di Marcella Pace
Due spumanti, pur arrivando da due delle regioni vinicole storicamente più vocate per la spumantizzazione regionale, hanno dato una luce diversa all’Abruzzo delle bollicine. “Tra il serio e il faceto”, come ha detto il direttore di Virtù Quotidiane, Marco Signori che ha organizzato tutto l’evento, Abruzzo in Bolla alla Cieca ha restituito un valore tutto nuovo al vino effervescente abruzzese. Attraverso una degustazione di sette spumanti italiani, tutti metodo classico, condotta da tre relatori di spicco, il professore Leonardo Seghetti e i giornalisti enogastronomici Antonio Paolini e Andrea De Palma, è venuto fuori il ritratto di una regione dove la spumantistica “non solo è presente”, ha sottolineato Alessandro Nicodemi, il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, “ma ha anche tutte le caratteristiche per avere un grandissimo futuro”.
Abruzzo in Bolla alla Cieca, che si è svolta a L’Aquila, nel ristorante Magione Papale, ha visto all’assaggio di giornalisti di settore, produttori abruzzesi, enologi e winelovers, sette calici. Cinque erano spumanti abruzzesi, due invece fuori regione, scelti, come ha spiegato Paolini “per analogia e qualche assonanza, ma anche per distanza e diversità nella collocazione sui mercati nazionali e internazionali. La partita è stata giocata dagli abruzzesi con un risultato che non ha messo in crisi la squadra di casa, che al contrario ha fatto una fantastica figura”.
Il panel è cominciato con Martina Biagi, di Biagi Vini, un blend di pecorino al 45%, passerina al 40 e chardonnay al 15. Il secondo è stato il Metodo Classico Brut 2020 di Eredi Legonziano, a base di montonico, passerina e pecorino. L’Abruzzo è proseguito nel quarto assaggio, con il Fenaroli di Citra, extra Brut. Il sesto, Anna di Centorame, dosaggio zero cento per cento pecorino, sui lieviti 50 mesi. Infine Faraone, passerina a 100 per cento.
Il tre e il cinque della batteria arrivavano da fuori Abruzzo: il Berlucchi 61, un Franciacorta extra brut, chardonnay all’85 per cento e pinot nero al 15. E il quinto un Trento doc: Maso Martis Blanc de Blancs Brut, cento per cento Chardonnay. Ciò che è emerso è stato un Abruzzo competitivo, che nulla ha da invidiare ai colossi e che ben sa giocare la partita che oggi il mercato ha aperto sull’enologia effervescente. “Abruzzo in Bolla ha smosso le acque per le possibilità della regione nella spumantistica”, ha analizzato il giornalista enogastronomico De Palma. “Sono emerse le potenzialità dei produttori, ma soprattutto del territorio e dei vitigni, ed è emerso un Abruzzo che non ha nulla da invidiare a nessuno”. Non è mancata la storia nella degustazione con l’intervento di Leonardo Seghetti che ha ricordato che risale al 1857 la prima testimonianza in cui si parla della valorizzazione dei vini abruzzesi attraverso la spumantizzazione.
Abruzzo in Bolla tornerà il 13 settembre all’Aquila per la seconda edizione dell’evento nato con l’idea di dare un palcoscenico ai produttori di spumanti abruzzesi, con contenuti più ricchi, masterclass, degustazioni e talk anche per un confronto con le principali aree vocate nella spumantizzazione in Italia.
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