Questo Fiano del Cilento ha la vita di una farfalla, poche ore e poi non potrete berlo più. Volerà via verso la vetta del Gelbison, ci sarà solo nel ricordo di chi resta, proprio come ha fatto Florigi Mazzarella lo scorso maggio lasciandoci l’amaro in bocca. Carmine Botti, Bruno De Conciliis, Luigi Maffini, Alfonso Rotolo, Nicola Tipaldi, i produttori del Cilento hanno deciso insieme di ricordare alla grande la prima persona che ha venduto le loro bottiglie, qui nella sua enoteca affacciata sul porticciolo di Acciaroli dove sono passati dolcemente gli anni ’90, quelli della nascita e dello sviluppo della viticoltura cilentana e campana. Una bella partita di Fiano ciascuno, il blend mercoledì scorso nella cantina di Bruno a Prignano Cilento e voilà, ecco il Dom, un Fiano Paestum igt da bere domani sera quando con Marino Niola, il presidente del Parco del Cilento Peppino Tarallo e il sindaco di Pollica Angelo Vassallo, ricorderemo il nostro caro amico scomparso troppo presto, conosciuto troppo tardi. Nel Cilento l’orologio ha un senso orientativo e non maniacale, dunque le bottiglie si apriranno dopo che il sole si è tuffato nel mare di Ulisse, quando inizierà il fresco e ci saranno gli amici di sempre, frequentatori di questo faro del buon gusto e della cultura materiale del territorio, a cominciare dai fiduciari salernitani e cilentani di Slow Food. Venite dunque ad Acciaroli se avete voglia di bere questo vino, l’esempio di come in un ambiente dominato ormai dalle esigenze commerciali, esistono ancora margini significativi per provare sensazioni e coltivare sentimenti. È il suo fascino antico e moderno, contraltare all’inossidabile perfezione dell’industria: per questo mai poeta ha sprecato un verso per il latte, per la birra o altro ancora, anche se, d’accordo, ora viviamo in un mondo in cui uno spot vale più molto di una poesia. Oltre al Dom proveremo dunque le altre belle versioni del Fiano 2004 targato Cilento: di Tipaldi e San Giovanni abbiamo già scritto tutto il bene possibile, e ancora il Kratos di Maffini, il vendemmia tardiva di Marino, il Valentina di Rotolo, il Donnaluna di Bruno, il Cilento bianco di Botti. Crediamo di poter dire di trovarci alla migliore annata per questa uva da quando scriviamo di vino: a differenza di quello irpino ancora bisognoso di elevamento, il millesimo cilentano si mostra già completo, equilibrato, molto ben strutturato. Di questo avremmo disquisito con Florigi domani sera tra un’alicella ‘mbuttunata e una mortella del Gelbison. E di questo in effetti diremo perchè lui, più che parlare, amava ascoltare, sorridere e mescere. Ci vediamo domani Dom.