il piano di riposo e governo di carpaccio, rustici ed arancini, poi ancora le “famose” polpette, tutto rigorosamente ha come ingrediente principale … beh, si può immaginare!
Il Carciofo di Preturo di Montoro è un ortaggio tardivo, la sua stagionalità si esprime tra la fine di marzo e la prima decade di maggio, è un prodotto eccezionale, profumato, carnoso ma tenero e delicato, dalla spiccata aromaticità e dolcezza; non ha spine ed ha bisogno di tanta acqua che, da queste parti, non manca. Per difendere dal gelo e dal sole la nascita e lo sviluppo delle piante si usa coprire i capolini e i cimaroli (le mamme al centro in alto da cui, appunto, si dipartono laterali i più tardivi “figli”) dalla nascita, con coppette di terracotta senza manici, i “pignatielli”, che provengono dalla vicina Bracigliano e che sovrastano rosse le teste dei frutti tra i verdi variegati delle coltivazioni.
Voglio andare negli orti, mi accompagna Antonio, lungo la strada mi faccio dare qualche altra informazione: «Sono circa 20 i Produttori e circa 10 gli ettari coltivati con questo prodotto tipico» mi racconta mentre raggiungiamo il Campo Sperimentale condotto da Giuliano Barone, circa 2000 mq., dove si selezionano i semi per una produzione sana e tipica; «da ogni pianta si ricavano circa 10 carciofi e non si usano prodotti chimici di sintesi» replica, mentre mi fa strada per un contatto ravvicinato con i preziosi ortaggi.
Decido di portarmi via qualche mazzo di Carciofi Preturesi appena colti, voglio conservare, anche a casa, il loro meraviglioso e sano aspetto, il profumo e provarne soprattutto i sapori con preparazioni che mantengono intatte tutte le proprietà e le caratteristiche organolettiche.
Sono fortunato, sulla strada incontro Nonna Rosa e suo nipote Carlo, sul viale della loro ospitale casa mi vendono alcuni splendidi esemplari, mi invitano anche ad entrare per “sentire” l’atmosfera della giornata dedicata all’ortaggio della Provincia di Avellino, un altro tipo di “dietro le quinte” per vivere le tradizioni locali, quelle di una famiglia di produttori; i profumi invadono la stanza ed io mi godo il racconto delle storie e delle leggende sull’Acqua, sull’Amore e sul Carciofo Preturese.
Elementi di qualità e preparazioni: perché il Carciofo Preturese è così buono
Coltivato fin dal medioevo con tecniche custodite dai contadini che, per anni, hanno selezionato i semi è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Campania; mediante il C.N.R. ed altri Enti della Provincia si auspica uno “scatto di carriera” per premiare la riconoscibilità e la valorizzazione di questo meraviglioso ortaggio della Verde Irpinia.
Le caratteristiche della zona, il microclima, la composizione delle acque, la natura dei suoli, il tipo di cultivar e le tecniche colturali danno un valore aggiunto che lo rendono speciale e non replicabile al di fuori del suo territorio.
La ricchezza d’acqua è fondamentale e qui sgorga limpida da due sorgenti, Laura e Labso che si uniscono in un unico torrente per irrigare i campi; c’è una leggenda che racconta la storia di un amore impossibile di due amanti che portano il nome delle Fonti.
Il terreno fa pensare alla possibile etimologia di Preturo, da petra o petrus, dove il carattere alluvionale è un drenaggio naturale che permette alle copiose acque di irrorare le radici nei campi a valle.
Ricco di minerali, vitamina C e beta carotene è un protettore del fegato e dei reni e consigliabile per l’alimentazione dei diabetici.
Per la tenerezza, l’assenza di spine ed il profumo, è ottimo arrostito alla brace e condito con sale, aglio e prezzemolo; tradizionale è la ricetta con i paccheri, un classico è stufato e ripieno con aglio, abbondante prezzemolo e guanciale, sul fondo olio e sopra la sugna.
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